In un’intervista al Messaggero Agostino Miozzo, ha annunciato le proprie dimissioni dal ruolo di consulente del ministero dell’Istruzione perché “penso che il mio ruolo abbia ormai perso di significato” e “sono molto stanco”.
Miozzo, già coordinatore del Cts durante l’emergenza Covid, ha poi parlato della situazione scolastica: “Sulla scuola non è possibile che vi siano regioni o comuni che vanno per conto loro, senza applicare le decisioni del governo. Serve uno sforzo per ripartire e andrebbero effettuati molti più tamponi. Qualcuno lo fa, molti altri no”.
“Voglio parlarne con il ministro Bianchi, penso che il mio ruolo ormai abbia perso di significato. E sono molto stanco. Tutti sanno che io sono un sostenitore del ritorno alle lezioni presenza. E non contesto le percentuali fissate dal governo. Però non è accettabile che nei territori ci sia chi contrasta questa operazione, chi lavora per la Dad, quando le indicazioni partono da un governo di emergenza nazionale, in cui è rappresentato l’80 per cento dei partiti. Una follia”.
Secondo il dirigente in pensione della Protezione Civile, “andrebbero eseguiti molti più test tra i ragazzi, molti più controlli. Ci sono esempi virtuosi, dall’Alto Adige al Lazio, vi sono comuni e regioni che stanno eseguendo tamponi a campioni nelle scuole. Perché non lo si fa ovunque?”.
Ha poi spiegato Miozzo che “durante la pandemia, non solo l’Italia, ma tutti i paesi del mondo, si sono trovati impreparati. Non esiste un libretto delle istruzioni” e poi non avere avuto un piano pandemico aggiornato conferma il solito problema: “manca la cultura della prevenzione, lo vediamo tante volte quando scopriamo che una scuola, ad esempio, non era a norma antisismica. Fare prevenzione non porta consenso politico”.
In ogni caso, “penso che sia giusto che il decisore politico si prenda le responsabilità delle scelte, gli scienziati devono solo mettere in guardia sulle possibili conseguenze”.
Quanto alle riaperture, Miozzo ha auspicato ad un raddoppiamento dei controlli e delle sanzioni per chi non rispetta le regole:
“Il Paese non ce la fa più. Per ragioni economiche e sociali, è giusta una graduale riapertura. Ciò che mi preoccupa di più, piuttosto, è una anarchia crescente, la convinzione strisciante tra la gente che non vi sia più pericolo di contagio. Io dico: apriamo, certo, ma le regole che ci sono facciamole rispettare. In modo puntuale, perfino feroce. Il Ministero dell’Interno ha fatto moltissimo e lo ha fatto bene, ma ora deve decuplicare i controlli, multare chi sgarra. Solo così il Paese può permettersi le riaperture”.
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