Giovanni Caciolli, segretario nazionale di Federcofit, Federazione del comparto funerario italiano, ha lanciato un allarme sul fatto che il comparto è in estrema difficoltà a causa della pandemia di Covid-19. In particolare, Caciolli parla del cimitero romano Flaminio, descrivendo loculi carenti, manufatti fatiscenti, camere mortuarie piene, forni ovunque sotto stress con tempi di cremazione biblici e file di cadaveri accantonati nelle bare all’aperto: “Ci sono ragioni storiche, dato che i cimiteri sono stati trattati negli ultimi 15 anni come luoghi su cui risparmiare a partire dal personale, che scarseggia. Tra le conseguenze, il riempimento delle sale mortuarie di cadaveri in attesa di funerale perché non si può concludere un servizio funebre oltre un certo orario”.
E poi le cremazioni: Caciolli ravvisa nei forni crematori di tutto il Paese la principale criticità attuale, esasperata dalle morti per covid e da una tendenza generale all’incremento della scelta cremazionista, “preferita dal 30% delle famiglie italiane contro il 10% di 20 anni fa. Un forno crema 7-8 cadaveri al giorno – spiega Caciolli – Se a Milano ci sono 5 camere di combustione, è evidente quante sono le cremazioni eseguibili”.
“Il forno non è uno strumento elastico. Dunque, su un numero attuale di circa 700 decessi in più al giorno rispetto alla media degli altri anni nel territorio nazionale, l’attività dei forni è certamente sotto stress. Ancora fortunatamente non ci sono criticità, a parte il caso di Roma. Ma la situazione – avverte – ovunque va tenuta sotto controllo”
Argomenti: covid-19