La Cassazione, ha spiegato la motivazione secondo la quale, il 4 aprile scorso, ha condannato in via definitiva a 12 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro in relazione al pestaggio subito da Stefano Cucchi la sera del 15 ottobre 2009 nella caserma della compagnia Casilina.
“La questione della prevedibilità dell’evento nel caso di specie è fuori discussione”, date “le modalità con le quali gli imputati hanno percosso la vittima attingendola con violenti colpi al volto e in zona sacrale, ossia in modo idoneo a generare lesioni interne che chiunque è in grado di rappresentarsi come prevedibile conseguenza di tale azione”.
“Conseguentemente prevedibile è che dalle stesse possa innescarsi un processo degenerativo in grado di avere esiti anche letali – osservano i giudici di piazza Cavour nelle motivazioni della loro sentenza depositate oggi dalla quinta sezione penale – rimanendo escluso che comunque l’agente debba potersi rappresentare l’esatto decorso causale concretamente realizzatosi, ovvero che la vittima debba ricorrere a cure mediche e che queste possano essere, pere negligenza o imperizia, omesse o non correttamente prestate”.