Il no Green pass che aveva insultato Liliana Segre ora si scusa: "Mie parole inappropriate, non sono razzista"
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Il no Green pass che aveva insultato Liliana Segre ora si scusa: "Mie parole inappropriate, non sono razzista"

Gian Marco Capitani aveva definito la senatrice "una donna che ricopre un seggio che non dovrebbe avere perché porta vergogna alla sua storia: dovrebbe sparire da dove è"

Gianmarco Capitani
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16 Ottobre 2021 - 19.10


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Il peso delle parole deve essere sempre valutato prima, è molto facile chiedere scusa dopo.

Durante la manifestazione a Bologna contro il Green pass, aveva definito Liliana Segre “una donna che ricopre un seggio che non dovrebbe avere perché porta vergogna alla sua storia: dovrebbe sparire da dove è”.
Ora, Gian Marco Capitani del movimento no Green pass si scusa attraverso una lettera aperta, in cui “spiega” le sue parole.

“Nell’impeto del momento – scrive rivolgendosi alla senatrice a vita – ho detto che Lei dovrebbe ‘sparire da dov’è. Il termine ‘sparire’ è stato certamente infelice e mi dispiace non essermi espresso in modo più appropriato. La mia opinione è semplicemente legata al ruolo di presidenza della commissione per il contrasto dell’intolleranza da Lei ricoperto. In quel ruolo ritengo che Lei abbia il dovere di esprimersi contro ogni violenza, anche se è rivolta a chi non la pensa come Lei”, scrive l’attivista per poi sottolineare: “Non sono un razzista”.

“Non ho mai negato la Shoah e di certo non sono antisemita – prosegue -. Ho provato ad interloquire con Lei nella certezza di poter trovare ascolto e mi son ritrovato giudicato per una singola parola. Nell’ultimo anno e mezzo non si contano le frasi violente e le istigazioni alla violenza espresse nei confronti di chi ha una diversa opinione sulla campagna di vaccinazione di massa in corso. A reti unificate, 24 ore su 24, si è scatenata un’autentica campagna d’odio che, temo, abbia fatto molto male al Paese”.

“Ecco Senatrice – aggiunge -, su questo avrei tanto voluto sentire la Sua voce, una parola di ferma condanna nei confronti di chi ha scatenato una sorta di caccia all’uomo. Questa non è violenza? Non è discriminazione? Non c’è istigazione all’odio nel far passare l’equazione manifestanti uguale terroristi? Ho provato a rivolgermi a Lei perché sono certo che Lei più di chiunque altro possa capire cosa significhi sentirsi discriminati. Lei più di altri può comprendere cosa significhi essere segnati con una sorta di marchio di infamia”.

La solidarietà – Tutti stretti intorno a Liliana Segre, tra l’altro nel giorno in cui si ricorda il rastrellamento del Ghetto di Roma, il 16 ottobre del 1943. La solidarietà, dopo gli insulti ricevuti, è bipartisan. A partire dal primo cittadino del capoluogo emiliano-romagnolo, Matteo Lepore, che ha definite quelle parole “vergognose. Rivelano ancora una volta il filo nero che attraversa molte di queste manifestazioni”.
La solidarietà è arrivata da politici di ogni schieramento, dai ministri Mariastella Gelmini, Renato Brunetta, Mara Carfagna, al leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, a Loredana De Petris di Leu così come dal segretario della Cisl Luigi Sbarra (“Siamo qui nel giorno del rastrellamento del ghetto di Roma e mandiamo a Liliana Segre la nostra più forte vicinanza e solidarietà”, ha detto alla manifestazione indetta dai sindacati confederali a Piazza San Giovanni), dalla presidente del Senato Elisabetta Casellati e dal presidente della Camera Roberto Fico.

 

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