La smentita al governo Meloni e alla retorica della destra reazionaria. Non c’è nessuna invasione di migranti, anzi siamo sotto la media europea.
Alla fine del ’21, prima dello scoppio della guerra in Ucraina, i rifugiati in Italia (fonte dall’Unhcr) erano in totale 145 mila, mentre la Francia ne ospitava già mezzo milione e la Germania 1.256.000. Quanto all’incidenza sulla popolazione, la Grecia già sosteneva un carico multiplo rispetto a quello italiano: quasi 12 rifugiati ogni 1.000 abitanti contro i nostri due o poco più; e persino la Bulgaria ne contava tre ogni 1.000.
Sempre nel 2021, se l’Italia ha registrato 45.200 richiedenti asilo per la prima volta, la Germania ne ha registrati 148.200, la Francia 103.800 e persino la Spagna ne ha ricevuti di più, 62.050 (dati Eurostat).
“Viene così da chiedersi chi dovrebbe prendersi i migranti da chi, per restare al livello dell’attuale dibattito nell’UE”.
Queste alcune delle conclusioni alle quali giunge il nuovo Rapporto asilo della Fondazione Migrantes della Cei, presentato stamane presso l’Università Gregoriana di Roma.
Secondo l’organismo ecclesiale occorrerebbe, invece, “discutere del fatto che le persone che sbarcano sulle nostre coste, a differenza di molte altre che chiedono protezione nell’Europa continentale, devono essere prima salvate da un mare pericoloso con missioni di soccorso degne di questo nome e dovrebbe essere loro risparmiato l’inferno di Libia. Qui sì, – si sottolinea – è vero che l’Italia non può farcela da sola”.
Nel Rapporto si parla poi di una sorta di “sdoppiamento” nell Unione europea e in Italia, definite “solidali con gli ucraini e discriminanti e in violazione dei diritti umani e delle convenzioni internazionali con altri”, anche con i minori che giungono ai confini Ue.
Nel 2022, “un anno segnato da nuovi e vecchi conflitti, ancora una volta dalla pandemia di COVID-19 e dal cambiamento climatico”, rendiconta il Rapporto, il numero di persone in fuga ha superato la soglia dei 100 milioni in tutto il mondo. Oltre il 70% di chi lascia il proprio Paese cerca rifugio in uno Stato confinante e solo una piccola parte arriva in Europa. “La carenza di canali d’ingresso legali e sicuri costringe le persone in fuga, pur riconosciute e protette dal diritto internazionale, a mettersi nelle mani di trafficanti e ad affrontare viaggi lunghi e pericolosi, seguendo una varietà di percorsi: le due rotte principali di accesso sono state quella del Mediterraneo centrale e quella balcanica”. A questi vanno aggiunti poi i milioni di persone che hanno fatto ingresso nell’UE dall’Ucraina dall’inizio del conflitto. Mentre sono circa 170 mila i cittadini ucraini arrivati in Italia entro la fine di settembre 2022.
Alla metà del 2022 le persone in situazione di sradicamento forzato a livello globale (rifugiati, sfollati e richiedenti asilo), si legge ancora nel Rapporto Migrantes, hanno raggiunto per l’ennesima volta una cifra senza precedenti: 103 milioni. Il dato equivale ormai a un abitante del mondo su 77, più del doppio di 10 anni fa (un abitante su 167).
Sempre nel 2021, i disastri climatici hanno sradicato per periodi più o meno prolungati 23,7 milioni di persone. Alla fine dell’anno gli “sfollati ambientali” erano 5,9 milioni.
Si possono ridurre a cinque, invece, secondo Migrantes, le “grandi cause” che costringono alla fuga numeri sempre più elevati di persone: guerre (se nel ’22 si è imposta all’attenzione dell’opinione pubblica europea la “vicina” guerra d’Ucraina, il ’21, secondo anno pandemico, ha visto combattere 46 conflitti ignorati dai più, mentre la spesa militare mondiale superava per la prima volta la soglia “psico-logica” di 2.000 miliardi di dollari); persecuzioni; disuguaglianze e povertà (fra l’altro con il propagarsi della “nuova disuguaglianza” nell’accesso ai vaccini anti-COVID); fame, sete e cambiamento climatico; ma anche tratta e schiavitù.
Le situazioni di sradicamento protratto riguardano quasi 15.900.000 di persone nel mondo, 200 mila in più rispetto al 2020.
“Negli anni è cresciuta la sproporzione fra la popolazione sradicata all’estero e le risposte che la comunità internazionale le offre in termini di soluzioni durevoli (rimpatrio, reinsedia-mento e integrazione nei Paesi di accoglienza): nel 2021 ne hanno beneficiato appena 543 mila rifugiati, meno che negli anni 2016-2018. Ma un livello ancora inferiore si era già tocca-to già nel 2019 pre-pandemico”, aggiunge il Rapporto.
