Il percorso che porterà alla modifica degli indicatori di pericolo è accidentato e prevede una serie di tappe da raggiungere con particolare rapidità da parte del governo. Che dovrà fare i conti con l’opposizione degli enti locali e il rischio di ricorsi ai tribunali amministrativi regionali.
È previsto in giornata un nuovo vertice di governo in vista del nuovo provvedimento sulle restrizioni da adottare dopo il 7 gennaio. Si lavora per chiudere a breve l’ordinanza ponte del ministro della Salute, Roberto Speranza, in vigore fino al 15 gennaio, data di scadenza dell’ultimo Dpcm. Non si esclude che il provvedimento possa essere firmato anche entro stasera.
Un passo indietro. Ieri, al termine di una lunga giornata di incontri e colloqui con i capidelegazione della maggioranza, i presidenti di Regione e i membri del Comitato Tecnico Scientifico, il ministro della Salute Roberto Speranza ha annunciato l’intenzione di varare una stretta per il week end del 9 e del 10 gennaio che porterà tutta l’Italia in zona arancione (secondo le prime ipotesi) o rossa (secondo quanto detto al termine del vertice con gli enti locali). Speranza ha annunciato un’ordinanza-ponte che tenga in piedi le restrizioni fino al 15 gennaio, data di scadenza del decreto legge 158/2020 2 dicembre e del Dpcm 3 dicembre, che dovrà poi essere rinnovato. Ma il ministro ha annunciato anche altro: “Stiamo facendo fare un approfondimento ai tecnici in modo da abbassare le soglie dell’Rt per accedere in zona rossa o arancione. Misura che incide sul modello della zonizzazione”. E questo perché “Guardiamo all’Inghilterra che ha superato i 60mila contagi al giorno e dobbiamo essere consapevoli del lavoro eccezionale che abbiamo fatto. Dobbiamo usare precauzioni serie perché quella variante ci preoccupa per la velocità di contagio”. I presidenti delle Regioni, a quanto pare, sono concordi sulla modifica in senso restittivo dell’Rt per accedere alle zone.
Ma perché il ministro intende abbassare le soglie dell’indice di contagio? Secondo l’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità e del ministero della Salute l’indice Rt in Italia si è attestato a 0,93, ovvero appena sotto la soglia dell’1 (ma secondo il fisico dell’università di Trento Roberto Battiston nel frattempo è arrivato a 0,99). In base ai criteri stabiliti con il varo del sistema delle zone attualmente tutta l’Italia è in zona gialla perché per far scattare la zona arancione uno dei criteri è che l’Rt sia sopra a 1,25. La tabella che riporta gli indicatori dell’Rt puntuale relativi alla 21-27 dicembre aggiornati al 29 riportava questi numeri.
- Abruzzo:0,65
- Basilicata: 1.09
- Calabria: 1.09
- Campania:0.78
- Emilia-Romagna: 0.98
- Friuli-Venezia Giulia:0.96
- Lazio:0.84
- Liguria:1.07
- Lombardia:1
- Marche:0.99
- Molise:0.89
- Piemonte:0.71
- PA Bolzano:0.76
- PA Trento:0.71
- Puglia:1
- Sardegna:0.78 (non valutabile)
- Sicilia:0.93
- Toscana:0.79
- Umbria 0.8
- Valle d’Aosta:0.83
L’intenzione del governo è quella di modificare il parametro (che non è comunque l’unico per decretare la zona rossa, arancione o gialla nelle regioni). Repubblica scrive oggi che la Cabina di regia ha chiuso la sua riunione raccomandando che “in situazioni in cui l’incidenza è superiore a 50 casi per 100mila abitanti alla settimana, di rafforzare ulteriormente le misure di mitigazione già quando si osservano valori di Rt pari a 1, quando il rischio di una epidemia non controllata o gestibile è classificato come moderato o alto”.
È importante a questo punto segnalare che in nessuna regione italiana attualmente l’incidenza dei casi è inferiore a 50 per centomila abitanti (ecco qui la tabella dell’incidenza regione per regione). E che la modifica a cui sta pensando attualmente il governo è quella di far scattare la zona arancione quando l’indice di contagio è sopra l’1 e di far partire quella rossa se Rt è sopra 1,25. Con questi parametri, in base ai numeri del monitoraggio della settimana dal 21 al 27 dicembre, rischiano la zona arancione da subito Veneto, Liguria, Calabria, Lombardia, Basilicata e Puglia. Ma, spiega oggi Repubblica, ci sono altre quattro regioni in bilico: Emilia-Romagna, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Marche.
Solo in base ai dati analizzati venerdì, comunque, si potranno individuare i nuovi colori delle varie realtà locali. E questo perché il report dell’Iss, che nelle scorse settimane è stato anticipato di un giorno, non arriverà prima del previsto come era stato annunciato nei giorni scorsi (si pensava a una pubblicazione entro mercoledì 6 per permettere a Speranza di pubblicare così in tempo per il 7 l’ordinanza-ponte). Il monitoraggio infatti è atteso per l’8 ma prima un provvedimento legislativo dovrà modificare il parametro dell’Rt per permettere al ministro della Salute di agire l’11 gennaio. Ma perché è necessario andare a rendere più severo il sistema dei colori delle Regioni, abbassando l’asticella che fa scattare le chiusure? Il Messaggero spiega che alla base c’è una doppia preoccupazione:
Lo spiega bene la dottoressa Flavia Riccardo, epidemiologa del Dipartimento Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità: “Mentre nella fase di ascesa dell’epidemia, un Rt elevato era uno strumento efficace e ci avvisava per tempo dell’incremento dei casi, oggi, con un numero di soggetti positivi all’infezione già alto, basta un Rt relativamente basso a dare un numero di nuovi casi non sostenibile con un impatto molto alto. Anche un Rt attorno a 1 già può mettere in difficoltà i servizi sanitari se l’incidenza è molto elevata”.
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