La morte di Lidia Miljkovic, uccisa dall’ex marito a Vicenza, si poteva evitare. Nelle parole dell’attuale compagno della vittima, Daniele Mondello, c’è tutta la rabbia di chi conosceva il problema e che ha assistito impotente al dramma.
L’assassino, Zlatan Vasiljevic, era stato arrestato nel 2019 per reiterati maltrattamenti in famiglia e ora il tribunale della città veneta aveva dichiarato la cessazione dell’affido esclusivo dei due figli, di 13 e 16 anni. “Vorrei che giudici e assistenti sociali venissero al funerale di Lidia e guardassero bene quella bara”.
“Per ogni cosa bisognava mediare con il padre: scuola, tempo libero, medicine”, afferma ancora incredulo Mondello a “La Repubblica”. Ma lui era completamente assente nella vita dei ragazzi. “Non ha mai pagato gli alimenti e Lidia non l’ha mai denunciato, perché a lei non interessavano i soldi: voleva solo il bene dei suoi figli”, osserva l’uomo, sottolineando che era anche decaduto il divieto di avvicinamento: “Certo, per loro era una brava persona adesso. E io mi dispero, sa per quale motivo? Perché finché il sistema rimane questo, le donne continueranno a essere uccise. Lidia non sarà l’ultima”.
“La casa in cui abitava quell’individuo, ad Altavilla Vicentina, era stata messa all’asta. Lidia diceva sempre che se l’avessero cacciato definitivamente, lui avrebbe combinato qualcosa di terribile. Ed eccoci qua”, aggiunge Mondello, che evidenzia: “Lei aveva paura dell’ex, ogni volta che usciva di casa era in tensione. Poi, però, aveva deciso di reagire. Non posso vivere nascondendomi per sempre, ripeteva. Una volta ai servizi sociali le hanno consigliato di cambiare città. Ci rendiamo conto?”.
Come vivevano i figli questa situazione? “Sapevano che prima o poi sarebbe successo. L’aveva detto, che ci avrebbe uccisi tutti”. Era così fuori controllo. “Negli ultimi mesi aveva fatto tre incidenti stradali e gli avevano ritirato la patente solo dopo l’ultimo. Però continuavano a dire che si era sistemato, che era in un percorso di riabilitazione”.
“L’unico problema, per tutti, era quello di riavvicinare i figli al padre, anche se lui non li voleva. Hanno messo in discussione che Lidia fosse una buona mamma, hanno ipotizzato che io potessi metterli in pericolo con la mia presenza. Ma io, prima di diventare compagno di Lidia, sono anche un suo collega. Io conosco il calvario che ha passato con quell’uomo: un calvario che non è mai terminato”. È persino difficile da credere che nessuno abbia voluto sentire il grido d’aiuto di questa donna.
“Il giudice Marcello Colasanto di Vicenza ha addebitato a Lidia le spese legali che Zlatan non pagava: 15mila euro. Ovviamente, poi, lei avrebbe dovuto rivalersi su di lui. Come si chiama questo? Non significa spingere progressivamente una persona verso la morte? Eppure non mancavano i precedenti, le denunce, le segnalazioni. Nessuno ha mosso un dito per tenere distante quella persona. Vediamo chi troverà il coraggio di guardare in faccia quei due orfani”, conclude.