Migranti, omissioni di soccorso e criminalizzazione delle Ong: la destra al potere
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Migranti, omissioni di soccorso e criminalizzazione delle Ong: la destra al potere

Omissioni (di soccorso), fermi amministrativi, Ong criminalizzate. E ancora: la logistica della crudeltà, la semantica dell’odio. Così si declina il securismo al governo in Italia.

Migranti, omissioni di soccorso e criminalizzazione delle Ong: la destra al potere
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

3 Giugno 2023 - 14.58


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Omissioni (di soccorso), fermi amministrativi, Ong criminalizzate. E ancora: la logistica della crudeltà, la semantica dell’odio. Così si declina il securismo al governo in Italia.

Fermo amministrativo

Protesta la Ong tedesca Sea-Eye, sottoposta ieri al fermo di 20 giorni, insieme alla Mare-Go, per non aver rispettato l’ordine di recarsi nel porto assegnato. Secondo la ong si tratta di “un altro riprovevoletentativo di criminalizzare il salvataggio in mare per giustificare un’azione statale sempre più brutale”, afferma.Il ‘Sea-Eye 4 sarà trattenuto dunque per 20 giorni a Ortona. Secondo la Guardia Costiera italiana, il motivo del fermo è che dopo aver soccorso 17 persone nella zona di ricerca e soccorso libica, la nave ha tratto in salvo altre 32 persone nella zona Sar maltese e non si è avvicinata al porto di Ortona non appena possibile. “Il Sea-Eye 4 ha interrotto il suo avvicinamento a Ortona martedì sera – spiega l’organizzazione – perché c’era una chiamata di soccorso da una barca con più di 400 persone nella zona di ricerca e soccorso maltese. La barca è stata infine individuata dall’aereo di ricerca civile Seabird. Poiché nessun attore statale ha confermato il coordinamento dell’emergenza marittima e Malta non ha coordinato per molti mesi le emergenze, la missione di salvataggio aggiuntiva per Sea-Eye era senza alternative”. Durante la ricerca delle 400 persone, il Sea-Eye 4 avrebbe ricevuto una chiamata di soccorso da una barca a vela che aveva individuato 32 persone su una barca in pericolo e che sono state raggiunte e messe in sicurezza. Nella notte di mercoledì, il Sea-Eye 4 ha continuato a cercare le 400 persone, che hanno raggiunto la zona di ricerca e soccorso italiana con le proprie forze. Sono stati soccorsi dalla Guardia costiera poco prima di raggiungere la Sicilia. Il presidente di Sea-Eye, Gorden Isler, sostiene che i lunghi viaggi verso porti assegnati e lontani “significheranno sempre che dovremo decidere durante il viaggio se rispondere a più chiamate di soccorso in arrivo. Certo che lo faremo anche se questo poi porterà ad accuse di violazione delle leggi italiane”.

Omissioni di soccorso. La strage di Cutro

La motovedetta della Guardia di Finanza “lungi dall’essere in navigazione alla ricerca del target, si trovava in realtà all’interno del porto di Crotone“. E secondo la Procura, inoltre, sarebbero stati alterati i documenti della motovedetta: “Il giornale di chiesuola presenta delle significative anomalie”. È tutto scritto nel decreto che ha disposto le perquisizioni e sequestri nelle sedi della Guardia di finanza e della Guardia costiera, firmato dalla Procura di Crotone nell’ambito dell’indagine sul naufragio del barcone carico di migranti che spezzò il 26 febbraio scorso impattando con una secca di fronte alla costa di Cutro, uccidendo 94 persone (imprecisato il numero dei dispersi). Sono sei gli indagati dal sostituto procuratore Pasquale Festa: il tenente colonnello Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia della Guardia di Finanza; Antonino Lopresti, dello stesso Roan, operatore di turno la notte del naufragio, e il colonnello Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto. Ai tre militari è stato notificato il decreto di perquisizione emesso dalla Procura. Lo stesso provvedimento, inoltre, è stato notificato ad altre tre persone i cui nomi, però, sono stati omissati. Lo scopo è di acquisire tutte le informazioni sulle comunicazioni e gli ordini di servizio intercorsi tra i vari comandi nella notte fra sabato 25 e domenica 26.

