L'ammiraglia Maglie va all'abbordaggio mediatico della Marina Militare e accusa...
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L'ammiraglia Maglie va all'abbordaggio mediatico della Marina Militare e accusa...

Secondo la voce della destra italiana nostri marinai vengono come scorta dei clandestini. Addirittura?

Maria Giovanna Maglie
Maria Giovanna Maglie
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

14 Ottobre 2020 - 15.48


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L’ ”ammiraglia Maglie” non demorde. E torna all’abbordaggio mediatico.

“A chi mi attacca perché dico che un governo degno di questo nome andrebbe a prendersi i pescatori di Mazara prigionieri in Libia, rispondo che abbiamo la Marina Militare più forte del Mediterraneo e la usiamo come scorta dei clandestini” cinguetta senza dimenticare il “cialtroni” e “antitaliani” per i giallorossi.

A dar manforte all’”ammiraglia Maglie” un altro falco da salotti mediatici: Edward Luttwak. In collegamento con Quarta Repubblica, il muscolare Edward ha lanciato una frecciatina a Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, rispettivamente ministro degli Esteri e della Difesa.: “La Marina è la più potente, se l’Italia si rifiuta di esercitare questo potere, i pescatori sono le prime vittime”.

Naturalmente la realtà è ben altra da quella raccontata dalla Maglie. Altro che usare la Marina Militare come scorta dei clandestini. Se così fosse non saremmo costretti a raccontare di un dramma infinito: quello delle migrazioni nel Mediterraneo.

La rotta tunisina

Una piccola imbarcazione è naufragata al largo di Sfax, in Tunisia, e almeno 13 persone sono morte. Il natante di fortuna, affondata la scorsa domenica, trasportava almeno 29 persone provenienti principalmente dall’Africa sub-sahariana. Da due giorni continuano le ricerche in mare e tra i tredici corpi ritrovati finora anche quelli di sette donne, due bambini ed un neonato. Sembra poi segnata la sorte di altre 43 persone sparite a largo di Malta. Da quasi 24 ore il servizio di sostegno indipendente alle navi che attraversano il Mediterraneo Alarm Phone, non ha notizia di una nave travolta da una tempesta nella zona Sar (ricerca e soccorso) del piccolo Stato.

L’Organizzazione internazionale per le migrazioni invece ha denunciato 390 rimpatri in Libia negli scorsi tre giorni. Si tratta di persone intercettate dalla Guardia costiera libica e riportate un Paese che l’Oim ribadisce “non è un porto sicuro”. I nuovi arrivi di migranti non riguardano soltanto Lampedusa, ma anche le coste ioniche della Locride, dove ce ne sono stati sette negli ultimi otto giorni. Gli ultimi arrivi prima dell’alba di ieri nel porto di Roccella Jonica, con 57 iraniani e iracheni e nella mattinata di oggi a Crotone altre 56 persone erano a bordo di una barca a vela. Approdi continui pure sulle coste del sud della Sardegna: 27 migranti arrivati l’altro ieri e oltre 20 algerini domenica. Mentre un altro gruppo di 24 persone migranti è stato soccorso a Santa Maria di Leuca, in Puglia e altre 7 persone erano approdate a Otranto domenica pomeriggio. 

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Approdi a ripetizione a Lampedusa 

Dopo una tregua di tre settimane, l’hotspot della piccola isola siciliana è tornato a riempirsi. La situazione non è allarmante come lo scorso 21 settembre, quando nel centro di Imbriacola si accalcarono 1.200 persone negli spazi destinati invece a meno di 200, ma il livello di guardia è alto, con 786 migranti arrivati a Lampedusa con 35 sbarchi negli ultimi tre giorni, di cui 20 nella giornata di domenica.
Dopo l’ingresso nell’hotspot tutti i migranti, per lo più tunisini, sono stati sottoposti a tampone rinofaringeo antiCovid e 308, dei quali 8 risultati positivi, sono stati imbarcati sulla nave quarantena Snav Adriatico che ha già mollato gli ormeggi da Cala Pisana, dove è poi attraccata la nave quarantena Allegra. Qui sono saliti a bordo già 136 migranti. Sono in corso altri tamponi e non appena arriveranno gli esiti ci saranno ulteriori imbarchi e saranno complessivamente 236 i tunisini a bordo della “Allegra”.
Il tema dei contagi è comunque oggetto di polemica, soprattutto dopo che sull’isola di Lampedusa due insegnanti e almeno quattro alunni della scuola elementare “Luigi Pirandello” sono risultati positivi. La scuola rimarrà chiusa per il tempo della sanificazione. A rassicurare la popolazione è la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese: “Non sono i migranti a portare il Covid” in Italia, afferma, ricordando che i militari in
Sicilia non stati mandati per il Coronavirus “ma perché gli arrivi erano tanti”. E a conferma del ragionamento fornisce gli ultimi dati provenienti dalle strutture di prima accoglienza: “delle 56mila persone presenti solo il 2,7% è positivo”.

