Un giallo e molto occhi che si sono chiusi, chissà per sbadatezza o per altro. Artem Uss (altro lo scrivono Artyom), l’imprenditore russo di cui si sono perse le tracce nel pomeriggio di mercoledì 22 marzo, ha raggiunto il confine sloveno in «poche ore», poi si è diretto in Serbia.
Ne sono certi gli inquirenti milanesi che indagano sulla fuga dell’imprenditore, figlio di Aleksandr governatore della regione di Krasnoyarsk, che si è allontanato dal complesso di Cascina Vione, nelle campagne intorno a Basiglio, dove si trovava agli arresti domiciliari (braccialetto elettronico) dopo il sì all’estradizione negli Usa per violazione all’embargo nei confronti del Venezuela e frode bancaria.
E’ stato ricostruito, in modo certosino, ogni passaggio della fuga resa possibile grazie a più complici e più auto. Una dozzina le persone con cui sarebbe entrato in contatto durante il periodo dei domiciliari (iniziato lo scorso dicembre dopo l’arresto a Malpensa del 17 ottobre), almeno dieci i componenti dell’ingranaggio perfetto che hanno messo a punto il piano di fuga, mentre 4-5 risultano, al momento, gli indagati che avrebbero favorito l’evasione.
Arrestato su mandato di arresto internazionale e sospettato di aver acquistato dagli Stati Uniti componenti elettronici destinati a equipaggiare aerei, radar o missili, e di averli rivenduti a compagnie russe eludendo le sanzioni in vigore, la sua evasione potrebbe aver coinvolto i servizi segreti russi.
Attualmente in Russia, lo scorso 4 aprile il fuggiasco ha rilasciato un’intervista: «Il tribunale italiano, sulla cui imparzialità inizialmente contavo, ha dimostrato la sua chiara parzialità politica. Purtroppo è anche pronto a piegarsi alle pressioni delle autorità statunitensi». Nella situazione internazionale attuale, quando i cittadini russi sono oggetto di «giochi senza regole»«, il ritorno in patria, anche in un modo così «non standard», è una vittoria.
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