“Mi chiedono cosa farò ora che Draghi ha posto uno strambo “obbligo vaccinale” a tempo che finirà il 15 giugno. L’ho già detto, opporrò resistenza perché il mio corpo non è dello Stato. La lesione del diritto di milioni di lavoratori prosegue con il Pd complice. Ricorderemo tutto”.
C’è molto su cui riflettere su questo Tweet di Mario Adinolfi. Al di là della continua e recidiva negazione della gravità della pandemia, è sul passaggio sul ‘possesso’ del corpo che bisognerebbe concentrarsi. Un diritto, quello paventato da Adinolfi, che lui stesso è in prima linea, da anni, per negare alle donne che scelgono di abortire.
“Perché la donna quando abortisce interviene sul corpo di un bambino nascituro. Come oggi difendo il mio corpo dall’intervento indesiderato di terzi, così difenderò sempre il corpo di quel bambino. Non è difficile da capire” risponde Adinolfi piccato a chi gli fa notare questa evidente increspatura.
Adinolfi parla e agisce convinto che Dio e la dialettica lo salveranno da tante brutte figure. Come il fargli notare che vaccinarsi non è una scelta egoistica, ma collettiva: significa essere degni, e maturi abbastanza, da vivere in una società civile in una pandemia. Significa mettere al sicuro gli altri, prima che sé stessi. Significa, quindi, fare una scelta che tuteli la salute di altri corpi, oltre al proprio. E poi, come sempre: vale di più un corpo di un bambino non nato che quello di una persona già viva?