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Sull’altra sponda del Mediterraneo, intanto, la cosiddetta guardia costiera libica – scrive su Twitter l’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati (Unhcr) – è intervenuta la notte scorsa per riportare in Libia 227 migranti che si erano imbarcati su tre gommoni a Zauyia e Zuara.  
Anche la portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), Safa Msehli ha spiegato che “nelle ultime 48 ore sono state intercettate in totale sei imbarcazioni (nel Mediterraneo, ndr) e 390 tra uomini, donne e bambini sono stati portati nei centri di detenzione”. Msehli ha ribadito che “la Libia non è un porto sicuro”.

Una situazione drammatica, come spiega a Vatican news don Mattia Ferrari, sacerdote a Nonantola, in provincia di Modena e cappellano dell’ong Mediterranea, sulla cui nave si è imbarcato lo scorso anno per portare soccorso ai migranti.

“Il Mare Mediterraneo  – afferma il sacerdote – resta un mare segnato prevalentemente da due cose.  Innanzitutto dai respingimenti. Ci sono persone che stanno scappando dell’inferno libico, che vengono catturate dalla cosiddetta Guardia costiera libica, finanziata dai progetti europei e dall’Europa. Abbiamo testimoniato e documentato che perfino con il coordinamento di Frontex a volte la Guardia costiera libica cattura i migranti in mare. Questi respingimenti, come ha denunciato il Santo Padre, sono una grandissima violazione dei diritti umani e sono una cosa inaccettabile. Dall’altra parte continuano ad avvenire questi naufragi, come quello a largo della Tunisia. Ieri abbiamo lavorato per ore sul caso di queste 43 persone che stavano naufragando in zona Sar maltese. Siamo in attesa di conferma, ma al momento è molto probabile che queste 43 persone siano annegate. Il non intervento causa questo. Anche perché le navi e la società civile – le navi delle ong – sono quasi tutte bloccate per motivi pretestuosi.

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Quanto alle modifiche portate dal governo ai decreti sicurezza in materia di migranti, il cappellano di Mediterranea, annota: “Le modifiche che sono state fatte presentando alcuni piccoli passi avanti anche se permangono delle forti criticità. Anche se il tema di fondo resta. Per esempio i cosiddetti migranti climatici, come ha denunciato sempre il Santo Padre nella Laudato si’, continuano a non avere una protezione internazionale e non è facile per loro rientrare nella casistica di quella che veniva chiamata appunto “protezione umanitaria”, e che ora si chiama “protezione speciale”. Soprattutto resta in piedi l’impianto per cui rimane fortissimo il legame tra il permesso di soggiorno e quindi la libertà di circolazione e il contratto di lavoro. Oppure il fatto di poter comunque e in ogni caso chiedere protezione solo quando sei già arrivato in Italia e in Europa. Quando comunque hai già rischiato seriamente la tua vita. Poi resta per noi fonte di forte preoccupazione il fatto che resta in piedi l’impianto penalizzante per chi offre soccorso in mare. Anche qui si fa qualche piccolo passo avanti, ma resta il problema di fondo che le navi devono coordinarsi con lo Stato competente su dove è avvenuto il soccorso. Il problema è che se i soccorsi arrivano nella zona Sar libica, che non sono acque territoriali libiche, ma sono acque internazionali, in teoria tu dovresti continuare a farti coordinare dalla cosiddetta Guardia costiera libica. Quindi in teoria noi saremmo costretti nuovamente a disobbedire, perché, come ha sempre riconosciuto la magistratura italiana, noi non possiamo portare le persone migranti in Libia, che non è un porto sicuro”.

Qualcuno provi a spiegarlo all’”ammiraglia Maglie”. Ma forse, anzi senza forse, è fatica sprecata.

 

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