Sono a decine di milioni le dosi del vaccino AstraZeneca che si trovano ora nei depositi Usa in attesa di un completamento di trial clinici e del successivo via libera per il loro utilizzo da parte della Food and Drug Administration, cui non è stata ancora neanche formalizzata la richiesta per l’avvio di una procedura di autorizzazione urgente, mentre Paesi che hanno già autorizzato il prodotto sviluppato dall’università di Oxford sono a corto di dosi.
“I governi di diversi Paesi hanno contattato la Casa Bianca per chiedere la donazione di dosi di AstraZeneca e noi abbiamo chiesto al governo americano di considerare attentamente queste richieste”, ha confermato il portavoce del produttore, Gonzalo Vina, precisando che se da Washington arrivasse l’autorizzazione al trasferimento, “chiederemmo allo stesso governo indicazioni sulle modalità di sostituzione delle dosi negli Usa”. La società fa sapere di aver chiesto in particolare l’invio delle dosi in più all’Ue. Fonti dell’Amministrazione citate dal New York Times precisano che, per ora, la risposta è stata negativa. Anche Johnson & Johnson, in ritardo sulle consegne ovunque, ha chiesto alla Casa Bianca l’autorizzazione a prestare dieci milioni di dosi all’Ue, ma anche in questo caso la risposta dell’Amministrazione è stata negativa
Nell’Amministrazione per il momento vi è un “intenso dibattito” fra chi è favorevole a inviare le dosi all’estero, e chi invece vuole tenerle a disposizione. E anche che, il messaggio di Biden è chiaro, prima di considerare altri Paesi devono essere completate le vaccinazioni per gli americani, fonti dell’Amministrazione spiegano che l’accelerazione della produzione del vaccino Johnson&Johnson, con l’accordo con la rivale Merck, prefigura il via libera all’esportazione delle scorte del vaccino sviluppato dall’Università di Oxford.
Circa 30 milioni di dosi sono nell’impianto AstraZeneca di West Chester, nell’Ohio, dove si completa il processo produttivo con il trasferimento nei flaconi. Decine di milioni di altre dosi sono già state prodotte, escluso l’infialamento e l’impacchettamento, dalla Emergent BioSolutions, l’azienda del Maryland cui AstraZeneca ha appaltato la produzione per gli Usa. E il vaccino ha una scadenza di sei mesi.
AstraZeneca, il cui utilizzo è stato sospeso ieri in Danimarca, Norvegia e Islanda, è già stato autorizzato in più di 70 Paesi. Lo scorso maggio l’Amministrazione Trump aveva stanziato per AstraZeneva 1,2 miliardi di dollari per lo sviluppo e la produzione del vaccino e per l’acquisto di 300 milioni di dosi, una volta approvato. Lo scorso autunno però i trial negli Usa si sono bloccati per sette settimane per un ritardo della società di fornire all’Fda i dati sui casi di due volontari e su presunti effetti collaterali e la comunicazione fra la società e l’ente regolatore si è complicata.
Nel frattempo il governo ha acquistato altre dosi dei vaccini già in uso, aprendo la possibilità che le scorte di AstraZeneca siano usate solo in minima parte o addirittura non usate. “Se avremo un surplus del vaccino lo condivideremo con il resto del mondo. Ma inizieremo dall’assicurarci che prima lo ricevano gli americani”, ha dichiarato Biden nei giorni scorsi. A bloccare le esportazioni delle società vi è il Defence Production Act che l’Amministrazione Biden ha approvato per i vaccini. Ma tutto questo potrebbe cambiare a breve.
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