Sono state richieste dalla Procura di Roma due condanne all’ergastolo per gli americani Finnegan Lee Elder e Gabriele Natale Hjorth, accusati di concorso in omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso a Roma il 26 luglio del 2019. “Gravi sono i fatti e grave è l’ingiustizia che è stata commessa ai danni di un carabiniere, un uomo buono”, ha detto il pm Maria Sabina Calabretta durante la requisitoria.
Pm: l’obiettivo era uccidere – Il pm Maria Sabina Calabretta descrive le drammatiche fasi che hanno preceduto la morte di Mario Cerciello Rega, ucciso con 11 fendenti da Finnegan Lee Elder. “Un’aggressione, un attacco sproporzionato e micidiale: un’azione univoca per uccidere, la finalità era uccidere”. Per il magistrato Cerciello “avrebbe potuto poco anche se armato e non lo era. La volontà di Elder era omicidiaria”.
“La volontà omicidiaria di Elder era già presente”, dunque, quando i due carabinieri si avvicinano ai due americani e dopo essersi qualificati cercano di identificarli.
Il ruolo dei due imputati – Per Finnegan Lee Elder e Gabriel Christian Natale Hjorth non fu legittima difesa, sottolinea la pm. La volontà di Elder era unicamente quella di uccidere e Cerciello è morto per le ferite che gli sono state inferte”. Inoltre su tutto quello che è successo quella notte “il contributo di Natale Hjorth è importante”: perché è lui che organizza l’estorsione, che intima a Brugiatelli di presentarsi all’appuntamento solo e vede il coltello con lama di 18 centimetri che Elder porta all’appuntamento dato a Brugiatelli e al quale si presentano invece i due carabinieri Mario Cerciello Rega e Andrea Varriale.
La ricostruzione secondo l’accusa – Ha sottolineato inoltre il magistrato: “Cerciello non avuto il tempo di elaborare nessuna difesa attiva. E’ stato ucciso con undici coltellate in meno di trenta secondi. Non c’è segno di un attacco di Cerciello o di un tentativo di strangolamento”. “Il passaggio alle spalle di soppiatto dei due carabinieri non è ragionevole. E il collega Andrea Varriale non è potuto intervenire” in soccorso di Cerciello “in quanto assorbito dalla colluttazione con Natale”. E poi, rispetto alla ricostruzione, “i carabinieri si sono avvicinati frontalmente e non alle spalle di Elder e Natale”.
La responsabilità dei due imputati – secondo Maria Sabina Calabretta – è condivisa “perché ogni scelta quella sera fu fatta insieme. E’ Natale che fa le telefonate, che tratta la dose di stupefacente. E’ lui che discute e chiede indietro 80 euro e un grammo di cocaina. Quello è il prezzo dell’estorsione”.
Infine conclude: “Entrambi sono andati all’incontro preparandosi, erano pronti a tutto, anche allo scontro fisico, per raggiungere l’obiettivo che si erano prefissati.