Una tragedia immane: una ha perso il marito e il fratello, l’altra solo il coniuge. Tutte e quattro – hanno tra i 25 e i 35 anni e sono originarie della Costa d’Avorio e della Guinea – hanno visto annegare le 42 persone che, assieme a loro, si erano imbarcate in Tunisia per raggiungere l’Italia.
Ad assistere psicologicamente le sopravvissute del naufragio avvenuto venerdì scorso in area Sar Maltese è stato, all’hotspot di Lampedusa, il team di Medici senza frontiere.
«Non hanno saputo dire per quanto tempo sono rimaste in acqua, in attesa dei soccorsi – racconta Michele Alma, psicologo di Medici senza Frontiere – tutte sono provate psicologicamente, ma anche fisicamente: una è cardiopatica, l’altra, a causa della troppa permanenza in acqua, ha degli edemi alle gambe e ai piedi, la terza aveva problemi intestinali. Hanno lottato contro le onde e hanno visto sparire nel nulla 42 compagni di viaggio, fra cui i familiari di due di loro».
«Durante la notte – continua lo psicologo – non dormono e quando chiudono gli occhi, perché sfinite, hanno flashback. Anche le due donne che non hanno perso familiari, sono sotto choc».
La barca sulla quale viaggiavano, secondo quanto hanno raccontato, non ha resistito alla furia delle onde, si è spezzata in due e subito si è inabissata. «Avevano i salvagenti e i giubbotti di salvataggio, ma per la maggior parte non sono serviti», sottolinea Michele Alma.
Il team di Medici senza frontiere ha concluso la due giorni di supporto psicologico e adesso sta rientrando in Calabria.