“I 228.240 mila ingressi “irregolari” alle frontiere esterne dell’UE registrati nel ’22 sino a fine settembre, ma anche la tendenza che prospettano per fine anno, rimangono un sottomultiplo dei rifugiati e migranti entrati nell’Unione dalla regione del Mediterraneo durante il 2015 dell’emergenza europea: oltre un milione di uomini, donne, bambini”.
Questo mentre continua la strage dei migranti nel mar Mediterraneo. Verso la fine di ottobre 2022 la stima (minima) dei rifugiati e migranti morti e dispersi nel Mediterraneo è stata, infati, poco inferiore alle 1.800 unità.
“Ancora una volta a pagare il tributo più pesante sono coloro che tentano la traversata del Mediterraneo centrale, sulla rotta che porta verso l’Italia e Malta, dove si sono contati 1.295 morti e dispersi, contro i 172 del settore occidentale e i 295 di quello orientale. – afferma il Rapporto Migrantes – In quest’ultimo alcuni gravi incidenti negli ultimi mesi hanno già portato il valore provvisorio del ’22 quasi al triplo di quello totale del 2021 (“solo” 111 fra morti e dispersi). Il 2021, invece, aveva visto crescere le vittime rispetto all’anno precedente in tutti e tre i settori, con un tragico + 57% nel Mediterraneo centrale”.
Nel 2021 un aumento “impressionante di morti e dispersi” si è registrato anche sulla pericolosissima rotta dell’Atlantico occidentale verso le Canarie: dalle 877 vittime stimate nel ’20 alle 1.126 del ’21 (+ 28%). Negli ultimi tre anni, per morti e dispersi la rotta verso l’arcipelago spagnolo si è rivelata più pericolosa anche di quella del Mediterraneo centrale per numero di morti dispersi in rapporto agli arrivi: nelle sue acque si è contata una vittima ogni 20-30 migranti sbarcati.
Migrantes parla, infine, di una “proliferazione delle barriere anti-migranti” in Europa, ben 19 quelle che delimitano, infatti, tratti di confine esterni ma anche interni alla “zona Schengen”, tutte erette negli ultimi 20 anni. Una situazione questa, si conclude, che “solleva numerose problematiche giuridiche in materia di rispetto dei diritti fondamentali: la principale è quella legata al diritto di accesso alla protezione internazionale. Anche se va riconosciuto che la Commissione Europea si è opposta alle richieste di diversi Stati membri di poter utilizzare fondi dell’Unione per la costruzione di queste barriere di confine, il suo l’operato su una delle più grandi questioni politiche che dilaniano l’Europa è stato debole o inesistente”.
Alla fine del ’21, prima dello scoppio della guerra in Ucraina, i rifugiati in Italia (fonte dall’UNHCR) erano in totale 145 mila, mentre la Francia ne ospitava già mezzo milione e la Germania 1.256.000. Quanto all’incidenza sulla popolazione, la Grecia già sosteneva un carico multiplo rispetto a quello italiano: quasi 12 rifugiati ogni 1.000 abitanti contro i nostri due o poco più; e persino la Bulgaria ne contava tre ogni 1.000.
Sempre nel 2021, se l’Italia ha registrato 45.200 richiedenti asilo per la prima volta, la Germania ne ha registrati 148.200, la Francia 103.800 e persino la Spagna ne ha ricevuti di più, 62.050 (dati Eurostat).
“Viene così da chiedersi chi dovrebbe prendersi i migranti da chi, per restare al livello dell’attuale dibattito nell’UE”.
Queste alcune delle conclusioni alle quali giunge il nuovo Rapporto asilo della Fondazione Migrantes della Cei, presentato stamane presso l’Università Gregoriana di Roma.
Secondo l’organismo ecclesiale occorrerebbe, invece, “discutere del fatto che le persone che sbarcano sulle nostre coste, a differenza di molte altre che chiedono protezione nell’Europa continentale, devono essere prima salvate da un mare pericoloso con missioni di soccorso degne di questo nome e dovrebbe essere loro risparmiato l’inferno di Libia. Qui sì, – si sottolinea – è vero che l’Italia non può farcela da sola”.
Nel Rapporto si parla poi di una sorta di “sdoppiamento” nell Unione europea e in Italia, definite “solidali con gli ucraini e discriminanti e in violazione dei diritti umani e delle convenzioni internazionali con altri”, anche con i minori che giungono ai confini Ue.
