Ecco uno, insieme ad altri, degli accertamenti che la Procura di Milano intende verificare e che hanno portato alla rogatoria alle autorità elvetiche nella nuova indagine nata dal caso camici nella quale il governatore lombardo risulta iscritto per autoriciclaggio e false dichiarazioni in voluntary. Si parla della firma ritenuta falsa con cui la madre del presidente della Lombardia Attilio Fontana nel 2005 avrebbe aperto il conto in Svizzera con circa 2,5 milioni ‘sospetti’ e riportata in calce sui documenti allegati nel 2015 dal governatore alla voluntary disclosure verrà comparata con quella apposta in calce nei rapporti bancari originali dalla signora e con quelle del figlio.
Il reato presupposto per l’autoriciclaggio contestato al presidente della Lombardia sarebbe un’evasione fiscale, sulla quale stanno lavorando i pm di Milano, Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas e l’aggiunto Maurizio Romanelli, per cercare di capire da dove venga il flusso di denaro. I pm hanno allegato alla richiesta di rogatoria in Svizzera, che servirà a ricostruire la fusione patrimoniale, una consulenza tecnica di parte di tipo grafologico che analizza le firme della 92enne (scomparsa nel 2015) apposte sul secondo conto Ubs e ne mette in dubbio la veridicità. Il ragionamento dell’accusa porterebbe a dire che, se gli originali quasi 3 milioni provengano effettivamente dal trust alle Bahamas creato dalla madre nel 1997 per gestire il patrimonio accumulato dopo una vita di lavoro da dentista, i secondi 2,5 milioni circa non abbiano effettivamente la stessa origine, e che possano essere il frutto di un’evasione dello stesso Fontana.
Solo in un secondo momento, nel 2005 ovvero quando la donna era in pensione, sarebbero stati fatti apparire anch’essi come una porzione di eredità, accendendo il secondo conto in Svizzera, su cui appare la firma ritenuta falsa. Se così non fosse, si dovrebbe chiarire come sia arrivata in Svizzera la consistente somma. In questo senso potrebbe aiutare la “produzione documentale” promessa dello stesso presidente tramite i suoi legali Jacopo Pensa e Federico Papa, ma ancora non arrivata in Procura, oppure le carte elvetiche, sempre ammesso che le autorità rispondano positivamente alla rogatoria. I tempi in questo caso sono incerti. Ma, secondo un’altra ipotesi, quei soldi potrebbero anche non essere mai stati tracciati nè tracciabili, se sono stati fatti arrivare alla banca svizzera direttamente in contanti.