La crisi ha colpito il mondo del lavoro in modo profondo e netto: sono aumentati nell’ultimo anno i lavoratori a nero in ogni settore. Oggi il blitz dei Carabinieri, Guardia di finanza e Ispettorato Territoriale del Lavoro a Como proprio per contrastare questo fenomeno e verificare il rispetto delle norme anti-Covid.
Sabato 4 e nella mattinata di domenica, nel capoluogo ad una pasticceria, sono state contestate 16 violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro; una ditta di installazioni di luminarie natalizie, con sede nel milanese, è stata sorpresa nella centrale via Natta, mentre impiegava tre lavoratori, uno dei quali in nero, intenti a montare gli addobbi ad oltre 4 metri di altezza, sprovvisti di idonee attrezzature per evitare possibili cadute dall’alto.
È stata così disposta l’immediata sospensione dell’attività. Invece, ad un’enoteca, ove era in corso una degustazione con la presenza di clienti in un numero quattro volte superiore a quello consentito, è stata comminata una sanzione di 1.000 euro e disposta la chiusura per un giorno per violazioni sulle misure di contenimento del ”Covid-19.
Nel contempo, nella zona del canturino, sono stati scoperti 2 lavoratori in ”nero”, uno di nazionalità cinese, l’altro del Bangladesh. Il primo prestava la propria opera presso un parrucchiere, mentre l’altro presso un autolavaggio. L’Ispettorato Territoriale del Lavoro, a seguito del controllo, ha disposto la sospensione dell’attività nei confronti del parrucchiere, in quanto, i lavoratori in nero accertati superavano la soglia del 10% della totalità dei lavoratori impiegati.
Nel corso dei controlli, sono stati inoltre verificati i cc.dd. ”green pass”, resi obbligatori, a partire dallo scorso 6 agosto, per poter usufruire di taluni servizi all’interno di attività commerciali, quali bar e ristoranti al chiuso. Poiché sprovvisti del ”certificato verde”, sono stati sanzionati, nel comune di Tavernerio, un lavoratore di nazionalità pakistana di un esercizio commerciale, mentre in quello di Ponte Lambro un cliente di nazionalità senegalese. Al datore di lavoro cinese e all’esercente pakistano veniva contestata l’omessa vigilanza sulla validità del certificato.