Il 'paziente uno' Mattia Maestri ad un anno da Codogno: "Voglio solo dimenticare"
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Il 'paziente uno' Mattia Maestri ad un anno da Codogno: "Voglio solo dimenticare"

Era il 20 febbraio 2020 e la rianimatrice Annalisa Malara violando il protocollo fece il test che fece emergere il primo caso di Covid in Italia. Mattia ce l'ha fatta ma il padre è morto per il virus il 19 marzo

Mattia Maestri, il paziente uno di Codogno
Mattia Maestri, il paziente uno di Codogno
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20 Febbraio 2021 - 09.31


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Inizialmente si era pensato che fosse il contagiato uno. Ossia il primo ad aver avuto il Covid-19 in Italia.

Poi si è scoperto che è stato solo il paziente uno perché quando il suo caso è emerso il virus – purtroppo – già circolava da tempo in Italia.
“Voglio solo dimenticare”. A un anno dalle 20 del 20 febbraio 2020, il momento esatto in cui all’ospedale di Codogno arriva l’esito del tampone ed è positivo, Mattia Maestri ripete come un mantra al Corriere della Sera: “Verso i dottori che mi hanno salvato ho un debito di riconoscenza enorme, ma io ora voglio solo dimenticare”.

Il 39enne ha accettato qualche giorno fa un collegamento su Zoom solo per discutere dell’idea di girare un video sul suo ultimo anno, nessuna intervista si raccomanda, presente anche Raffaele Bruno, l’infettivologo del San Matteo di Pavia che si era preso cura di lui.
“Tutti mi cercano – ha detto – . Mi offrono persino eventi a pagamento. Ma l’unico mio desiderio è tornare una volta per tutte alla mia vita normale. Io sono la prima persona in Italia a cui il Covid è stato diagnosticato. Non il primo infetto”.

Viene drammaticamente da sorridere oggi a ripensare a quell’infermiere dell’ospedale di Codogno, si legge nell’articolo del Corriere della Sera, che dice a Mattia per tranquillizzarlo in attesa dell’esito del tampone: «Il coronavirus Cudogn ensa’ nianche addu sta».

Poi ci sono l’intuizione della rianimatrice Annalisa Malara che gli fa il test al di fuori dei protocolli del ministero della Salute (che lo prevedono solo per chi è di rientro dalla Cina e i loro contatti), l’ambulanza che lo porta a Pavia nella notte tra il 21 e il 22 febbraio, i successivi 18 giorni di rianimazione intubato e con la vita appesa a un filo, il trasferimento in reparto dove al di là di un vetro finalmente può rivedere la moglie incinta, l’uscita dall’ospedale il 21 marzo in tempo per la nascita della figlia Giulia. 
 “Vivo le cose della vita con un po’ più di distacco”, confessa Mattia ad Annalisa Malara una delle ultime volte in cui i due si sono sentiti.

Oggi Mattia è un sopravvissuto che desidera soprattutto dare serenità alla sua famiglia. Riflette la Malara, da qualche giorno anche lei assunta al San Matteo: “Ha ben chiaro quali siano i veri valori”.

Il ritorno alla vita ha il nome di Valentina e Giulia, ma allo stesso tempo non è facile superare la morte per Covid-19 del padre Moreno, scomparso proprio alla Festa del papà, lo scorso 19 marzo, dopo settimane in cui quattro componenti della famiglia Maestri, contando anche la piccola Giulia, si trovano in tre diversi ospedali della Lombardia. Un incubo che, come in ogni famiglia che in questo lungo anno piange morti o teme per la vita delle persone più care, Mattia vuole solo buttarsi alle spalle.

Il 4 settembre è tornato a giocare su un campo di calcio in un triangolare tra la nazionale dei sindaci, politici della ex zona rossa e volontari della Protezione civile.

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