Una delle argomentazioni farlocche utilizzate dal duo Meloni&Salvini per conquistare consensi elettorali sulla pelle dei migranti è che gravano sulle casse dello Stato, e tolgono soldi agli italiani. I due sodali, e i loro troll al seguito, evidentemente non sanno fare di conto o, come è più probabile, fanno finta di non sapere. E allora proviamo a rinfrescargli la memoria.
Tasse e contributi dei lavoratori stranieri valgono 18 miliardi. Ed hanno un basso impatto sulla spesa pubblica: un saldo costi/benefici +500 milioni. Mentre dalla “sanatoria” 2020 arriverà un gettito potenziale di 360 milioni annui. Inoltre la ricchezza prodotta dagli immigrati vale il 9,5% del Pil (147 miliardi di euro). Sono questo i dati emersi dal decimo Rapporto annuale sull’economia dell’Immigrazione a cura della Fondazione Leone Moressa, presentato nei giorni scorsi a Roma.
Nell’ultimo decennio l’immigrazione è diventata uno dei temi centrali dell’agenda politica. In realtà, dal 2011 l’Italia ha di fatto chiuso la porta agli immigrati extra-comunitari in cerca di lavoro, che per entrare in Italia hanno potuto usare solo i ricongiungimenti familiari o le richieste d’asilo. Gli occupati stranieri oggi producono il 9,5% del Pil italiano, ma il potenziale è frenato da lavoro nero e presenza irregolare.
Questi alcuni degli elementi chiave
Stranieri in aumento, ma ingressi per lavoro in calo.
Dal 2010 ad oggi gli stranieri residenti in Italia sono passati da 3,65 a 5,26 milioni (+44%), arrivando a rappresentare l’8,7% della popolazione (e superando il 10% in molte Regioni). Tuttavia, i nuovi Permessi di Soggiorno sono complessivamente diminuiti del 70%, a causa di una riduzione drastica di quelli per Lavoro (-97%): gli stranieri (extra-comunitari) oggi arrivano soprattutto per ricongiungimento familiare o motivi umanitari.
Lavoratori stranieri e impatto sul Pil.
Oggi gli occupati stranieri in Italia sono 2,5 milioni e negli ultimi dieci anni sono aumentati di 600 mila unità (+31% dal 2010). È un’occupazione concentrata prevalentemente nelle professioni meno qualificate, pertanto al momento è complementare rispetto all’occupazione italiana. I lavoratori stranieri sono prevalentemente uomini (56,3%) e 7 su 10 hanno un’età compresa tra 35 e 54 anni. Oltre la metà ha come titolo di studio la licenza media, mentre solo il 12% è laureato. Il Valore Aggiunto generato dai lavoratori stranieri è pari a 146,7 miliardi di euro, pari 9,5% del PIL. Valore ridimensionato da presenza irregolare, lavoro nero e poca mobilità sociale.
L’espansione delle imprese straniere.
Nell’ultimo decennio l’imprenditoria straniera è stata uno dei fenomeni più significativi: gli imprenditori nati in Italia sono diminuiti (-9,4%), mentre i nati all’estero sono aumentati (+32,7%). Le nazionalità più numerose sono Cina, Romania, Marocco e Albania, ma la crescita più significativa si registra tra gli imprenditori del Bangladesh e del Pakistan. Il 95% delle imprese a conduzione straniera è di proprietà straniera “esclusiva”, quindi senza soci italiani. Le imprese straniere producono un Valore Aggiunto di 125,9 miliardi, pari all’8,0% del totale. L’incidenza maggiore si registra nell’edilizia (18,4% del V.A. del settore).
Impatto fiscale: più benefici che costi. I contribuenti stranieri in Italia sono 2,29 milioni e nel 2019 hanno dichiarato redditi per 29,08 miliardi e versato Irpef per 3,66 miliardi. Sommando addizionali locali e contributi previdenziali e sociali si arriva a 17,9 miliardi. Oggi il saldo tra entrate (Irpef, IVA, Contributi, ecc.) e costi (Scuola, Sanità, Pensioni, ecc.) dell’immigrazione è ancora positivo (+500 milioni). Gli stranieri sono giovani e incidono poco su pensioni e sanità, principali voci della Spesa Pubblica. Ma i lavori poco qualificati e la poca mobilità sociale possono portare nel lungo periodo ad un saldo negativo.
La “sanatoria” 2020.
La procedura di regolarizzazione 2020 è solo l’ultima di una lunga serie che, dal 1987 ad oggi, ha portato all’emersione di oltre 2 milioni di stranieri irregolari (il picco nel 2002/2003, con quasi 650 mila “sanati”). La “sanatoria” ha portato nelle casse dello Stato 30 milioni di euro immediati (contributo una tantum al netto dei costi amministrativi), ma potrebbe portare altri 360 milioni di euro annui, sotto forma di tasse e contributi dei lavoratori regolarizzati.
Realtà e narrazione
Questi i dati, i conteggi. La realtà. Tutte cose che contano zero per i narratori di una invasione che non esiste e di sperperi inventati.
