Il magistrato Raffaele Guariniello cerca di seguire la strada della giustizia e afferma la sua volontà di sottoporre a vaccino quanti più colleghi possibili: “Tutelare la salute significa vaccinare il maggior numero possibile di persone. Non è una indicazione ‘morale’, è ciò che prevede la legge”.
La base del ragionamento, spiega, parte dal “principio per cui nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizione di legge, previsto dalla Costituzione”.
Tale legge, secondo il giurista, c’è, e sarebbe il Testo unico della Sicurezza sul Lavoro, che “impone al datore di lavoro di mettere a disposizione vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico, da somministrare a cura del medico competente”. Inoltre “la stessa norma impone al datore di lavoro ‘l’allontanamento temporaneo del lavoratore in caso di inidoneità alla mansione ‘su indicazione del medico competente’”. La legge, dice ancora, prevede anche però “l’obbligo di allontanare il lavoratore e di adibirlo ad altra mansione, ma solo ‘ove possibile’. La Cassazione ritiene che tale obbligo di ripescaggio non può ritenersi violato quando la ricollocazione del lavoratore in azienda non è compatibile con l’assetto organizzativo stabilito dall’azienda stessa. Insomma – tira le somme il magistrato – il datore di lavoro è obbligato a predisporre misure organizzative per tutelare il lavoro, ma se questo non è possibile si rischia la rescissione del rapporto di lavoro”.
Ora, prosegue Guariniello, “lo stato di emergenza non consente i licenziamenti, il lavoratore fragile ha diritto allo smart working. Ma in futuro il problema potrebbe presentarsi. La normativa è chiara nel prevedere la messa a disposizione del vaccino, l’allontanamento e la destinazione ad altra mansione ‘ove possibile’ del lavoratore che si rifiuti inidoneo”.
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