Nel 2022, “un anno segnato da nuovi e vecchi conflitti, ancora una volta dalla pandemia di COVID-19 e dal cambiamento climatico”, rendiconta il Rapporto, il numero di persone in fuga ha superato la soglia dei 100 milioni in tutto il mondo. Oltre il 70% di chi lascia il proprio Paese cerca rifugio in uno Stato confinante e solo una piccola parte arriva in Europa. “La carenza di canali d’ingresso legali e sicuri costringe le persone in fuga, pur riconosciute e protette dal diritto internazionale, a mettersi nelle mani di trafficanti e ad affrontare viaggi lunghi e pericolosi, seguendo una varietà di percorsi: le due rotte principali di accesso sono state quella del Mediterraneo centrale e quella balcanica”. A questi vanno aggiunti poi i milioni di persone che hanno fatto ingresso nell’UE dall’Ucraina dall’inizio del conflitto. Mentre sono circa 170 mila i cittadini ucraini arrivati in Italia entro la fine di settembre 2022.
Questo mentre continua la strage dei migranti nel mar Mediterraneo. Verso la fine di ottobre 2022 la stima (minima) dei rifugiati e migranti morti e dispersi nel Mediterraneo è stata, infati, poco inferiore alle 1.800 unità.
Migrantes parla, infine, di una “proliferazione delle barriere anti-migranti” in Europa, ben 19 quelle che delimitano, infatti, tratti di confine esterni ma anche interni alla “zona Schengen”, tutte erette negli ultimi 20 anni. Una situazione questa, si conclude, che “solleva numerose problematiche giuridiche in materia di rispetto dei diritti fondamentali: la principale è quella legata al diritto di accesso alla protezione internazionale. Anche se va riconosciuto che la Commissione Europea si è opposta alle richieste di diversi Stati membri di poter utilizzare fondi dell’Unione per la costruzione di queste barriere di confine, il suo l’operato su una delle più grandi questioni politiche che dilaniano l’Europa è stato debole o inesistente”.
Alla fine del ’21, prima dello scoppio della guerra in Ucraina, i rifugiati in Italia (fonte dall’UNHCR) erano in totale 145 mila, mentre la Francia ne ospitava già mezzo milione e la Germania 1.256.000. Quanto all’incidenza sulla popolazione, la Grecia già sosteneva un carico multiplo rispetto a quello italiano: quasi 12 rifugiati ogni 1.000 abitanti contro i nostri due o poco più; e persino la Bulgaria ne contava tre ogni 1.000.
Sempre nel 2021, se l’Italia ha registrato 45.200 richiedenti asilo per la prima volta, la Germania ne ha registrati 148.200, la Francia 103.800 e persino la Spagna ne ha ricevuti di più, 62.050 (dati Eurostat).
“Viene così da chiedersi chi dovrebbe prendersi i migranti da chi, per restare al livello dell’attuale dibattito nell’UE”.
Queste alcune delle conclusioni alle quali giunge il nuovo Rapporto asilo della Fondazione Migrantes della Cei, presentato stamane presso l’Università Gregoriana di Roma.
Secondo l’organismo ecclesiale occorrerebbe, invece, “discutere del fatto che le persone che sbarcano sulle nostre coste, a differenza di molte altre che chiedono protezione nell’Europa continentale, devono essere prima salvate da un mare pericoloso con missioni di soccorso degne di questo nome e dovrebbe essere loro risparmiato l’inferno di Libia. Qui sì, – si sottolinea – è vero che l’Italia non può farcela da sola”.
Nel Rapporto si parla poi di una sorta di “sdoppiamento” nell Unione europea e in Italia, definite “solidali con gli ucraini e discriminanti e in violazione dei diritti umani e delle convenzioni internazionali con altri”, anche con i minori che giungono ai confini Ue.
Nel 2022, “un anno segnato da nuovi e vecchi conflitti, ancora una volta dalla pandemia di COVID-19 e dal cambiamento climatico”, rendiconta il Rapporto, il numero di persone in fuga ha superato la soglia dei 100 milioni in tutto il mondo. Oltre il 70% di chi lascia il proprio Paese cerca rifugio in uno Stato confinante e solo una piccola parte arriva in Europa. “La carenza di canali d’ingresso legali e sicuri costringe le persone in fuga, pur riconosciute e protette dal diritto internazionale, a mettersi nelle mani di trafficanti e ad affrontare viaggi lunghi e pericolosi, seguendo una varietà di percorsi: le due rotte principali di accesso sono state quella del Mediterraneo centrale e quella balcanica”. A questi vanno aggiunti poi i milioni di persone che hanno fatto ingresso nell’UE dall’Ucraina dall’inizio del conflitto. Mentre sono circa 170 mila i cittadini ucraini arrivati in Italia entro la fine di settembre 2022.