“La regolarizzazione degli immigrati? Sono favorevole. L’ho sempre detto e sarebbe ipocrita nascondermi dietro al mio ruolo”. Parole chiare quelle consegnate a La Stampa da Pasquale Tridico presidente dell’Inps. Il suo predecessore Tito Boeri l’ha chiesta per anni senza successo, insistendo sui benefici per i conti previdenziali. “Non è solo questo. Ma i numeri parlano chiaro: il contributo degli immigrati regolari non è irrilevante. Non vorrei dare risposte merceologiche, si tratta di scelte che spettano alla politica. Se devo dire la mia, sceglierei la strada della Germania: durante l’ultima crisi siriana ha saputo coniugare le esigenze umanitarie con quelle dell’economia”.
“Gli immigrati sono fondamentali per il mantenimento del sistema previdenziale che, senza di loro, rischia il collasso”, aveva sottolineato Boeri, per questo preso di mira da Matteo Salvini, a quei tempi vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno. In precedenza, Boeri aveva citato gli effetti che si avrebbero nel futuro con un “blocco di flussi di nuovi lavoratori extracomunitari” – non si parla di chi arriva in Italia in modo irregolare – : la simulazione porta a dire che per il 2040 l’Italia avrebbe «73 miliardi di euro in meno di entrate contributive e 35 miliardi in meno di prestazioni sociali destinate a immigrati, con un saldo netto negativo di 38 miliardi per le casse dell’Inps». Lo stesso Tito Boeri ha citato uno studio dell’Fmi: “Secondo le previsioni Fmi, riviste a seguito della riduzione dei flussi migratori, dal 2045 avremo un lavoratore per pensionato. Ai livelli attuali delle pensioni ciò significa che 4 euro su 5 guadagnati col proprio lavoro andrebbero a pagare le pensioni”.
La paura dell’”uomo nero”..
Gli immigrati versano 14 miliardi annui di contributi sociali e ne ricevono solo 7 tra indennità di disoccupazione e pensioni. Così i loro contributi ci permettono di pagare oltre 600mila pensioni. Mentre un italiano su 4 riceve prestazioni e non paga contributi perché ha più di 65 anni, tra gli immigrati, che sono più giovani, in queste condizioni sono solo il 2,5%.
È quanto si legge nel “Rapporto Italia 2020″ dell’Eurispes, Il documento ridimensiona le ragioni della “paura dell’uomo nero”, come si intitola una delle considerazioni del presidente dell’istituto, Gian Maria Fara.
Anche l’Istat fa le sue considerazioni e lancia l’allarme: l’effetto di una diminuzione dei flussi di immigrati comporterebbe, nel 2040, 63 miliardi di contributi in meno, se l’immigrazione dovesse mantenersi o, peggio, calare, il debito pubblico tenderebbe ad aumentare sensibilmente.
Per stabilizzarlo, l’Italia dovrebbe aumentare la popolazione di 1/3. Solo gli immigrati che fino ad oggi hanno appena compensato il numero di emigrati, possono contribuire ad evitare lo spopolamento del Paese, a riequilibrare la struttura demografica, a rendere il welfare più sostenibile, ad aumentare il livello di innovazione, imprenditorialità e produttività. “Di fronte a questa rassegna di dati inoppugnabili – si domanda Fara – quand’è che la Politica smetterà di cercare consenso sulla pelle (nera) dei profughi e sulla pelle del futuro economico del Paese?”.
Una domanda che andrebbe posta in ogni conferenza stampa, come una goccia cinese, ai Salvini, alle Meloni, che quel consenso fondato sulla mistificazione della realtà, continuano a cercare, fomentando il peggio che si annida nei bassifondi della suburra nazionale.
Ma quanti sono e cosa fanno gli immigrati in Italia? Anche questa risposta si trova nel Rapporto Eurispes: “Oggi, gli immigrati regolari in Italia sono circa cinque milioni (5.255.000 pari all’8,7% della popolazione) e gli irregolari, circa cinquecentomila, la loro presenza è decisamente inferiore a quella che si registra in molti altri Paesi. I lavoratori immigrati in Italia producono il 9% del Pil, circa 139 miliardi di euro annui; il denaro che spediscono ai loro familiari (6,2 miliardi annui) è molto più importante per il sostegno ai Paesi di origine di quanto non sia quello che l’Italia destina agli aiuti internazionali allo sviluppo”.
“Chi dice ‘aiutiamoli a casa loro‘ – si legge – trascura il fatto che siano proprio gli immigrati, con le loro rimesse, che si aiutano da soli a casa loro. Così come è stato per i nostri emigranti nel corso di più di un secolo”. Inoltre, “i dati ufficiali sono nettamente in positivo per lo Stato. Il bilancio tra costi e ricavi segnala un saldo attivo di 3,9 miliardi. I lavoratori stranieri in Italia sono il 10,5% degli occupati, tra loro vi è un numero crescente di lavoratori autonomi, le loro piccole imprese (oltre 700.000) assumono centinaia di migliaia di italiani e sono di origine straniera il 9,4% degli imprenditori ”italiani”.
Così stanno le cose. Andrebbe scritto a lettere cubitali. Rilanciato sui social media in continuazione: SONO PROPRIO GLI IMMIGRATI, CON LE LORO RIMESSE, CHE SI AIUTANO DA SOLI A CASA LORO.
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