I Carabinieri del Nas di Parma hanno effettuato, negli ultimi 30 giorni, una campagna di controlli nazionale in “1.360 farmacie e centri di analisi, rilevando irregolarità in 170 di questi (pari al 12,5%) e contestando 282 violazioni”.
In tutta Italia i Nas hanno disposto “la sospensione di 21 punti di prelievo di tamponi rapidi condotti in condizioni igienico-strutturali carenti e con modalità non compatibili con la prosecuzione dell’attività, sono stati sequestrati 677 kit per tamponi rapidi non idonei e individuati 18 operatori che lavoravano senza Green pass e sono state accertate anche altre violazioni, con il sequestro di 650 confezioni di medicinali defustellati e 25.300 mascherine irregolari”.
Tra le operazioni più significative, il Nas segnala appunto il controllo svolto in una farmacia di Poviglio, nel reggiano, che ha portato alla denuncia di “due farmacisti e due studenti”. I due farmacisti, infatti, “esercitavano la propria attività sebbene sospesi dall’Ordine poiché non vaccinati”, mentre i due studenti “effettuavano tamponi rapidi sebbene sprovvisti dei previsti titoli abilitativi”. A carico di uno dei due studenti, inoltre, è stata accertata “la falsa attestazione della sottoposizione al vaccino anti-Covid al fine di ottenere un Green pass valido, pur non avendone titolo”.
Sempre il Nas di Parma ha poi denunciato il titolare di una farmacia di Luzzara, in provincia di Reggio Emilia, e un suo dipendente, in quanto quest’ultimo “eseguiva tamponi antigenici rapidi dichiarandosi farmacista”.
Nel corso del controllo sono state accertate “ulteriori violazioni riguardo l’esecuzione dei tamponi, effettuati in un luogo non idoneo e senza indossare i dispositivi di protezione individuale, nonché la vendita di medicinali soggetti a prescrizione medica senza la presentazione della ricetta”.
In provincia di Parma, invece, i militari hanno “avanzato alle autorità sanitarie la proposta di sospensione di due farmacie”.
In una, a Fidenza, sono state rilevate “l’omessa indicazione del luogo di esecuzione dei test antigenici e la parziale compilazione delle schede di ‘consenso informato’ dei clienti, non correttamente identificati”. Nell’altra, a Sissa, è invece emerso che “il personale addetto all’esecuzione dei tamponi non utilizzava dispositivi di protezione individuale (camice monouso e protezione oculare) e non sostituiva i guanti in lattice monouso tra un cliente e l’altro, omettendo anche di sanificare il luogo di somministrazione dei test”.