Da lunedì si aggiungeranno alla zona gialla, oltre che la Calabria anche, il Friuli Venezia Giulia e la provincia di Bolzano. Ieri in Italia si sono superati i 20mila casi Covi; ora urge trovare soluzioni per tenere a bada il virus.
La quarta ondata di Covid in Italia è iniziata con l’autunno e seppure con un incremento graduale molto minore rispetto al vero e proprio tsunami che ha travolto i paesi dell’Est Europa prima e Germania e Regno Unito poi, i nuovi contagi giornalieri hanno sfondato ieri il muro di 20mila nuovi casi anche in Italia dove da lunedì saranno tre i territori in zona gialla con la regione Calabria che si aggiungerà a Friuli Venezia Giulia e alla provincia di Bolzano.
Ma quanto potrà peggiorare la situazione? Tutti i dati e le previsioni dicono che potrà andare molto peggio di ora. Lo mette nero su bianco lo stesso Istituto Superiore di Sanità nell’ultimo report sulla situazione epidemiologica in Italia da cui emerge la fotografia di una epidemia in espansione con alcuni territori più duramente colpiti.
Alcune regioni rischiano la zona gialla già prima di Natale con maggiori restrizioni già dal 20 dicembre: si tratta della provincia autonoma di Trento, già questa settimana sulla soglia di allerta per occupazione di terapie intensive e posti letto in area medica, ma anche di Liguria, Marche, Veneto, Valle d’Aosta e Lazio. Più stabile la situazione in Lombardia grazie anche all’alta disponibilità di posti letto.
Tuttavia basta spostare l’orizzonte a dopo le festività per assistere ad un cambio di scenario che ha toni ben più drammatici. Vediamo insieme i dati: l’istituto superiore di sanità stima la probabilità che nei prossimi trenta giorni possano essere superati i livelli critici di occupazione dei posti letto in terapia intensiva e in area medica.
Ricordiamo che l’area gialla scatta con il 10% di occupazione delle terapie intensive e il 15% negli altri reparti ospedalieri non in area critica: solo Molise, Basilicata, Campania e Sicilia hanno una alta probabilità di restare in zona bianca mentre il resto d’Italia dopo la Befana sembra destinata all’area gialla.
Poco male si potrebbe pensare dato che diventerebbe obbligatorio giusto la mascherina all’aperto come già è realtà in molte città. Ma la situazione cambia con il passaggio in area arancione dove le restrizioni scattano per tutti i non vaccinati. L’Iss stima che vi sia una buona probabilità che il raggiungimento del 20% di occupazione delle terapie intensive e il 30% in area medica possa riguardare Piemonte, Bolzano e anche Sardegna sarebbe a rischio.
L’Iss stima inoltre come sia altamente probabile (probabilità maggiore del 50%) che entro trenta giorni alcune regioni finiscano in area rossa con restrizioni che colpiscono tutti, vaccinati inclusi. Si tratta di Veneto, Liguria, Abruzzo. A rischio anche Marche, Emilia Romagna e Calabria.
E questi dati, è bene ricordarlo sono solo stime che non tengono conto dell’impatto che avrà la diffusione della variante Omicron. Nel Regno Unito sono stati pubblicati nuovi dati che mostrano la capacità della mutazione di aggirare lo scudo immunitario offerto dai vaccini, così come dalle precedenti infezioni da covid: si stima che solo con una dose booster si possa recuperare una buona percentuale di scudo dall’infezione mentre una doppia dose di vaccino Astrazenca non offra alcuna protezione dal contagio.
A conti fatti i tempi di raddoppio dei contagi potrebbe essere di appena tre giorni, con una progressione che porterebbe a un milione di nuovi casi al giorno entro Natale solo nel Regno Unito.
Troppo presto per aver dati certi quanto alla pericolosità dell’infezione da Omicron anche se pare possa dare una malattia con sintomi più lievi.
Di una situazione difficile parla già oggi la Società Italiana della Medicina di Emergenza Urgenza che parla della difficoltà di ricoverare i pazienti entro le 24-36 ore. “Che piaccia o no: oggi la maggior parte dei ricoverati per COVID sono persone non vaccinate” spiega il dott. Beniamino Susi, Responsabile nazionale dei Rapporti con le Regioni di Simeu. “Ciò che invece è drammatico è l’impossibilità di ricovero di tanti pazienti non Covid. Si stanno convertendo reparti normali in reparti Covid e questo taglia il numero dei posti letto disponibili per altre patologie” conclude.
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