Matteo Belli ha rilanciato nell’intervista di Valerio Varesi su Repubblica Bologna di oggi ciò che aveva scritto nell’intervento che gli avevo chiesto per Globalist . Un intervento molto bello, un contributo importante alla campagna per non spegnere il 2 agosto, per consentire di vivere quel rito che l’attore e regista teatrale, da tre anni anima artistica delle celebrazioni, descrive così bene, col coraggio degli uomini giusti. Un rito che si sarebbe potuto e dovuto rinnovare anche in tempo di Covid, con le necessarie e possibilissime misure di sicurezza, che – ne sono certo – in questo caso sarebbero state facilitate dalla compostezza e dal senso civico di chi vuole esserci.
L’appello di Matteo Belli, così come quello di Agide Melloni, di Simonetta Saliera, delle tante voci di giornalisti, intellettuali, società civile che finora si sono pronunciate ed esposte a favore del corteo e della manifestazione in stazione, e che potete leggere nello speciale di Globalist non è bastato a far cambiare idea al Comune e alla Prefettura, che non hanno voluto o saputo cogliere il sentire diffuso di questa città. Il Comune non ha nemmeno risposto alle mail che diversi cittadini hanno inviato per chiedere cosa dovevano fare per poter partecipare. E questa mattina ha diffuso il programma definitivo del 2 agosto che conferma il no al corteo e al raccoglimento in stazione, concentrando in Piazza Maggiore, con appena un migliaio di posti contingentati e su prenotazione come al cinema, la cerimonia ufficiale, i discorsi e anche il fischio del treno alle 10.25.
Il sindaco Merola, in apertura della seduta di questa mattina del Consiglio comunale, ha risposto a chi “legittimamente ha chiesto di poter svolgere anche quest’anno il tradizionale corteo”. “In una situazione inedita che ha stravolto la nostra esistenza per i quasi due mesi di chiusura e per le enormi conseguenze sociali ed economiche dell’emergenza sanitaria – ha detto – ho voluto, come Sindaco, adottare l’atteggiamento più prudente possibile. E l’ho fatto proprio per quello che è in gioco in questa giornata, in questo straordinario rito laico che ogni anno Bologna celebra. Credo che come istituzioni abbiamo il dovere di partire dall’atteggiamento più prudente possibile perché abbiamo il dovere di dare l’esempio. Anche se è una scelta dolorosa”.
Una decisione che alla fine ha avuto anche l’assenso del presidente dell’Associazione dei famigliari, Paolo Bolognesi, che contrariamente a quanto aveva dichiarato a Globalist e a Repubblica nei giorni scorsi (“noi vorremmo sfilare ma c’è chi rema contro”) ha commentato: “Bisogna essere realisti: quando si è deciso di non fare il corteo la situazione era forse migliore di quanto sia ora, in cui vediamo un aumento dei focolai e una diminuzione dell’età media dei contagiati, per cui credo proprio che il corteo sia un rischio che non possiamo correre”
Prudenza doverosa o mancanza di volontà e coraggio per far ascoltare anche al tempo del Covid quella “voce del silenzio di Bologna” di cui parla Matteo Belli? Quale delle due sia la risposta giusta lo dovete decidere voi. Personalmente, penso che chi continua a reprimere quella voce abbia torto e chi la vorrebbe far sentire abbia ragione. Mi piace pensare che domenica 2 agosto, autorizzati o no, saremo in parecchi a far sentire quel silenzio, la nostra vicinanza fisica e non solo virtuale ai famigliari delle vittime; a rilanciare la nostra richiesta di verità e giustizia sulla strage fascista più orrenda, quarant’anni dopo, ora che anche le indagini sui mandanti sembrano finalmente a una svolta. E mi piace immaginare che lo faremo in Piazza Maggiore, lungo via Indipendenza e davanti alla stazione, come sempre, alle 10.25. Anche se il fischio del locomotore risuonerà – e questo è davvero il colmo – non nel luogo della strage ma in Piazza Maggiore.