Le prime denunce erano arrivate nel 2017, quando alcune ragazze parlarono con la polizia accusando i propri aguzzini. Dopo cinque anni sono scattati i primi fermi in tutta la Puglia.
Sono venti le persone arrestate dalla polizia a Bari e in altre città pugliesi con le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, allo sfruttamento della prostituzione e altri delitti contro la persona. Gli arrestati, alcuni dei quali sono finiti in carcere e altri ai domiciliari, sono accusati di aver sfruttato giovani donne provenienti dalla Romania secondo lo schema del “lover boy”, fingendosi cioè innamorati di loro per attirarle in trappola e quindi obbligandole a prostituirsi.
Le indagini hanno preso spunto dalle denunce presentate da alcune vittime nella seconda metà del 2017. Secondo l’accusa, alcuni degli indagati avrebbero svolto proprio il ruolo di “lover boys”, adescando le vittime nel Paese di origine (spesso attraverso i social network) per mostrare alle ragazze il proprio elevato tenore di vita, alimentando l’illusione di una possibile vita migliore in Italia.
Una volta stabilito il contatto, però, gli arrestati avrebbero sfruttato la condizione di particolare fragilità delle donne per vincolarle a sé e poi le avrebbero sottoposte a vessazioni via via crescenti, spacciate per “prove d’amore”, spingendole a raggiungerli in Italia, fino a esercitare il totale controllo psicologico sulle vittime ed avviarle alla prostituzione, gestendone per intero i guadagni.
Il gruppo si sarebbe anche avvalso dell’aiuto di alcuni cittadini italiani, che avrebbero fornito assistenza logistica e operativa, accompagnando le donne sui luoghi di prostituzione e assicurando loro un alloggio da cui, però, non avevano la possibilità di allontanarsi. Il flusso di denaro ricavato dalla prostituzione delle donne gestite dall’organizzazione ammonterebbe, secondo le stime, a circa 3 milioni di euro l’anno.