La testimonianza di un ex detenuto del carcere di Santa Maria Capua Vetere: "Pestati per ore"
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La testimonianza di un ex detenuto del carcere di Santa Maria Capua Vetere: "Pestati per ore"

In un video i calci e le manganellate, anche a uno in carrozzina

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30 Giugno 2021 - 12.57


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Dopo oltre un anno ha ancora paura e rivive quelle scene di “violenza assurda”, come se fossero accadute poche ore fa: “Mi hanno ucciso di mazzate, dal primo piano al seminterrato sono sceso con calci, pugni e manganellate. Non lo scorderò mai”.
A parlare è un ex detenuto del carcere di Santa Maria Capua Vetere, tra i primi a denunciare quanto avvenuto il 6 aprile del 2020 nell’istituto dove secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, quasi 300 agenti della penitenziaria avrebbero pestato per quattro ore, arrivando a commettere vere e proprie torture, altrettanti detenuti del Reparto Nilo, che il giorno prima avevano protestato dopo che si era diffusa la notizia della positività al Covid di un recluso.
Ore di terrore impresse anche in un video pubblicato in esclusiva dal quotidiano Domani che mostra le manganellate e i calci ai detenuti – anche ad uno in carrozzina – costretti a restare in ginocchio con le mani sulla testa e la faccia rivolta al muro.
In alcune immagini si vedono gli agenti che creano corridoi umani per costringere i detenuti a passarci in mezzo.
Poi le botte e gli spintoni, fino alle celle. Stessa identica scena nel passaggio verso le scale.
Per questi episodi ieri, a 52 tra ufficiali e sottufficiali della Polizia Penitenziaria in servizio quel giorno nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, sono state notificate dai carabinieri le misure cautelari emesse dal Gip, su richiesta della Procura, per i reati tortura, maltrattamenti, depistaggio e falso.
Otto sono finiti in carcere e 18 ai domiciliari, mentre 23, tra cui il provveditore regionale alle carceri Antonio Fullone, sono stati raggiunti dalla misura della sospensione dal lavoro.
Per gli arrestati inizieranno presto gli interrogatori di garanzia. I sindacati continuano a fare scudo in difesa della Penitenziaria: stamani, davanti al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, dove sono detenuti otto agenti, il segretario generale del sindacato degli agenti della penitenziaria Spp, Aldo di Giacomo, ha tenuto una conferenza stampa nella quale si è detto “certo” che “il 6 aprile 2020 non vi fu alcun uso sproporzionato della forza, e che il tribunale del riesame ristabilirà la verità”.
All’iniziativa sono intervenuti anche i deputati di Fratelli d’Italia Edmondo Cirielli, che ha espresso solidarietà agli agenti visitando quelli reclusi, e del M5s Antonio Del Monaco.
In una nota poi, il sindacato Osapp si è detto invece preoccupato per la “campagna mediatica contro gli agenti, con tanto di nomi e cognomi pubblicati sui quotidiani”. Contro la “gogna mediatica” anche il Sappe, che annuncia esposti al Garante della privacy e all’Ordine dei giornalisti Anche il Garante nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma, ritiene “inaccettabile l’esposizione cui sono state sottoposte le persone sotto indagine per le presunte violenze, con la pubblicazione in prima pagina delle fotografie di decine di loro”. C’è poi la voce delle vittime, impaurite (poche quelle che hanno parlato).
“Non potevo non denunciare, ma altri compagni non lo hanno fatto perché ancora dentro, in balia degli agenti.
Ad oltre un anno di distanza – ha confessato un ex detenuto – ho però ancora paura. Fu una cosa assurda, mai vista. Ci hanno pestato per ore, facendoci spogliare, inginocchiare, qualcuno si è fatto la pipì addosso, a qualcun altro furono tagliati barba e capelli.
Il giorno dopo ci hanno fatto stare in piedi non so per quanto tempo vicino alle brande, come fossimo militari”.
Racconti simili – di quella che il Gip Sergio Enea, nel provvedimento di arresto, ha definito “un’orribile mattanza” – arrivano anche da un altro detenuto, le cui parole sono contenute proprio nell’ordinanza cautelare. Si parla del “corridoio” creato dagli agenti nel quale i detenuti passavano e prendevano botte da ogni parte.
“Ci hanno costretto a metterci in ginocchio con la faccia al muro – ha raccontato – dopodiché hanno iniziato a picchiarci, soprattutto con manganelli. Chi provava a voltare lo sguardo verso gli agenti veniva colpito al volto. Ricordo che gli agenti formavano una sorta di corridoio umano, in mezzo ai quale eravamo costretti a passare subendo schiaffi, pugni e manganellate”.

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