Migranti, perché il loro dolore e i loro diritti tornino a fare notizia
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Migranti, perché il loro dolore e i loro diritti tornino a fare notizia

Quel tratto di mare segna un altro triste record. Le catture di migranti in fuga dalla Libia da parte della sedicente «guardia costiera» di Tripoli sono state 32.425 fino a Natale. Quasi il triplo delle 11.891 dello scorso anno.

Migranti, perché il loro dolore e i loro diritti tornino a fare notizia
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31 Dicembre 2021 - 17.44


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Migranti, Notizie ai margini. Nonostante i morti aumentino, come il dolore e la disperazione di una umanità in fuga da guerre, pulizie etniche, sfruttamento brutale, povertà assoluta, disastri ambientali.

Bilancio di un anno infelix

Nel corso del 2021 almeno 1.864 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo. Più delle 1.448 del 2020 e meno delle 1.885 del 2019. Dal 2014, quando l’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) ha avviato il monitoraggio «Missing migrants», mancano all’appello in 23.150. La rotta più mortifera è ancora quella centrale con 1.506 vite perse. Quel tratto di mare segna un altro triste record. Le catture di migranti in fuga dalla Libia da parte della sedicente «guardia costiera» di Tripoli sono state 32.425 fino a Natale. Quasi il triplo delle 11.891 dello scorso anno. Circa 20mila migranti sono stati invece riportati a terra dalle autorità di Tunisi, «sotto le pressioni esercitate dal governo italiano che ha fornito delle motovedette a questo scopo». Lo afferma il Forum tunisino per i diritti economici e sociali in un rapporto pubblicato il 20 dicembre.

I dati del ministero dell’Interno segnavano 67.040 sbarchi. In un caso su sette si è trattato di minori stranieri non accompagnati: 9.478. Tra le nazionalità svetta quella tunisina con 15.671 individui. Distaccate le altre: Egitto (8.352), Bangladesh (7.797), Iran (3.903). Il primo paese dell’Africa subsahariana è la Costa d’Avorio, con 3.807 persone. La Tunisia è in testa anche alla classifica delle espulsioni: al 15 novembre erano 3mila, di cui oltre la metà verso il paese nordafricano.

Non fanno notizia

Di grande interesse in merito è il report di Emanuela Camilli su redattoresociale.it.

Scrive Camilli: “Complice la pandemia da coronavirus che ha monopolizzato il mondo dell’ informazione, secondo l’ultimo rapporto dell’associazione Carta di Roma Notizie ai margini, nel 2021 sono 660 gli articoli in prima pagina dedicati al tema, il 21 per cento in meno rispetto al 2020, anno in cui già si registrava già una flessione dell’attenzione nell’agenda dei media. Il mese con maggiori notizie dedicate è stato agosto con la presa del potere da parte dei talebani in Afghanistan e la ripresa degli sbarchi verso l’Italia, che a fine 2021 si attestano a quota 64mila.  “Le notizie che in questi anni hanno catalizzato l’attenzione, ispirato campagne elettorali, condizionato le politiche europee, nutrito l‘odio di molti, portato la paura nelle nostre case, nel 2021 sono rimaste prevalentemente lì, in quello spazio un po’ indefinito a due passi dall’indifferenza. Eppure quelle notizie ci sarebbero ancora ma invece restano ai margini e suona davvero strano – sottolinea Valerio Cataldi, presidente di Carta di Roma.

In questo contesto di marginalità sono passati sotto silenzio anche alcuni attacchi al diritto d’asilo all’interno degli Stati europei per gestire i flussi alle frontiere. Il caso più raccontato mediaticamente è stato quello della crisi diplomatica al confine tra Polonia e Bielorussia. Il governo Lukashenko, dopo aver fatto arrivare in aereo migliaia di profughi (per lo più curdi e afgani) li ha spinti verso il confine polacco. Per settimane i due stati hanno dato vita a un vero e proprio braccio di ferro sulla pelle delle persone. Intanto ai profughi era impedito di chiedere protezione nei paesi europei. La commissione Ue per risolvere la situazione ha elaborato una proposta straordinaria di sei mesi che prevede la sospensione di alcune regole su asilo per i tre paesi di confine: Polonia, Lettonia e Lituania. La proposta prevede una semplificazione dei rimpatri e un limite di tempo più lungo per registrare le domande di asilo (da dieci giorni a 4 settimane). Non solo, ma la proposta apre anche alla possibilità di trattenere temporaneamente i richiedenti asilo. Una deroga ai principi che regolano il diritto d’asilo che è stata ampiamente criticata dai giuristi italiani e internazionali. Ma non è l’unica violazione.

