La Geo Barents salva 599 migranti in mare, mentre l’Italia addestra a Gaeta quelli che fanno il lavoro sporco.
La nave di Medici senza frontiere ha tratto in salvo 599 naufraghi, tra cui donne e bambini. “Mentre il nostro team svolgeva attività di addestramento al largo delle coste siciliane – spiega l’Ong -, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano ha contattato Geo Barents per assistere un’imbarcazione sovraffollata in difficoltà”. Le operazioni di soccorso sono andate avanti per tre ore. “I sopravvissuti sono ora sani e salvi a bordo di Geo Barents e assistiti dall’équipe medica”, spiegano da Msf. Il porto assegnato alla nave umanitaria è Bari. “Ci vorranno circa 40 ore di navigazione per raggiungerlo”.
La doppia faccia dei soccorsi lungo la rotta della Cirenaica
Ne scrive, con la consueta perizia documentale, Antonio Maria Mira su Avvenire: “La doppia faccia dei soccorsi lungo la rotta dalla Cirenaica. Mentre è confermato il respingimento a Tobruk di un peschereccio con poco meno di 500 persone ad opera di una nave militare libica, altre 599, su un barcone in difficoltà, sono state soccorse dalla Geo Barents di Medici senza frontiere, su richiesta del Centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano. Lo ha comunicato la Ong spiegando che «dopo tre ore di operazione, i sopravvissuti, tra cui donne e bambini, sono ora sani e salvi a bordo e assistititi dall’equipe medica». Già assegnato il porto di sbarco, Bari, e quindi saranno necessarie almeno 40 ore di navigazione, col tempo in peggioramento.
Ancora una volta alle Ong viene imposto dal Viminale uno sbarco lontano. Anche quando la richiesta di soccorso viene, come in questo caso, dalle autorità italiane. E arriverà a Livorno solo martedì 30 maggio la nave Ong Humanity 1, con 88 migranti a bordo recuperati venerdì mattina, provenienti anche loro dalla Cirenaica. Mentre, lo ricordiamo, i circa 1.200, arrivati lungo la stessa rotta e soccorsi dalla Guardia costiera, sono sbarcati a Pozzallo, Augusta, Messina e Reggio Calabria, gli 88 dovranno percorrere altri 1.400 chilometri, con un viaggio di 4 giorni. Si tratta del quarto approdo di una nave Ong a Livorno, dopo i due di Life Support, l’ultimo appena il 3 maggio scorso, e uno della Sea Eye.
Ora tocca ai profughi sulla Geo Barents un ulteriore viaggio di almeno due giorni. La nave di Medici senza frontiere, dopo essere rimasta ferma alcuni giorni ad Augusta per i rifornimenti e il cambio di equipaggio, era appena tornata in mare e mentre stava ancora svolgendo attività di addestramento al largo delle coste siciliane, ha avuto la richiesta di intervento da parte delle autorità italiane. Per poi essere mandata a Bari. Sempre meglio dei circa 500 di cui si erano perse le tracce dopo che erano stati segnalati in zona Sar maltese e che ormai è certo che sono stati riportati in Libia, e ora sarebbe detenuti a Bengasi. Lo riferisce l’Oim. «Va ribadito – denuncia il portavoce, Flavio di Giacomo – che la Libia è un porto non sicuro dove i migranti non andrebbero mai riportati indietro». «Se è vero, si tratta di un atto di respingimento criminale dalla zona Sar di Malta. Chiediamo chiarimenti. Chi ne è responsabile?», punta il dito Alarm Phone.
