Le Ong salvavita sono eroi del mare: Lamorgese non si prenda meriti che non ha
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Le Ong salvavita sono eroi del mare: Lamorgese non si prenda meriti che non ha

Pensate a questo: se non ci fossero state quelle navi, mille persone sarebbero affogate nel “mare della morte”: il Mediterraneo.

Ocean Viking
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

4 Novembre 2021 - 17.27


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Pensate a questo: se non ci fossero state quelle navi, mille persone sarebbero affogate nel “mare della morte”: il Mediterraneo.

Pensate a questo: quelle navi salvavita sono state criminalizzate, sequestrate. Hanno fatto di tutto per impedir loro di mettersi in mare. Ministri di destra, di “sinistra”, tecnici. Ma loro non hanno desistito. 

Gli eroi del mare

Oltre mille migranti al largo di Lampedusa a bordo di due navi ong chiedono di sbarcare. Ottocento sulla ‘Sea-Eye4’, 245 sulla ‘Ocean Viking’ di Sos Mediterranee.  Forte la pressione sulle coste siciliane, soprattutto dopo il drammatico salvataggio nella notte da parte della nave di Sea-Eye e Mission Lifeline: oltre 400 i migranti soccorsi: erano su una barca che aveva una grossa falla. Diverse persone erano in acqua senza salvagente e sono state recuperate. L’evacuazione e il trasbordo sulla ‘Sea Eye 4’ sono stati completati dopo mezzanotte. Più di 800 sono ora sulla nave di soccorso che ha preso la rotta per Lampedusa. “Malta aveva ignorato le segnalazioni dell’emergenza in mare da parte di Alarm Phone, anche se la barca si trovava nella zona di ricerca e soccorso maltese”, accusa. “Quattrocento persone salvate nella notte da navi civili Sea Eye4 e Rise Above. Chiediamo che le autorità italiane assistano subito gli 800 a bordo Sea Eye e ne garantiscano lo sbarco in un porto sicuro”, chiede Mediterranea saving humans. “Il salvataggio delle circa 400 persone – afferma Alarm Phone – ha richiesto molte ore e molte persone sono cadute in acqua. Le persone non dovrebbero essere costrette a rischiare la vita per raggiungere l’Europa”. 

Secondo la ricostruzione dei fatti, i migranti si trovavano in pericolo di vita a bordo di un’imbarcazione in legno a doppio ponte. Quando l’unità civile veloce Rise Above è arrivata sul posto il barcone presentava una falla nello scavo e stava imbarcando acqua, diverse persone erano in mare senza salvagente e sono state recuperate prima che affogassero.

L’evacuazione dell’imbarcazione è stata completata solo dopo la mezzanotte. Una persona, che aveva perso conoscenza, è stata rianimata nel corso delle operazioni. Nonostante il barcone in pericolo si trovasse in acque internazionali in zona Sar di competenza maltese, e Alarm Phone avesse segnalato il caso fin dalla mattina di ieri, aggiornando continuamente sulla posizione e le condizioni della barca, “le autorità di Malta – accusa Mediterranea saving humans – hanno ignorato le richieste di intervento d’emergenza. E solo la presenza e l’attivazione delle navi della società civile europea hanno evitato un naufragio con centinaia di potenziali vittime”.

Dopo sette diversi interventi di soccorso realizzati nelle ultime 48 ore, ci sono ora più di 800 persone a bordo della Sea-Eye 4 che si è diretta verso Lampedusa. “Chiediamo che le autorità Italiane si attivino immediatamente per prestare la massima assistenza possibile alle persone soccorse – aggiunge – garantendo il loro tempestivo sbarco in un porto sicuro. Il governo italiano, insieme agli altri Stati membri e alle istituzioni europee, di fronte alle persone in fuga dall’inferno libico e all’attuale situazione in mare, considerino l’urgente ripristino di una missione Sar nel Mediterraneo centrale con l’impiego delle navi disponibili della Guardia costiera e della Marina militare”.

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Intanto, migliaia di persone bloccate in Libia manifestano davanti al quartier generale dell’Unhcr a Tripoli da un mese.

Le proteste autonome sono iniziate all’inizio di ottobre 2021 dopo raid di massa e arresti violenti. Insieme, spiega la ong tedesca Sea Watch, i manifestanti chiedono “la cessazione delle violazioni dei diritti umani, della tortura, degli arresti arbitrari, delle persecuzioni e dei ricatti di cui sono sottoposti in Libia”.

