Valeria Ghezzi, non sappiamo ancora nulla sulle misure, che prenderà il Governo con il Dpcm di dicembre. Una cosa sola è ufficiale: impianti chiusi e montagne mute. Lei, che alla montagna ha dedicato tutta la sua vita, come l’ha presa?
Come vuole che l’abbia presa? Su tutto il resto – accusa la Presidente dell’Anef, Associazione Nazionale Esercenti Funiviari rispondendo all’Agenzia SprayNews – si rimanda a una valutazione serena e successiva della situazione. Perché per lo sci e la montagna no? Perché solo per noi è già tutto deciso? Perché solo per noi non si valuta, ora per ora, ma si decide in anticipo, senza se e senza ma?
Un accanimento sorprendente. Riesce a spiegarsi perché riapriranno negozi, bar e ristoranti, mentre sarà proibito sciare?
Non riesco a spiegarmelo, non capisco, anche perché siamo una filiera, che dà lavoro a centoventimila persone: Resterebbero tutti a casa, senza alcun tipo di tutela. Sono stagionali e, non essendo assunti, rischiano di non avere diritto a niente.
Ma questo accanimento contro di voi come nasce? Avranno fatto un ragionamento, pur sbagliato che sia?
Ieri, ho sentito assimilare le piste da sci a quelle da ballo. La pista da ballo è al chiuso, presuppone una massa di persone, difficilmente contingentabile e, soprattutto non regolabile a distanza. Nello sci la distanza è intrinseca, perché, se sei a meno di due metri da un altro sciatore, il rischio non è solo il Covid, ma anche qualche fattura multipla. Il distanziamento sociale nello sci è fisiologico. Il sistema invernale delle baite e dei rifugi può provocare, è vero, una movida della montagna, ma questa eventualità è stata già chiarita e preventivamente scongiurata, non solo da noi, ma anche dagli altri Paesi europei. Quest’anno, la movida non ci sarebbe comunque stata. Lo sci, inteso come sport di risalita e poi discesa su spazi sconfinati, con la movida non ha, però, nulla da spartire. E’ un’attività del tutto sicura, con un suo protocollo, a cui ci atterremo con il massimo scrupolo. Noi non chiediamo la luna, vorremmo semplicemente avere le stesse possibilità che hanno tutti gli altri. Naturalmente, le montagne hanno bisogno della mobilità fra le diverse regioni. Non bastano i tuoi corregionali, se sei una regione piccola, come la Val d’Aosta, il Trentino o l’Alto Adige.
Che cosa la fa più arrabbiare?
Se la mobilità c’è e le città sono aperte, perché noi dobbiamo essere chiusi, ora per domani, a prescindere da tutto. Noi, solo noi. Si scia distanziati. Gli unici problemi possono essere le code davanti agli impianti di risalita e la percentuale delle persone ammesse a bordo su una funivia, ma sarebbero sufficienti le regole, le percentuali e i numeri, già concordati e messi nero su bianco su un protocollo, a cui saremmo pronti ad attenerci, come a un vangelo. Noi non ci aspettiamo di diventare ricchi in questa stagione. Si concluderà, in perdita, anche se dovesse arrivare un via libera condizionato al rispetto delle regole. I turisti sarebbero comunque pochi, quelli dall’estero nessuno. C’è, però, n ogni caso, una comunità sa salvaguardare e se, malauguratamente, si dovesse insistere per la chiusura, si dovrebbe pensare a quelle centoventimila famiglie, che rischiano di rimanere senza un reddito da lavoro e di non ottenere sovvenzioni o ristori. Siamo chiusi da marzo. Sono pochissimi quelli di noi, che hanno ricevuto qualcosa. In compenso, ci chiudono per primi e per tutta la stagione, che deve ancora arrivare. Abbiamo subito prima il danno e ora la beffa. Chiediamo di essere ascoltati. Poi decideranno loro, come è ovvio, ma almeno ci ascoltassero.
La mattina, quando si affaccia alla finestra e guarda le sue montagne, non è più come prima?
Io solo milanese e, se ho scelto le montagne come habitat della mia vita, è perché la bellezza, che qui si guarda e respira, non ha eguali. Di sola bellezza, però, non si vive. La bellezza dobbiamo guadagnarcela con il nostro lavoro e la nostra fatica. In montagna, la vita è incomparabile, ma costa di più perché tutto è più distante: i medici, le scuole, gli approvvigionamenti. E abbiamo spese fisse, che non aspettano la nuova stagione. In tanti sono in attesa della riapertura per ripianare debiti e conti in rosso. Molte società di impiantisca, specie le più piccole, rischiamo di non riaprire mai più e la montagna di essere come mutilata, qua e là. Spero che almeno lei lo abbia capito. Noi non siamo solo vacanza e spensieratezza. Siamo un comparto di lavoratori della montagna. E vogliamo avere voce in capitolo, come tutti gli altri lavoratori di questo Paese.
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