Attenzione, non assegni familiari rinforzati, non tariffe agevolate per i prodotti per bambini o agevolazioni per medicine o altri beni necessari. Non bonus per l’asilo, non politiche abitative, non lotta al precariato. No. Meno tasse. Che nel modello ‘trumpiano’ della destra reazionaria significherà taglio alla spesa sociale a danno dei meno abbienti.
Meno tasse per chi fa figli. Il governo punta anche sull’incentivo del fisco per aggredire il problema del calo delle nascite.
Un tema su cui l’esecutivo è tornato ad insistere da giorni e che la premier Giorgia Meloni ha messo in cima alle priorità con l’obiettivo di trovare misure già dalla prossima legge di bilancio. Un impegno su cui il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è subito attivato con una proposta che potrebbe arrivare a breve.
Il piano del titolare del Tesoro consiste in un bonus famiglie sul modello del 110% pensato per i genitori con figli. In sostanza, spiega il quotidiano, la proposta «che a nome dell’esecutivo il ministro formalizzerà nei prossimi giorni» è che «i nuclei familiari composti da almeno due figli non pagheranno le tasse».
A fornire qualche dettaglio è un altro ministro leghista, il sottosegretario alle Imprese Massimo Bitonci: ridurre la tassazione per le famiglie con uno o più figli a carico «non significa abbandonare l’assegno unico», che il governo ha indicato nel Def di voler aumentare; ma «oltre a questo – aggiunge – si dovrebbe reintrodurre una detrazione di 10.000 euro l’anno per ogni figlio a carico (ora 950 euro fino ai 21 anni) fino al termine degli studi anche universitari, per tutti i nuclei senza limiti di reddito».
Ma sulla proposta è tutta la Lega ad andare in pressing, invocando un «taglio consistente alle imposte sul reddito per sostenere i nuclei familiari e invertire la rotta dell’inverno demografico».
L’unico Paese in Europa ad aver già studiato una norma simile è l’Ungheria di Viktor Orbán. Proprio il modello ungherese di incentivi alla famiglia è stato più volte indicato in passato come punto di riferimento da Meloni e Salvini, e questo tipo di ragionamento è stato espresso da un membro del governo anche in una delle ultime riunioni del Consiglio dei ministri, quando si parlava appunto delle misure contro la denatalità a cui si lavora in vista della manovra.
Le misure per la natalità, comunque, come gli altri impegni presi dal governo, dalle pensioni ai rinnovi contrattuali, dovranno fare i conti con le risorse disponibili: al momento gli spazi in deficit aperti dal Def (3,4 miliardi quest’anno e 4,5 il prossimo) sono già appaltati per il taglio del cuneo e la riduzione delle tasse; per tutto il resto bisognerà attendere la Nota di aggiornamento al Def in autunno.
L’emergenza nascite è al centro del dibattito da giorni, soprattutto dopo che l’Istat ha certificato una natalità al minimo storico, con meno di 7 neonati e oltre 12 decessi ogni 1.000 abitanti. La premier è tornata a parlarne proprio ieri, invocando la necessità di incentivare le famiglie a mettere al mondo figli. Lo ha fatto anche il ministro Lollobrigida che però, intrecciando il tema con quello dell’immigrazione, si è spinto a citare la «sostituzione etnica», innescando una polemica che non accenna a spegnersi.
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