Raffaele Bruno, primario al Policlinico San Matteo di Pavia, noto come il medico che ebbe in cura Mattia Mestri, il ‘paziente 1’ italiano, in un’intervista al Corriere della Sera ha dichiarato: “Ci sentiamo più soli e avvertiamo crescere l’ostilità attorno a noi. La solidarietà dei mesi di marzo e aprile è svanita proprio adesso, proprio quando avremmo più bisogno di tranquillità”.
“All’inizio mancava la conoscenza del virus e c’era l’adrenalina che spingeva ad aiutarsi reciprocamente. Adesso sappiamo meglio che cosa aspettarci, ma in un arco temporale indefinito. Non si vede un orizzonte vicino e questo genera esasperazione. La primavera è lontana, ma la bella notizia è che c’è un vaccino. Speriamo sia fondata. Non si era mai visto produrne uno in tempi così brevi”.
“Siamo in una situazione straordinaria e, in un mare in tempesta – prosegue il medico – ci si aggrappa anche a una barchetta. Inoltre questo non è un vaccino classico, funziona secondo una nuova tecnica”.
Quanto ai pazienti ricoverati per Covid nel suo ospedale, Bruno segnala che ci sono persone di tutte le età:
“L’età dei nostri ricoverati è adesso molto più eterogenea che all’inizio. Vedo date di nascita comprese tra il 1952 e il 1986”.
Con il paziente 1 è rimasto un legame d’affetto: “Ci sentiamo spesso, ci lega grande affetto. Dice che per lui sono come un secondo padre, dopo aver perso purtroppo il suo a causa del Covid”.
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