Una Onlus di Rossano, in provincia di Cosenza, è finita nella bufera per l’accusa piovuta su due operatori e un educatore. Maltrattamenti nei confronti di persone disabili, è questa l’accusa su cui stanno lavorando gli inquirenti. I tre sarebbero responsabili di reiterati atti di vessazione e di violenza sia fisica sia psicologica nei confronti di ragazzi diversamente abili seguiti in un centro diurno. Secondo gli inquirenti avrebbero creato un clima di “terrore e crudeltà” all’interno della onlus.
L’inchiesta ha documentato il sistematico ricorso all’intimidazione e alla violenza per mantenere il controllo della struttura, all’interno della quale vi era “un vero e proprio clima di terrore tra i ragazzi”. La volontà degli operatori, finiti ai domiciliari, era, in questo modo, consolidare il potere all’interno della struttura, alternando minacce, aggressioni vere e proprie, e persino la cosiddetta “terapia del dolore”, utilizzata in particolare su una delle vittime. In particolare, secondo una nota del procuratore di Castrovillari Alessandro D’Alessio, questi metodi servivano a uno degli arrestati per “sfogare i propri istinti sadici”.
Dalle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Castrovillari e condotta dai carabinieri del Reparto territoriale di Corigliano-Rossano, sono emersi più comportamenti vessatori, mortificanti, violenti e degradanti nei confronti degli ospiti disabili della struttura. Comportamenti che sono considerati ancor “più gravi” proprio perché arrivati da parte di “coloro che avrebbero dovuto tutelare le persone caratterizzate da particolare fragilità psichica”.
Queste condotte, aggiunge l’accusa, non erano tra l’altro “episodiche” ma si trattava anzi di un vero e proprio modus operandi “reiterato dagli indagati in numerose e anche recenti occasioni”. L’indagine è stata condotta attraverso riprese audio e video e servizi di osservazione: è partita nell’autunno 2021 ed è arrivata all’aprile di quest’anno e ha evidenziato la drammaticità delle condizioni delle persone particolarmente fragili, ritenute vittime innocenti di un sistema che il Gip non esita a definire “piegato agli istinti personali e sadici di uno degli indagati”.