La figlia del pescatore tunisino: "Discriminata, hanno consentito di telefonare solo agli italiani"
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La figlia del pescatore tunisino: "Discriminata, hanno consentito di telefonare solo agli italiani"

Naoires Ben Haddada: "L'ambasciata italiana mi ha chiesto di rivolgermi alle autorità tunisine"

Le famiglie dei pescatori
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19 Dicembre 2020 - 10.50


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Con un duro sfogo Naoires Ben Haddada, una giovane italo-tunisina, figlia di uno dei pescatori sequestrati n Libia lo scorso primo settembre, ha denunciato una discriminazione nei giorni del sequestro.

La Farnesina, infatti, le avrebbe impedito di parlare con il padre, come avveniva per esempio per le famiglie degli altri pescatori:  “In questi 108 giorni ci siamo sentiti una famiglia con tutti gli altri parenti dei pescatori, ma c’è stato un momento in cui mi sono sentita discriminata. E’ successo quando l’Ambasciata italiana ha consentito ai familiari dei pescatori di sentire i propri parenti. In quell’occasione a noi non fu consentito di sentire mio papà prigioniero, la Farnesina ci disse di rivolgerci all’Ambasciata tunisina. Trovo sia stato ingiusto. Io ho la doppia cittadinanza”.

La giovane si trova nell’aula consiliare del Comune di Mazara del Vallo dove ha incontrato il vescovo Domenico Mogavero e un’azienda che ha donato dei soldi alle famiglie.

“Io sono perfettamente integrata – dice – sono nata qui e non ho mai avuto problemi, anche la protesta a Montecitorio l’abbiamo fatta tutti insieme. Anche io ho dormito in tenda con gli altri familiari. Ci sentivamo un unico nucleo familiare. Ma quel giorno di novembre, quando è stato consentito di sentire i parenti e noi siamo stati esclusi ci sono rimasta malissimo. Quella è stata la prima volta che davvero mi sono sentita discriminata. E’ stato orribile”. 

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Naoires è poi riuscita a sentire il padre dopo la liberazione. “Non gli ho chiesto nulla della prigionia – racconta – ci sarà tempo, prima voglio che si riprenda, voglio che stia bene e che abbia voglia di raccontare quanto accaduto. A noi interessa che stia bene e che finalmente dopo 110 giorni lo potremo abbracciare”. Racconta anche di avere saputo che i pescatori sono stati separati subito dopo il sequestro. E dice che “per una figlia è difficile avere un papà che fa il pescatore, perché è un lavoro che può anche finire in tragedia. Quando sono stata a Roma per la protesta ho avuto paura di non rivedere più mio papà. E stato terribile. Domani finalmente lo rivedremo e lo potremo riempire di baci”.

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