Nel quarantunesimo anniversario della strage più orribile del dopoguerra e dopo lo stop dello scorso anno, Bologna si riappropria del corteo e della piazza partecipando in massa alla manifestazione in ricordo delle vittime. Dà una lezione di civismo all’Italia anche in chiave anti Covid (tutti o quasi con la mascherina), si stringe ai familiari, torna a chiedere con più forza e convinzione che sia fatta piena luce su esecutori e mandanti, ora che finalmente si respira la sensazione che anche la verità giudiziaria sia più vicina. Il processo in corso sta svelando novità clamorose, dal riconoscimento dell’ex primula nera di Avanguardia nazionale, Paolo Bellini, alla stazione il 2 agosto 1980, alla inquietante copertura che gli fu data dall’allora capo della Procura di Bologna, ai documenti che conducono a Licio Gelli e ai finanziatori della strage.
Tanto che la stessa ministra della Giustizia, Marta Cartabia, dice: “Quella nube che troppo a lungo ha coperto le responsabilità pian piano si sta sollevando e lascia intravedere nuovi contorni e nuovi confini dell’accaduto”. Novità che potrebbero portare a riscrivere, in parte, le accuse sulle responsabilità materiali dell’attentato, ferma restando la verità storica e politica: una strage fascista depistata dai Servizi deviati al soldo della P2 e della rete Gladio dell'”amico americano”, ultimo colpo di coda della strategia terroristica pensata e attuata per tenere lontani dal potere i comunisti italiani. Intanto, ecco quel che resta negli occhi e nel cuore della cerimonia di oggi.
Immagini – L’autobus 37 e l’autogru dei Vigili del fuoco che aprono il corteo. La gru rimosse le macerie della bomba il 2 agosto 1980, il bus fece la spola tra la stazione e gli ospedali per trasportare feriti e morti. Ricorda Agide Melloni che era alla guida: “Decidemmo di utilizzare l’autobus per trasportare prima i feriti poi i cadaveri, per lasciare tutte le ambulanze disponibili per i feriti. Togliemmo i mancorrenti dalle porte per permettere ai corpi di passare ed io mi misi alla guida. Erano le undici di mattina, fino al pomeriggio trasportai le salme alle camere mortuarie. Restai alla guida fino alle tre di notte”.
Il corteo lunghissimo, ordinato, silenzioso, tutti con la mascherina, che prima occupa gran parte di via Indipendenza poi tutta la piazza e il viale davanti alla stazione. Tantissima gente, almeno diecimila persone a occhio. Davanti il grande striscione “Bologna non dimentica”, anima e cuore di questa città simbolo della sinistra e dell’Italia democratica. Poi i gonfaloni dei tanti Comuni presenti e un altro striscione bianco e nero che ricorda le cifre terribili della strage, 85 morti e 200 feriti. Subito dietro i famigliari delle vittime con le gerbere bianche al petto, che camminano tra un cordone ininterrotto di cittadini che li applaudono da sotto i portici, freschi del riconoscimento Unesco come “patrimonio dell’umanità” . Ai lati della via, le pietre di inciampo appena collocate con i nomi di tutte le ottantacinque vittime.
L’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che sfila tra la folla in corteo come un cittadino qualunque, con le persone che lo riconoscono, lo applaudono, lo fermano, chiedono selfie. Così come Pierluigi Bersani – ma questa non è una novità – il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Elly Schlein e il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra.
Parole – Sergio Mattarella: “Fu un attentato dinamitardo ad opera di menti ciniche che puntavano alla destabilizzazione della democrazia italiana… un gesto eversivo diretto contro il popolo italiano… Conclusioni giudiziarie hanno messo in luce la matrice neofascista della bomba. Non tutte le ombre sono state dissipate e forte è, ancora, l’impegno di ricerca di una completa verità”.
Marta Cartabia, ministro della Giustizia, che cita Guccini: ” Questo è un popolo che non si rassegna e non si avvilisce, Bologna sa stare in piedi per quanto colpita… Le schegge della bomba hanno colpito tutti noi. Il processo in corso è una necessità per la storia del Paese, la stazione di Bologna è uno snodo storico dell’Italia. Le nubi ora si stanno diradando. Abbiate fiducia nel governo e nello Stato. Oggi rinnoviamo qui il più solenne impegno per giungere all’accertamento dei fatti. Bologna può contare su di me”.
ll cardinale Matteo Zuppi, vescovo di Bologna: “Chi sa parli. Chiedo con ostinazione a chi sa qualcosa che può aiutare la ricerca della verità e riscattare la colpa sua o di qualcun altro, di dimostrare di essere una persona aiutando le indagini”.
Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione famigliari delle vittime: “C’è un filo nero che parte da Portella della Ginestra fino alle stragi del 1992. Gli apparati dello Stato entrano in campo ogni volta a coprire le trame eversive e ci sono sentenze per ogni strage che lo confermano. E’ un fatto appurato che l’estrema destra fu protetta dai servizi segreti. Fiumi di sangue in cambio di fiumi di denaro. Giuseppe Falcone lo aveva capito…. Le implicazioni che emergono dal processo ai mandanti che è in corso sconvolgono. Conoscere i retroscena di Bologna permetterà di capire altri fatti come l’uccisione di Aldo Moro e di Piersanti Mattarella. Ma ancora oggi sono in tanti a fare di tutto per nascondere la verità. Il processo ai mandanti procede nell’indifferenza della stampa nazionale, come se fosse solo un fatto bolognese”.
Pierluigi Bersani: “Verrà fuori che Bologna è stato il punto cruciale della strategia eversiva, largamente finanziata, di una parte di Stato infettato in quel periodo storico. Bologna ne è sempre stata convinta”.
Emozioni- I tre minuti di applausi seguiti al discorso di Paolo Bolognesi dal palco in stazione, che ha detto ai presenti: “Voi siete l’oro che ripara le nostre ferite”.
Il minuto di silenzio dopo i tre fischi del locomotore, e il lunghissimo applauso alle 10.25.
Il sindaco di Bologna Virginio Merola che si commuove quando ricorda che questa sarà la sua ultima volta sul palco con la fascia di primo cittadino. “Ma ci sarò sempre in piazza – dice – perché l’impegno civico me lo avete insegnato voi e quello durerà tutta la vita”.
La consegna del Nettuno d’Oro, massima onorificenza del Comune di Bologna, all’Associazione famigliari delle vittime: “Avete restituito dignità alla Repubblica – dice il sindaco Merola consegnando il Nettuno a Bolognesi – non avete mai arretrato nel chiedere la verità”.