Quanto volte sarebbe bastato un gesto di coraggio per evitare tutto questo prima, anche se meglio tardi che mai.
“Ogni giorno lo umiliava, lo insultava, sputava sulle sue cose e nel suo bicchiere, gli prendeva le mani, come fosse una marionetta e “nessuno diceva nulla”.
E’ un passaggio di un tema in classe sull’uguaglianza svolto dagli alunni di una seconda media di Torino che ha portato alla luce le vessazioni di un loro compagno, disabile, subite da un bullo.
Una denuncia che ha portato a processo gli insegnanti (di sostegno e di potenziamento) con l’accusa di “concorso in atti persecutori per omesso controllo”.
I fatti risalgono al 2015, ma ieri il pubblico ministero ha chiesto una condanna a un anno e 6 mesi per i professori che non hanno vigilato: “Erano quasi sempre assenti – hanno testimoniato gli studenti – E quando c’erano, erano impegnati a guardare il cellulare o il tablet”.
Il giorno del tema, il bullo era assente e alcuni degli altri studenti hanno trovato il coraggio di raccontare le umiliazioni e le vessazioni che il loro amico, affetto da encefalomalacia, era costretto a subire, ogni giorno.
Durante l’intervallo o l’ora di alternativa, il bullo andava nell’auletta del primo piano a cercare la sua vittima, nell’indifferenza totale dei professori che avrebbero dovuto vigilare. E così il bullo agiva incontrastato: tra i coetanei era riuscito a creare un clima di totale sottomissione.
“Avevo paura a parlare, temevo che gli altri non mi avrebbero seguita”, ha spiegato agli inquirenti una ragazzina. Nessuno osava opporsi. Lui non è finito a processo: ora ha diciotto anni, ma all’epoca dei fatti non aveva ancora 14 anni e non era imputabile. L’insegnante di sostegno invece ha patteggiato un anno di reclusione, mentre quello di potenziamento ha scelto di affrontare il processo.