Ricordiamo che era stata Alarm Phone a lanciare martedì scorso un Sos. Il barcone, a bordo del quale viaggiavano anche 45 donne, alcune in stato di gravidanza, e 56 bambini, di cui uno nato durante la traversata, era stato segnalato in zona Sar maltese dall’ong che aveva chiesto “soccorsi immediati” alle autorità di La Valletta e Roma, senza ottenere risposta. Verso le ultime coordinate conosciute si erano dirette la Life Support di Emergency e l’Ocean Viking di Sos Mediterranee ma senza trovare l’imbarcazione. Secondo alcune fonti molto attendibili sarebbe intervenuta un’imbarcazione dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), che controlla la Cirenaica sotto il comando del generale libico Khalifa Haftar. Ricordiamo che proprio Haftar era stato tre settimane fa a Roma, incontrando la premier Meloni e i ministri Tajani, Crosetto e Piantedosi. Al centro dei colloqui il tema del forte aumento del flusso di migranti attraverso la rotta che parte dalle coste della Cirenaica.
Il respingimento è un primo effetto? Difficile rispondere visto che nell’ultima settimana proprio dalla Cirenaica sono arrivati in Italia 2.600 persone. Intanto nuovo sbarco, dopo 17 giorni, nel porto di Roccella Jonica. Una barca a vela con 95 persone è stata soccorsa a 70 miglia dalla costa da mezzi della Guardia Costiera e del Roan della Guardia di Finanza. Gli immigrati sono 45 uomini, 29 donne, 21 minori, di nazionalità afghana, egiziana, irachena, iraniana e palestinese. Molte le famiglie con bambini, come sempre più spesso accade per le barche che arrivano dalla rotta turca. Il viaggio sarebbe durato quattro giorni. Dopo l’arrivo nel porto calabrese, i profughi sono stati sottoposti ad una prima visita medica e successivamente, su disposizione della Prefettura di Reggio Calabria, momentaneamente sistemati, all’interno della tensostruttura gestita dai volontari della Croce Rossa, della Protezione Civile e da una equipe di Medici senza frontiere. Con quello di ieri è salito a 15 il numero degli arrivi di profughi nel solo Porto di Roccella, nel 2023, per un totale di circa 2 mila 500 migranti. In tutto il 2022 erano stati 7mila. E proprio a Roccella sarà martedì prossimo il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che visiterà la struttura di prima accoglienza del porto e incontrerà i sindaci dei Comuni della Locride impegnati sul tema dei migranti. Il titolare del Viminale parteciperà poi, ad Africo Nuovo alla cerimonia di inaugurazione di una stazione dei carabinieri ospitata in un immobile confiscato alla ‘ndrangheta. Infine nel pomeriggio presenzierà in Prefettura, a Reggio Calabria, al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica”.
Spariti nel nulla
Il racconto, sempre sul quotidiano della Cei, è di Daniele Fassini: “Respinti in Libia. Naufraga il sogno di una nuova vita, senza più torture né violenze, per i 500 disperati che per tre giorni hanno tenuto col fiato sospeso le Ong impegnate nel Mediterraneo a salvare vite. I 500 migranti spariti nel nulla sarebbero stati respinti in Libia, informa Alarm Phone a metà pomeriggio.
«Secondo i parenti le 500 persone sono state respinte in Libia e ora sono imprigionate a Bengasi. Se vero, è stato un atto criminale di respingimento dal centro delle autorità maltesi. Chiediamo chiarimenti. Chi era responsabile?» scrive in un tweet la Ong, che due giorni fa aveva ricevuto una richiesta di soccorso dal barcone alla deriva che si trovava al largo della Libia e in seguito non era più riuscito a comunicare con le persone a bordo.
Erano spariti nel nulla. Fra le onde del mare, su un barcone in avaria. Dopo 48 ore di ricerca in zona, la nave Life Line della Ong Emergency ha dovuto abbandonare la ricerca di quei 500 migranti partiti diversi giorni fa dalla Libia e segnalati in pericolo lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Fra loro ci sono anche 56 bambini, uno di pochi giorni, nato durante la traversata.