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Secondo il report Human dignity lost at the EU’s borders, elaborato dal Danish refugees Council e alcune agenzie partner (comprese in Italia Asgi e Diaconia Valdese) per tutto il 2021 le regole internazionali sulla protezione sono state sistematicamente violate in diverse aree dell’Ue. In particolare, da gennaio 2021, le organizzazioni hanno incontrato 11.901 persone che hanno denunciato respingimenti alle frontiere interne e esterne dell’Unione Europea. Il 32% dei respingimenti riguarda persone provenienti dall’Afghanistan, molte delle quali hanno visto negato il diritto di chiedere asilo (oltre il 60%). Le temperature invernali hanno contribuito al deterioramento delle condizioni umanitarie : oltre a veder negato il diritto d’asilo, le persone non hanno accesso a un riparo per la notte, vestiti caldi, cibo a sufficienza.

Tra i principi rimessi in discussione nel corso del 2021 anche quelli previsti dal trattato di SchengenAlcuni paesi del nord Europa (tra cui Francia e Germania) hanno chiesto di poter reintrodurre i controlli alle frontiere interne dell’Unione europea per contrastare i cosiddetti “movimenti secondari” (gli spostamenti dei migranti da uno stato all’altro dell’Unione). La Commissione Ue, anche in questo caso ha approvato una proposta che lo prevede in alcuni casi eccezionali. Il Paese membro dovrà “giustificare la proporzionalità e necessità della sua azione tenendo in considerazione l’impatto sulla libertà di circolazione” delle persone. ..”.

Così Camilli.

Annota Maso Notarianni su Domani: “Ieri le scelleratezze del ministro dell’Interno Matteo Salvini erano rivendicate e urlate ai quattro venti, oggi quelle della ministra Luciana Lamorgese sono camuffate da questioni burocratiche o amministrative. Poco importa, il risultato non cambia. I «piccoli di oggi», come li definisce il papa, vengono lasciati ad annegare, insieme alle loro madri e ai loro padri. O abbandonati nelle paludi gelate al confine tra Bosnia e Croazia, o nelle innevate foreste tra Polonia e Bielorussia. Che cos’altro deve accadere perché si possa riaprire gli occhi? Non possiamo né stupirci degli spostamenti di massa di esseri umani e nemmeno rimanere indifferenti alle loro sorti. Perché sappiamo che questi spostamenti sono in gran parte causati da noi”.

Un mondo in fuga

Nel 2020 sono riuscite a presentare domanda d’asilo in Italia appena 26.963 persone, con un crollo del 38% rispetto all’anno precedente. Fra gennaio e gli ultimi giorni di agosto, il 2021 ha registrato circa 30.500 richiedenti protezione, +93% rispetto allo stesso periodo del 2020. Alla fine del 2020 vivevano in Italia 128mila rifugiati in senso ampio, cioè beneficiari di uno status di protezione: poco più di 2 rifugiati ogni 1.000 abitanti. I valori di altri Paesi europei sono superiori: Francia, quasi 7 per 1.000 abitanti, Grecia, quasi 10 per 1.000, Germania, 14 per 1.000, fino alla Svezia, 25 per 1.000. Alla fine di ottobre 2021 si trovavano in accoglienza in Italia 80.486 fra richiedenti asilo, rifugiati e migranti. Sono le cifre fornite dal Report 2021 sul diritto d’asilo reso pubblico a metà dicembre dalla Fondazione Migrantes. Nel 2021 fra i principali Paesi di provenienza almeno cinque sono tra i più insicuri del pianeta: Pakistan, Nigeria, Egitto, Somalia e Mali. L’Africa è tornata ad essere nel 2021 il principale continente d’origine di coloro che cercano protezione nel nostro Paese (58% del totale, contro il 30-40% dei due anni precedenti, in cui prevalevano i richiedenti asiatici). Nel 2020 si è più che dimezzato, rispetto all’anno precedente, il numero di richiedenti asilo esaminati dalle Commissioni territoriali: da 95.060 mila a 42.604. Nel 2021 hanno ottenuto un esito positivo in Commissione territoriale il 40% circa dei richiedenti protezione, contro il 24% del 2020. Si va dal 9% per la nazionalità tunisina al 97,5% per quella afghana. Molto basse le incidenze per le tre cittadinanze principali: Pakistan 33%, Nigeria 30% e Bangladesh 13%. Sono 2.040 le persone assistite (per quattro quinti donne e ragazze) che nel 2020 hanno usufruito del programma nazionale di emersione, assistenza e integrazione sociale contro la tratta di esseri umani: fra loro, 1.500 di nazionalità nigeriana (72%). Nella gran parte dei casi le persone assistite sono state aiutate a liberarsi dallo sfruttamento di tipo sessuale (1.599 persone). Ma quasi 300 erano soggette a quello lavorativo.

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La Commissione Europea a guida von Der Leyen – scrive ancora il rapporto – ha presentato nell’autunno 2020 la sua proposta di riforma del sistema europeo d’asilo. “Approccio globale” e “nuovo meccanismo di solidarietà” sono le parole chiave per comprendere l’impostazione del Patto. Ma scavando appena sotto la superficie si scopre come le sue proposte concrete mescolino e sovrappongano ambiti che dovrebbero rimanere distinti. E, soprattutto, se ne deduce che l’obiettivo principale è quello di gestire con un unico approccio qualsiasi pressione migratoria sugli Stati membri. In questa nuova ottica la nozione di solidarietà assume un significato non più legato a una condivisione delle responsabilità nella gestione di un sistema d’asilo comune regolato da precise normative, ma piuttosto le sembianze di iniziative politiche imprecisate e però ben finalizzate a ostacolare o impedire l’accesso dei rifugiati in Europa. La proposta della Commissione stravolge, ridicolizzandola, la nozione di solidarietà, e dà forza a coloro che non vogliono alcuna effettiva equa ripartizione delle responsabilità. Una non riforma, dunque, non solo inutile ma oltremodo pericolosa.

