La bocciatura del quesito referendario sull’eutanasia è stato senz’altro quello che più ha fatto discutere, sia la politica che l’opinione pubblica. Il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha addirittura e inusualmente convocato una conferenza stampa per spiegare le motivazioni che hanno portato a questo risultato.
“Ha fatto bene il presidente Giuliano Amato a rispondere. Il primo dovere della Corte Costituzionale è spiegare. Poi leggeremo la motivazione”. Giovanni Maria Flick, da presidente emerito della Consulta, approva in un’intervista al Corriere della Sera il modo in cui Amato ha comunicato le decisioni. In particolare sul quesito sul fine vita, che non è stato accolto, parla di “polemiche ingiustificate” e spiega il perché.
“Non è stato accolto il quesito che in sostanza richiedeva di trasferire le norme sull’aiuto al suicidio all’omicidio del consenziente, attraverso la pronuncia della Corte. Ciò non è possibile con un referendum abrogativo che non può comportare aggiunte al quesito e al testo”.
Tre anni fa la Corte “aveva detto che l’aiuto al suicidio rimane reato”, ma quando c’è sofferenza intollerabile, infermità irreversibile e necessità di interventi salvavita continui aveva previsto “la possibilità di non punire chi aiuta il suicidio”.
“Perché l’aiuto al suicidio è cosa diversa dall’omicidio. Anche di chi lo consenta o lo chieda. Se fosse stato accolto il quesito sarebbe rimasto punito solo l’omicidio dell’infermo di mente o del minore. Non di colui che accoglie la richiesta dell’amico: Premi tu il grilletto perché non me la sento. O di chi lancia una sfida. Pensiamo a Tik Tok. Ci sono le sfide per gioco tra ragazzi che possono essere mortali: chi rimane più a lungo con un sacchetto di plastica in testa o su un binario di un treno. Tutto sarebbe stato legalizzato”.
Trasferire le stesse cautele previste per l’aiuto al suicidio eventualmente “lo deve fare la legge e non una pronunzia della Corte”. E se il Parlamento non decide, dice ancora Flick, “si va sotto il Parlamento e si chiede di decidere, oppure alle elezioni se ne vota un altro”. A chi dice che la Consulta non tiene conto della sofferenza, l’ex presidente replica dicendo che la Corte “non deve tener conto della sacralità della vita, che è un concetto religioso. Ma nemmeno deve ignorare il principio della solidarietà e la tutela dei soggetti deboli”.