«Resta ancora sconosciuta la sorte delle 500 persone che la nave di Emergency, Life Support, stava andando a soccorrere in acque internazionali, zona maltese di ricerca e soccorso, il 23 maggio scorso. Dopo giorni di ricerca, si fa largo l’ipotesi che le persone siano state riportate in Libia, anche se le autorità libiche hanno finora negato» commenta Emergency.
«La Life Support – spiega la Ong – non ha trovato i resti di un naufragio e le 500 persone non risultano sbarcate in Italia. È difficile credere che nessuna autorità costiera sappia dove si trovano le 500 persone. Già in passato le autorità di Malta avevano commissionato ad una imbarcazione privata un respingimento verso la Libia e non si può escludere che si tratti anche questa volta di un meccanismo simile».
Sono almeno 24.000, ricorda la Ong, «le persone riportate in Libia contro la propria volontà nel 2022 e oltre 5.000 nel 2023».
In Libia, secondo gli ultimi rapporti della Nazioni Unite, le persone migranti sono vittime di crimini contro l’umanità. «I naufraghi che Emergency soccorre, una volta a bordo, denunciano di aver vissuto detenzioni arbitrarie, violenze sessuali e torture perpetrate su base quotidiana nelle carceri ufficiali e non ufficiali libiche».
Al momento della segnalazione, il 23 maggio, l’imbarcazione in pericolo aveva a bordo 500 persone, di cui 56 bambini, tra cui un neonato, e 45 donne, anche incinte. La Life Support ha quindi navigato a tutta velocità e per oltre 30 ore verso il natante, utilizzando la posizione indicata da Alarm Phone, da cui era provenuta la segnalazione. All’arrivo, si erano già perse le tracce e dopo 24 ore di ricerca attiva, e di impossibilità a trovare l’imbarcazione, la nave ha dovuto abbandonare l’area.
«È davvero inaccettabile che siano le Ong e non gli Stati costieri a salvare vite umane nel Mar Mediterraneo – accusa il capo missione della Life Support di Emergency Albert Mayordomo – Abbiamo chiesto a Malta e all’Italia di assumere la responsabilità delle operazioni di soccorso ma hanno rifiutato di condividere qualsiasi informazione». La Life Support ha proseguito fino a giovedì sera le operazioni di ricerca dell’imbarcazione. Anche la Ong Sea Watch, fanno sapere da Emergency, «ha effettuato una ricerca per due giorni consecutivi con il suo aereo, Sea Bird, senza trovare indizi della presenza dell’imbarcazione.
Per questo e visto il meteo in peggioramento la nave è stata costretta spostarsi in un’altra zona, in acque internazionali, verso l’area di ricerca e soccorso libica.
Ma c’è anche un altro dramma in mare: almeno tre persone sono morte e dodici disperse in un naufragio avvenuto questa mattina all’alba di fronte all’isola di Mykonos, in Grecia. Un uomo e due donne sono stati trovati morti dalla guardia costiera greca mentre sono state tratte in salvo due persone. Le operazioni di soccorso sono scattate questa mattina quando la guardia costiera ha avvistato due persone che nuotavano vicino alle coste dell’isola. I due migranti, dopo essere stati salvati, hanno informato le autorità del naufragio e hanno riferito che 17 persone viaggiavano con loro su un’imbarcazione partita dalla Turchia. Secondo le testimonianze, i passeggeri non indossavano i giubbotti salvagente. La maggior parte di loro proveniva dalla Siria. Tra i dispersi ci sarebbero anche 5 donne e una bambina di 7 anni.
Ottantotto migranti sono invece stati tratti in salvo da Humanity1 in acque internazionali. «I migranti – fanno sapere dalla Ong – erano su una barca di legno sovraffollata e inadatta alla navigazione e stava cominciando a piovere. Le persone soccorse erano in mare da tre giorni senza giubbotti di salvataggio e ora sono al sicuro». Alla nave è stato assegnato il porto di Livorno. «È lontana 1.400 chilometri, sono quattro giorni di navigazione – sottolinea la Ong –. I sopravvissuti dicono che c’è un secondo barcone alla deriva, ma le autorità italiane ci fanno tornare indietro». Si tratta infatti di una seconda imbarcazione con 105 persone a bordo in difficoltà nella Sar di Malta. Lo afferma sempre Alarm Phone, riferendo che i migranti sono «senz’acqua da bere e hanno urgente bisogno di soccorso».