Nel decreto di perquisizione si ricostruisce quello che accade la notte del naufragio. Si parte dalla segnalazione di Frontex alle 23.03 del 25 febbraio all’ufficio competente di Versavia e, per competenza, all’International coordination center di Pratica di Mare con cui si indica la presenza di un’imbarcazione che naviga con “buona galleggiabilità” e sulla quale si vede “una persona sul ponte superiore” e “possibili persone aggiuntive sottocoperta”. La comunicazione viene poi inoltrata alle sale operative della Guardia di Finanza di Vibo Valentia ed al Comando generale della Guardia costiera.

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Alle 23.49, in una telefonata tra la Guardia di Finanza e la Guardia costiera, l’operatore Lopresti afferma che si sta recando in zona la motovedetta V5006. L’operatore della Guardia costiera risponde che “avrebbe potuto allertare un’unità di Crotone o di Roccella Ionica ricevendo assicurazioni da parte dell’operatore della Guardia di Finanza”. Le indagini hanno però accertato, si legge nel decreto, che quella motovedetta” in quei momenti, lungi dall’essere in navigazione alla ricerca del target, si trovava in realtà all’interno del porto di Crotone“. Da bordo della stessa motovedetta, inoltre, avevano fatto sapere due ore prima che non avrebbero potuto navigare a causa delle condizioni del mare. Secondo la Procura sarebbero anche stati alterati i documenti della motovedetta della Guardia di Finanza: “Il giornale di chiesuola – si afferma nel decreto – presenta delle significative anomalie: le modalità di redazione inducono a ritenere che le circostanze presenti alle pagine 37, 38, 39 e 40, verificatesi in momenti antecedenti al disastro, quindi in una situazione non di emergenza, siano state annotate successivamente ai fatti“.

Il colonnello Vardaro, nonostante gli fosse stato detto di andare ad intercettare l’imbarcazione con i migranti, secondo quanto ricostruisce il decreto ha impartito l’ordine di salpare solo dopo avere ricevuto alcuni solleciti da Lopresti. Il barcone viene agganciato per la prima volta dai radar alle 3.34, a poco più di sei chilometri dalla costa di Isola Capo Rizzuto e a 13 chilometri e mezzo dalla foce del torrente nei pressi del quale avverrà poi il disastro. Ma nonostante questo, il Roan di Vibo comunicava, in una telefonata successiva alla Guardia costiera di Reggio Calabria, che “dal radar al momento non battiamo nulla“.

“Al fine di procedere ad una compiuta ricostruzione del fatto e comprendere le ragioni sottese a simili scelte operative, al ritardo accumulato nell’operazione della Guardia di finanza ed alla mancata comunicazione della posizione del natante alla Capitaneria di porto – afferma ancora la Procura nel decreto – si cercava di acquisire le comunicazioni di servizio intercorse tra gli operatori della Gdf impegnati nel servizio di quella notte, ma sui server in uso alla Guardia di finanza non veniva ritrovata alcuna traccia audio“. Ed infatti la Procura sottolinea che per le comunicazioni sono stati utilizzati “anche i telefoni privati o di servizio”. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati agli indagati proprio i telefoni personali e di servizio al fine di accertare tutte le comunicazioni che ci sono state a partire dalla notte del naufragio, compreso lo scambio di file audio e video.

Il governo sbugiardato

Ricostruisce Valigia Blu: “Quando lo scorso 26 febbraio 94 persone, tra cui 35 bambini, sono annegate a 40 metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, disse: “Se avessimo potuto, avremmo salvato i migranti”. E aveva fatto muro contro le richieste di trasparenza sulla opaca catena di soccorso e di dimissioni del ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, per le sue parole di rara disumanità subito dopo la tragedia e per l’intervento di salvataggio a naufragio ormai avvenuto. 