Protestano contro “la mancanza di aiuti da parte delle organizzazioni internazionali e dell’Ue e chiedono l’evacuazione immediata delle persone minacciate dalla Libia”. 

La politica che non vuol vedere

“Abbiamo navi di Ong che hanno tanti migranti a bordo. E’ giusto che si salvino, ma è ingiusto che sia solo l’Italia” a farlo. “Non può essere un carico che deve avere solo il Paese di primo approdo”. Così la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, parlando alla firma di un protocollo d’intesa per corridoi umanitari di afghani. “E’ ingiusto anche perché siamo in pandemia e abbiamo difficoltà organizzative. Di questo – ha aggiunto – ne ho sempre parlato con la commissaria europea Ylva Johansson e lo farò anche in questi giorni. Serve maggiore partecipazione dei Paesi europei per una giusta redistribuzione dei migranti secondo il principio di solidarietà”

La Lega all’attacco

La posizione della Lega sulla questione è affidata al senatore Roberto Calderoli. “La Sea Eye e la Ocean Viking che stanotte hanno recuperato 800 immigrati in acque maltesi facciano rotta verso Malta, non verso Lampedusa, ha dichiarato l’esponente leghista in una nota. “Non esiste – ha poi proseguito Calderoli – che navi straniere di Ong straniere con clandestini raccolti in acque straniere approdino in un porto italiano. Non esiste che sia l’Italia a doversi fare carico di immigrati recuperati in acque maltesi”.

Quel rapporto che inchioda

La missione di inchiesta indipendente delle Nazioni Unite ha esaminato la situazione di migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Libia a partire dal 2016, arrivando alla conclusione che “violazioni contro i migranti sono commesse su vasta scala da attori statali e non statali, con un alto livello di organizzazione e con l’incoraggiamento dello Stato, il che indica crimini contro l’umanità”. E’ quanto ha sottolineato nel comunicato diffuso dall’ufficio Onu per i diritti umani uno dei tre esperti della missione, Chaloka Beyani. 

Stando a quanto si legge nel rapporto, “dalle prove raccolte, tra cui interviste a 50 migranti, si desume che dal momento in cui i migranti entrano in Libia per raggiungere l’Europa sono sistematicamente sottoposti a una litania di abusi”. Tuttavia, per limiti di tempo e risorse, la missione si è concentrata sulle violazioni e gli abusi commessi in Libia, in particolare sull’azione della Guardia costiera libica che intercetta i migranti in mare e sui centri di detenzione dove vengono trasferiti, e “dove affrontano condizioni intollerabili studiate per provocare sofferenze e voglia di ricorrere a ogni mezzo di fuga, anche al versamento di grosse somme di denaro a milizie, bande criminali, trafficanti e contrabbandieri che hanno legami con lo Stato e traggono profitto da questa pratica”. Nel rapporto si precisa che la missione ha stabilito che dal 2016 la Guardia costiera libica ha intercettato circa 87.000 migranti e attualmente sono quasi 7.000 i migranti presenti nei centri di detenzione, “tra cui grandi percentuali di bambini”. 

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Sebbene le autorità libiche siano state informate degli abusi, invece di avviare indagini e riforme, “hanno continuato con l’intercettazione e la detenzione di migranti”, si denuncia nel rapporto. Per cui il quadro emerso dall’indagine “fornisce fondati motivi per ritenere che atti di omicidio, riduzione in schiavitù, tortura, detenzione, stupro, persecuzione e altri atti disumani commessi contro i migranti facciano parte di un attacco sistematico e diffuso diretto a questa popolazione, a sostegno di una politica di Stato” e “in quanto tali questi atti possono costituire crimini contro l’umanità”. Nel rapporto si sottolinea quindi la necessità di “ulteriori indagini per definire il ruolo di tutti coloro che sono coinvolti, direttamente o indirettamente, in questi crimini”. 

Il numero di migranti morti in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa è più che raddoppiato quest’anno.