Fino all’estate 2021 – ha evidenziato il rapporto – i livelli della “domanda di asilo” nei confini dell’Ue non aveva ancora raggiunto quelli del pre-pandemia». Le persone che hanno potuto accedere alla richiesta di asilo (ma non anche all’accoglimento della loro domanda) sono state nei primi sei mesi del 2021 circa 200mila, più o meno lo stesso numero del primo semestre del 2020, investito dal fenomeno pandemico. Da marzo a giugno 2021, infatti, i richiedenti asilo registrati sono stati 103mila. Il doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando la prima ondata di Covid-19 aveva paralizzato il sistema dell’accettazione delle richieste e i migranti che avevano potuto ottenere una registrazione della propria domanda erano stati 48mila. Nei tre mesi precedenti (gennaio-marzo 2020) le registrazioni erano state 150 mila, cioè il triplo. Il Mediterraneo, anche quest’anno, è un immenso cimitero per centinaia e centinaia di migranti in fuga che cercano di raggiungere terra: nel 2021, primi undici mesi dell’anno, 1559 persone sono morte,recuperate o disperse per sempre in acqua. Un numero più alto rispetto al bilancio dello scorso anno, quando le vittime erano state 1448. Nel 2021, precisamente fino al 6 novembre, la Guardia costiera libica ha intercettato poi in mare – e riportato in territorio libico – 28.600 profughi.

 “Nei giorni in cui viene chiuso questo rapporto la tentazione di farsi prendere da un forte sconforto e senso di impotenza è davvero alta. La vecchia Europa sembra sempre più chiusa in se stessa e pochi sono gli spiragli di speranza, sia che si guardi ai singoli Stati, sia che si considerino le politiche dell’Unione. Entrare in Europa sarà sempre più difficile, costoso e pericoloso. Il tema della solidarietà rimane quasi solo una questione di principio, sia a livello globale, sia europeo che italiano”. Sono   le conclusioni del Rapporto d’asilo. “Non è però possibile arrendersi supinamente a questo scenario. Si può reagire – aggiungono nel Rapporto – a partire dal livello ‘locale’ italiano, guardando ai pochi ma significativi aspetti positivi che si affacciano timidamente alla ribalta e che hanno bisogno di fiducia e tenacia per poter prosperare: l’introduzione della nuova protezione speciale, le vie sperimentali per l’accesso legale e sicuro nel nostro Paese di minori attraverso i visti per studio, e il protagonismo dei rifugiati che iniziano a prendere pubblicamente parola nel dibattito pubblico e scientifico. Possono forse sembrare piccoli lumi in un panorama fosco e disperante, ma dimostrano anche che il cambiamento è sempre possibile e che va costruito giorno per giorno, mettendo insieme risorse e volontà plurali e trasversali”.

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Messaggio da Lesbo

È un’illusione pensare che basti salvaguardare se stessi, difendendosi dai più deboli che bussano alla porta. Il futuro ci metterà ancora più a contatto gli uni con gli altri. Per volgerlo al bene non servono azioni unilaterali, ma politiche di ampio respiro”. La storia “lo insegna ma non lo abbiamo ancora imparato. Non si voltino le spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso”. “È triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, dei fili spinati. Siamo nell’epoca dei muri, dei fili spinati”, Certo, “si comprendono timori e insicurezze, difficoltà e pericoli. Si avvertono stanchezza e frustrazione, acuite dalle crisi economica e pandemica, ma non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza”. “È invece unendo le forze per prendersi cura degli altri secondo le reali possibilità di ciascuno e nel rispetto della legalità – ha aggiunto -, sempre mettendo al primo posto il valore insopprimibile della vita di ogni uomo”. “È facile trascinare l’opinione pubblica instillando la paura dell’altro; perché invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio?”. “Vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica! Per rimuovere le cause profonde, non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate e grandezza di visione”. “Non scappiamo via frettolosamente dalle crude immagini dei piccoli corpi di bambini stesi inerti sulle spiagge. Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi”. “Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il ‘mare nostrum’ si tramuti in un desolante ‘mare mortuum’, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo ‘mare dei ricordi’ si trasformi nel ‘mare della dimenticanza’. Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!”.

Così Papa Francesco durante la sua recente visita a Lesbo, uno dei gironi dell’inferno per i migranti. 

Dare voce a chi una voce è negata. E’ l’impegno di Globalist anche per l’anno che sta entrando. Perché dolore e speranza dei tante/i senza diritti tornino a fare notizia. 

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