Il governo non ha fatto morire volutamente i migranti, aveva risposto Meloni a queste richieste mentre andava avanti il rimpallo di responsabilità e scaricabarile tra Guardia costiera (che fa capo al ministero dei Trasporti), Guardia di finanza (che fa capo al ministero degli Interni) e Frontex (l’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera). Tra chi sosteneva di essere stata interpellata solo per conoscenza e che l’operazione fosse di polizia marittima, pur ammettendo che si sarebbe potuti intervenire nella mattina del 26 febbraio ma di non averlo fatto per questioni procedurali (Guardia costiera), chi affermava di non essere titolata a prestare soccorso perché l’intervento si era configurato come “law enforcement” (Guardia di finanza), e chi ribadiva di aver inviato “immediatamente una segnalazione” a tutte le autorità italiane e di aver fatto quanto di sua competenza (Frontex). Un’inchiesta internazionale – portata avanti da Lighthouse Reports, Süddeutsche Zeitung, Le Monde, El Pais, Sky News, Domani – mostra attraverso documenti inediti, fonti confidenziali, immagini satellitari, modelli 3d e decine di testimonianze le falle nella catena di comando che hanno portato prima al naufragio e poi al rimbalzo delle responsabilità tra le tre autorità coinvolte. Ed evidenzia come fin dall’inizio siano stati sottovalutati tutti i segnali di pericolo, decidendo di non intervenire con un’operazione di ricerca e soccorso in mare (SAR) ma con una di “law enforcement”.

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Frontex monitora lo Ionio con aerei e droni per individuare le imbarcazioni sospette. Dopo che il suo aereo Eagle1 è decollato il 25 febbraio, ha incontrato “forti venti” ore prima di localizzare la Summer Love, come risulta da un rapporto confidenziale che abbiamo ottenuto.

Frontex ha individuato l’imbarcazione tracciando le telefonate satellitari effettuate in Turchia e l’ha segnalata come “possibile imbarcazione di migranti” senza giubbotti di sicurezza visibili e con una “significativa risposta termica” da sottocoperta, che indica un numero “insolito” di persone a bordo.

L’inchiesta mostra che sin dalla sera del 25 febbraio, il giorno prima della strage, Frontex aveva avvistato la nave, aveva trasmesso i dati immediatamente al centro di controllo in Polonia e li aveva messi a disposizione delle autorità italiane. Inoltre, nella sala di monitoraggio di Varsavia erano presenti un rappresentante della guardia di finanza e della guardia costiera italiana. Meloni all’epoca aveva invece detto che da Frontex: «non è arrivata alcuna comunicazione di emergenza. Non siamo stati avvertiti».

Oltre ad avvistare la Summer Love, le telecamere termiche a bordo del velivolo avevano rilevato “segni” che indicavano la presenza di tante persone sottocoperta. Inoltre Frontex aveva segnalato anche che l’imbarcazione non aveva a disposizione i giubbotti di salvataggio. Tutte le autorità italiane competenti erano a conoscenza dell’imbarcazione e della possibilità che trasportasse migranti verso le coste italiane. È da questo momento, dice l’indagine internazionale, che iniziano le omissioni nei racconti di ciò che è accaduto. 

Innanzitutto Frontex, ancora prima di individuare la nave di legno sovraffollata con quasi 200 persone a bordo, ha nascosto che il pilota aveva avvertito del forte vento. Barche come la Summer Love hanno in genere spazio per 16 persone.

La ricostruzione in 3D dell’imbarcazione fa capire come sarebbe apparsa sovraffollata a chi guardava i filmati di sorveglianza e fa comprendere meglio la situazione a bordo prima e durante il naufragio.

Osservando il modello 3D, si può capire come in tempo reale le autorità italiane fossero pienamente consapevoli dei rischi che l’imbarcazione stava affrontando. Come risulta dai documenti, le informazioni rilevate dall’aereo di Frontex sono state trasmesse in diretta alle autorità italiane.