Lo ha reso noto l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), che ha invitato gli Stati a prendere provvedimenti urgenti.Secondo le statistiche pubblicate in un nuovo rapporto, almeno 1.146 persone sono morte in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa nella prima metà del 2021. Nel 2020, 513 erano morte nello stesso periodo e 674 nel 2019. La maggior parte dei decessi è stata registrata nel Mediterraneo (896), circa 250 nel tentativo di raggiungere le Isole Canarie, nell’Oceano Atlantico.”L’Oim ribadisce la richiesta agli Stati di adottare misure urgenti e proattive per ridurre la perdita di vite umane sulle rotte migratorie marittime verso l’Europa e per rispettare gli obblighi previsti dal diritto internazionale”, ha affermato il direttore generale dell’Oim Antonio Vitorino, in una nota, “Aumentare gli sforzi di ricerca e soccorso, mettere in atto meccanismi di sbarco prevedibili e garantire l’accesso a rotte migratorie sicure e legali sono passi chiave per raggiungere questo obiettivo”, ha sottolineato. Nei primi sei mesi dell’anno, la maggior parte dei decessi è stata registrata nel Mar Mediterraneo (896), con un aumento del 130% rispetto allo stesso periodo del 2020. La maggior parte è morta nel Mediterraneo centrale (741), regolarmente descritta dalle agenzie umanitarie come la rotta più pericolosa al mondo, seguita dal Mediterraneo orientale (149). Sei migranti sono morti cercando di raggiungere la Grecia via mare dalla Turchia. Nello stesso periodo, almeno 250 migranti sono morti in mare durante il tentativo di raggiungere le Isole Canarie, nell’Atlantico. Tuttavia, queste cifre sono sicuramente molto inferiori alla realtà, sottolinea l’Oim, sostenendo che “centinaia di casi di naufragi invisibili” sono segnalati da Ong che sono in contatto diretto con chi è a bordo o con le loro famiglie. “Questi casi, estremamente difficili da verificare, mostrano che il numero di morti sulle rotte marittime verso l’Europa è molto più alto di quanto indicano i dati disponibili”, aggiunge l’organizzazione internazionale con sede a Ginevra. 
I più indifesi tra gli indifesi

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Continuano a ripetere il racconto di quello che hanno vissuto, le immagini strazianti del naufragio che ha coinvolto diverse donne e bambini e al quale sono miracolosamente sopravvissuti. Le testimonianze strazianti dei due minori che abbiamo raccolto nell’hotspot di Lampedusa ci lasciano ancora una volta sgomenti di fronte al dolore che troppi bambini, donne e uomini stanno vivendo e alla vite che continuano ad essere sacrificate anche a causa della mancanza di un sistema strutturato di ricerca e soccorso in mare”. Cosi Giovanna Di Benedetto, portavoce di Save the Children a Lampedusa riporta le testimonianze di due dei ragazzini sopravvissuti in uno dei tanti naufragi nel quale avrebbero perso la vita molte donne e bambini.  “Hanno raccontato che a un centro punto la barca in cui viaggiavano già da un po’, sulla quale c’erano diverse donne anche incinte e bambini molto piccoli, si è capovolta e si sono ritrovati in acqua. Hanno iniziato a bere, sono finiti sott’acqua, hanno fortemente temuto di annegare e poi hanno visto tanta gente morire attorno a loro. Immagini terribili per chiunque, figuriamoci per due ragazzini, che viaggiavano soli, senza alcuna figura cara”.

Un episodio tra i mille che hanno segnato anni di sofferenze, di tragedie in mare, di brutali respingimenti che non hanno risparmiato i più indifesi tra gli indifesi: i bambini.

Verità scomode

“Persone in mare senza giubbotto di salvataggio, in centinaia nel panico ancora sul barchino già allagato dall’acqua. Se i volontari di Sea-Eye e Mission Lifeline non fossero arrivati in tempo, forse oggi si conterebbero altri morti nel Mediterraneo”, scrive Alessia Candito su Repubblica.  

E’ la pura e semplice verità. Come lo è quella che Sergio, Scandura, l’inviato di Radio Radicale che il Mediterraneo conosce come le sue tasche, affida a un Tweet:”L’Italia che salva, un corno. Nel Mediterraneo centrale ci sono solo i soccorritori Ong a salvare le Persone in fuga dall’inferno libico. Diciotti, Dattili, Gregoretti non pervenute. Le navi Sar stanno ferme all’ormeggio di Catania o le mandano in mare per controlli di pesca”.

Chi salva chi, ministra Lamorgese? E non crede che le Ong salvavita dovrebbero essere sostenute, o quanto meno ringraziate, invece di essere ancora “attenzionate”? 

 

 

 

 

 

 

 

 

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