Gli escamotage studiati per evitare di rinviare la partenza per le vacanze non sono neanche così fantasiosi.
Da Roma a Rimini, da Capri al Salento sono decine i casi di persone che, risultate positive al tampone per il Covid-19, non si fanno trovare dalle Asl per non essere costretti a sottoporsi alla quarantena.
Il motivo? Salvare le vacanze. Il numero maggiore si registra a Roma e provincia, dove ben 250 persone da inizio agosto sono risultate irrintracciabili o perché, in fase di test, avevano fornito un numero di telefono falso o perché non hanno risposto alle numerose telefonate.
“Sono soprattutto persone che fanno il test rapido in farmacia – ha spiegato a Il Messaggero il direttore del Sisp dell’Asl Roma 1, Enrico Di Rosa – e poi, quando ottengono il referto positivo, staccano il telefono, per evitare di fare il molecolare di conferma: l’unico tampone che vale a livello diagnostico per dichiarare la positività al Covid”.
Lo stesso schema si ripete in molti parti d’Italia, soprattutto nei luoghi di vacanza. Circa 30 casi di positivi introvabili sono stati segnalati a Capri, 20 nel Salento, svariati a Rimini, ma anche in Abruzzo e in Sicilia. Tra i “furbetti” del Covid c’è chi non risponde al telefono, chi aveva precedentemente fornito un numero di cellulare falso, chi immediatamente dopo il test è partito per il mare, chi si rifiuta di fornire i contatti stretti per il tracciamento. Un sistema che non fa altro che causare ancora più contagi. Le Asl segnalano i casi alle forze dell’ordine e per i “fuggitivi” la sanzione amministrativa va dai 400 ai 3mila euro.
C’è, poi, il problema dei test fai-da-te, acquistabili in farmacia o anche nei supermercati, per cui non è previsto alcun tracciamento. In questo caso se si risulta positivi al Covid, nessuna autorità sanitaria avrà a disposizione gli strumenti per poter fermare la catena del contagio.
Per questo molti farmacisti, anche per una scelta etica, si sono rifiutati di rimetterli in commercio, proprio pe rl’impossibilità di monitorare gli infetti.
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