Il fisico Roberto Battiston, dell’Università di Trento e coordinatore dell’Osservatorio dei dati epidemiologici in collaborazione con Agenas ha confermato che l’incidenza di contagio Rt è sceso a 1 e, nonostante sia sicuramente un’ottima notizia, resta il fatto che la situazione attuale in Italia è ancora molto incerta: “Il valore di Rt è riferito a quattro giorni fa e probabilmente nei prossimi giorni è destinato a scendere, se la situazione del colore delle regioni rimarrà la stessa”, ha osservato il fisico, che monitora l’epidemia usando i dati della Protezione Civile con risultati simili a quelli dell’Istituto Superiore di Sanità e Fondazione ‘Bruno Kessler’, che usano un metodo di calcolo basato su dati non disponibili al pubblico.
Tuttavia, rileva Battiston, ci troviamo in una “situazione incerta e delicatissima, stretta fra l’esigenza di tenere basso il contagio e quella di far riprendere l’economia e l’attività scolastica” e nella quale non va dimenticato che ci troviamo in presenza di “un serbatoio di una grandissima quantità di infetti attivi”. Al momento “l’unica possibilità concreta è accelerare con i vaccini, abbassando in questo modo Rt sotto la soglia di guardia”.
In un’intervista del 24 marzo a Repubblica, il fisico aveva parlato di eventuali riaperture utilizzando una similitudine:
“Sarebbe come ignorare la prescrizione del medico e sospendere l’antibiotico al terzo giorno solo perché è scesa la febbre. Bisogna aspettare di essere guariti per smettere la cura”.
Di fatto, osserva Battiston all’Ansa “siamo ancora nel pieno dell’epidemia e un valore di Rt appena sotto uno ci dice che l’epidemia, anche se non cresce ulteriormente, non se ne sta andando. Essendo nel pieno dell’infezione dominata dalla variante inglese l’unica soluzione per tenere Rt sotto 1 sembra proprio siano le zone rosse”.
Che l’indice Rt sia sceso a 1 significa che “si è all’inizio della discesa degli infetti rispetto al massimo che hanno appena raggiunto, ma ci vorranno settimane per scendere in modo significativo: siamo quindi in un momento particolarmente pesante per il Servizio Sanitario Nazionale”.
L’indice Rt aveva cominciato a crescere in febbraio, passando da 0,9 a 1,17 nella seconda metà del mese e poi stabilizzarsi.
Per Battiston ”è ragionevole pensare che in quel periodo la variante inglese, presente da tempo nel nostro Paese, sia cresciuta fino a diventare la principale fra le varianti in circolazione. In quella situazione l’indice Rt non poteva che alzarsi, obbligandoci a misure di contenimento più rigide”.
Il problema fondamentale, osserva ancora l’esperto, ”è che oggi abbiamo pochi strumenti per abbassare l’indice Rt se non le zone rosse, ed, eventualmente, il lockdown.
Basti pensare che dall’inizio di febbraio gli infetti attivi sono aumentati da 380.000 agli attuali 563.000 e la quota di 3.620 ricoverati nelle terapie intensive è vicinissima al massimo registrato a fine novembre.
Grazie al vaccino vediamo la luce in fondo al tunnel, ma dobbiamo ancora fare un po’ di strada: i prossimi due mesi saranno particolarmente importanti per vincere questa guerra”.
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