Alla metà del 2022 le persone in situazione di sradicamento forzato a livello globale (rifugiati, sfollati e richiedenti asilo), si legge ancora nel Rapporto Migrantes, hanno raggiunto per l’ennesima volta una cifra senza precedenti: 103 milioni. Il dato equivale ormai a un abitante del mondo su 77, più del doppio di 10 anni fa (un abitante su 167).
Sempre nel 2021, i disastri climatici hanno sradicato per periodi più o meno prolungati 23,7 milioni di persone. Alla fine dell’anno gli “sfollati ambientali” erano 5,9 milioni.
Si possono ridurre a cinque, invece, secondo Migrantes, le “grandi cause” che costringono alla fuga numeri sempre più elevati di persone: guerre (se nel ’22 si è imposta all’attenzione dell’opinione pubblica europea la “vicina” guerra d’Ucraina, il ’21, secondo anno pandemico, ha visto combattere 46 conflitti ignorati dai più, mentre la spesa militare mondiale superava per la prima volta la soglia “psico-logica” di 2.000 miliardi di dollari); persecuzioni; disuguaglianze e povertà (fra l’altro con il propagarsi della “nuova disuguaglianza” nell’accesso ai vaccini anti-Covid); fame, sete e cambiamento climatico; ma anche tratta e schiavitù.
Le situazioni di sradicamento protratto riguardano quasi 15.900.000 di persone nel mondo, 200 mila in più rispetto al 2020.
“Negli anni è cresciuta la sproporzione fra la popolazione sradicata all’estero e le risposte che la comunità internazionale le offre in termini di soluzioni durevoli (rimpatrio, reinsedia-mento e integrazione nei Paesi di accoglienza): nel 2021 ne hanno beneficiato appena 543 mila rifugiati, meno che negli anni 2016-2018. Ma un livello ancora inferiore si era già tocca-to già nel 2019 pre-pandemico”, aggiunge il Rapporto.
“I 228.240 mila ingressi “irregolari” alle frontiere esterne dell’Ue registrati nel ’22 sino a fine settembre, ma anche la tendenza che prospettano per fine anno, rimangono un sottomultiplo dei rifugiati e migranti entrati nell’Unione dalla regione del Mediterraneo durante il 2015 dell’emergenza europea: oltre un milione di uomini, donne, bambini”.
Questo mentre continua la strage dei migranti nel mar Mediterraneo. Verso la fine di ottobre 2022 la stima (minima) dei rifugiati e migranti morti e dispersi nel Mediterraneo è stata, infati, poco inferiore alle 1.800 unità.
“Ancora una volta a pagare il tributo più pesante sono coloro che tentano la traversata del Mediterraneo centrale, sulla rotta che porta verso l’Italia e Malta, dove si sono contati 1.295 morti e dispersi, contro i 172 del settore occidentale e i 295 di quello orientale. – afferma il Rapporto Migrantes – In quest’ultimo alcuni gravi incidenti negli ultimi mesi hanno già portato il valore provvisorio del ’22 quasi al triplo di quello totale del 2021 (“solo” 111 fra morti e dispersi). Il 2021, invece, aveva visto crescere le vittime rispetto all’anno precedente in tutti e tre i settori, con un tragico + 57% nel Mediterraneo centrale”.
Nel 2021 un aumento “impressionante di morti e dispersi” si è registrato anche sulla pericolosissima rotta dell’Atlantico occidentale verso le Canarie: dalle 877 vittime stimate nel ’20 alle 1.126 del ’21 (+ 28%). Negli ultimi tre anni, per morti e dispersi la rotta verso l’arcipelago spagnolo si è rivelata più pericolosa anche di quella del Mediterraneo centrale per numero di morti dispersi in rapporto agli arrivi: nelle sue acque si è contata una vittima ogni 20-30 migranti sbarcati.
Migrantes parla, infine, di una “proliferazione delle barriere anti-migranti” in Europa, ben 19 quelle che delimitano, infatti, tratti di confine esterni ma anche interni alla “zona Schengen”, tutte erette negli ultimi 20 anni. Una situazione questa, si conclude, che “solleva numerose problematiche giuridiche in materia di rispetto dei diritti fondamentali: la principale è quella legata al diritto di accesso alla protezione internazionale. Anche se va riconosciuto che la Commissione Europea si è opposta alle richieste di diversi Stati membri di poter utilizzare fondi dell’Unione per la costruzione di queste barriere di confine, il suo l’operato su una delle più grandi questioni politiche che dilaniano l’Europa è stato debole o inesistente”.