Addestrati a Gaeta
E qui c’è la vergogna. A svelarla, su Latina Oggi, è Graziella Di Mambro: “Marzo 2023: scoppia un caso diplomatico europeo (non è il primo di questo genere) e riguarda la richiesta di chiarimenti avanzata da due Ong, Ocean Viking di SOS Méditerranée, che sostenevano di essere state minacciate con le armi da un pattugliatore della Guardia Costiera libica mentre era in atto il soccorso di un gommone in difficoltà. Le organizzazioni umanitarie e moltissimi osservatori ritengono che la Libia abbia un ruolo nel respingimento, con ogni metodo, dei flussi migratori.
Dove si forma tecnicamente la Guardia Costiera libica? A Gaeta, presso la scuola nautica della guardia di Finanza. Periodicamente gruppi di guardiacoste del Gacs (l’Amministrazione generale per la sicurezza costiera del Governo di Tripoli) effettuano corsi di formazione nella città del Golfo e l’ultima volta uno dei partecipanti è sparito nel nulla, diventando egli stesso uno dei tanti immigrati clandestini. Tuttavia l’attività di formazione prosegue: in questi giorni un’altra squadra di guardiacoste libici è a Gaeta per partecipare ad un seminario specifico, una «Sessione sulla gestione e manutenzione dei motori e dei sistemi ausiliari dei pattugliatori forniti dall’Italia». Lo hanno postato, con corredo fotografico, gli stessi partecipanti. E ora quelle foto stanno facendo il giro del web come «prova» del fatto che è l’Italia a fornire il know-how per quella che viene definita la caccia ai migranti in fuga. In realtà, va detto, questi corsi sono parte integrante di un accordo bilaterale Italia-Libia stipulato nel 2017 in base al quale c’è una fornitura di motovedette e relativa formazione per il personale di bordo. Protocollo rinnovato con ulteriori investimenti lo scorso autunno, quando è stata aggiudicata una commessa da 6,6 milioni di euro per fornire 14 imbarcazioni alle milizie libiche destinate ad per intercettare e respingere le persone in fuga nel Mediterraneo. A curare la gara è stata l’agenzia del ministero dell’Economia che ha come finalità primaria l’«attrazione degli investimenti e sviluppo d’impresa». Anche allora le Ong hanno protestato ma il progetto va avanti nell’ambito del programma sicurezza nel Mediterraneo. La procedura è stata curata da Invitalia, dopo che ad agosto 2019 ha stipulato una convenzione con il Ministero dell’Interno per garantire supporto tecnico anche sul fronte libico. La copertura finanziaria dei nuovi battelli è garantita, come in precedenza, dal progetto «Support to integrated Border and migration management in Libya» (Sibmmil) del dicembre 2017, cofinanziato dall’Unione europea, implementato dal Viminale e inserito nel quadro del Fondo fiduciario per l’Africa (Eutf)”.
La nostra amara conclusione. Le navi salvavita vengono criminalizzate per il loro impegno umanitario nel Mediterraneo. Il governo securista stringe patti scellerati con i “Gendarmi del Mediterraneo” (Haftar, Saïed, per non parlare di Erdogan e al-Sisi) e addestra membri di quella organizzazione criminale (cosa documentata da centinaia di testimonianze e di rapporti internazionali) denominata Guardia costiera libica. L’Italia che amiamo e sosteniamo è quella che si riconosce nella Geo Barents. L’Italia che ci ripugna sta oggi al governo.