Il maltempo, la mancanza di giubbotti di salvataggio e il sovraffollamento sono segni di pericolo, secondo la legge del mare: tuttavia le autorità marittime non hanno avviato un’operazione di ricerca e salvataggio. “Questa decisione ha avuto conseguenze letali”, scrivono gli autori dell’inchiesta giornalistica.

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Ma come è potuto accadere tutto questo? Sentito da Domani,  l’ammiraglio ed ex portavoce della guardia costiera Vittorio Alessandro spiega: «Molte situazioni di pericolo conclamato vengono ormai registrate come evento migratorio, mentre prima erano identificati come situazione di soccorso. Quando le imbarcazioni si vedono navigare a galla e con i motori in funzione si ritiene, sbagliando, che non abbiano bisogno di assistenza o addirittura di soccorso. Il caso di Cutro rientra senz’altro fra queste ipotesi» nonostante – aggiunge l’ammiraglio – «quell’imbarcazione, così come fotografata e descritta dall’aereo di Frontex, andava incontro alla rovina perché sovraccarica». 

La sottovalutazione dell’evento – prosegue l’articolo di Domani – “è figlia di una scelta politica chiara adottata da quando nel 2019 si è insidiato al ministero dell’Interno Matteo Salvini. Secondo una serie di accessi agli atti di Altreconomia dal 2019 ai primi due mesi del 2023 i migranti arrivati via mare in Italia sono stati 232.660 attraverso 6.300 eventi. In quasi sei casi su dieci dei sono stati eventi classificati come law enforcement e non di ricerca e soccorso (Sar)”.

Alla domanda di Domani sul perché c’è tanta resistenza a mettere in atto operazioni di ricerca e salvataggio, Matteo Salvini ha risposto: «Perché è provato che si tratta di viaggi organizzati. Gli eventi Sar rispondono a un soccorso per un evento imprevisto». E ha aggiunto: «In questo caso, i viaggi vengono contrattati online con un punto di partenza e una durata. Sarà necessario rivedere le norme Sar in queste aree». 

Intanto, in Italia sono state avviate due indagini: una sui motivi per cui non è stata inviata alcuna nave di soccorso prima del naufragio, l’altra incentrata sui presunti scafisti, per i quali quattro sospetti – Gun Ufuk, Sami Fuat, Ishaq Hassnan e Khalid Arslan – devono rispondere delle accuse di naufragio colposo, di morte in conseguenza di altro reato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Khalid Arslan e Ishaq Hassnan (un ragazzo pakistano ancora minorenne al momento del naufragio) si sono dichiarati innocenti e hanno mostrato al loro avvocato le ricevute dei pagamenti per il viaggio, come tutti gli altri richiedenti asilo. Alcuni sopravvissuti hanno identificato Khalid come scafista perché aveva assunto il ruolo di traduttore tra chi guidava la nave e le persone presenti a bordo. Ma per il suo avvocato, Salvatore Perri, non ci sono dubbi: Khalid Arslan è innocente. Oltre ai documenti forniti lo dimostrerebbe anche l’aggressione ricevuta dai due imputati turchi avvenuta all’interno del carcere. 

Ricostruire la rete dei trafficanti che hanno organizzato il viaggio della Summer Love non è semplice. «Questa è una rete difficile da ricostruire, perché ci sono decine di trafficanti anche in ogni nazione. Parte del pagamento di Khalid è stato fatto in Pakistan, mentre altri hanno fatto pagamenti in Afghanistan e in Turchia. Una volta arrivati in Turchia dai paesi di origine il viaggio viene gestito da altre organizzazioni, per lo più turche, ma che utilizzano anche manovalanza di altre nazionalità», spiega l’avvocato Perri a Domani. Una cosa è chiara, conclude l’inchiesta giornalistica: i trafficanti avevano emissari anche in Europa”. 

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