Ventimiglia, la frontiera del dolore e la vergogna dei baschi neri del sindaco "sceriffo"
Top

Ventimiglia, la frontiera del dolore e la vergogna dei baschi neri del sindaco "sceriffo"

Ventimiglia, la frontiera della vergogna e degli abusi. Ventimiglia, la vergogna è anche il sindaco “sceriffo” e le sue ronde di baschi neri anti migranti. 

Ventimiglia, la frontiera del dolore e la vergogna dei baschi neri del sindaco "sceriffo"
Migranti a Ventimglia
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

4 Agosto 2023 - 12.33


ATF

Ventimiglia, la frontiera della vergogna e degli abusi. Ventimiglia, la vergogna è anche il sindaco “sceriffo” e le sue ronde di baschi neri anti migranti. 

Vietato Passare – La sfida quotidiana delle persone in transito respinte e bloccate alla frontiera franco-italiana” è il titolo del nuovo rapporto di Medici senza frontiere (Msf) pubblicato oggi sulle condizioni di centinaia di persone migranti in transito nella città di Ventimiglia, che cercano ogni giorno di attraversare il confine italo-francese e raggiungere altri paesi europei. 

“Adulti e bambini sistematicamente respinti dalla polizia francese – talvolta con violenza, trattamenti inumani e privazione temporanea della libertà personale – e lasciati senza un’adeguata assistenza sul territorio italiano. 

Vietato passare in Francia

Tra i 320 pazienti visitati tra febbraio e giugno 2023 durante le nostre attività di clinica mobile e le 684 persone in transito che hanno partecipato ad attività di promozione della salute e orientamento ai servizi socio-sanitari, il 79,8% ha dichiarato di aver tentato più di una volta di raggiungere la Francia e di essere stato respinto.

Persone che dopo aver lasciato il loro paese di origine per sfuggire a violenze, morte, soprusi e povertà e dopo aver affrontato viaggi estremamente pericolosi, si ritrovano nuovamente esposte a violenze, umiliazioni e abusi nel cuore dell’Unione Europea. 

Vediamo persone estremamente vulnerabili che vengono respinte dalla polizia francese in maniera indiscriminata, senza che le loro specifiche condizioni individuali vengano adeguatamente valutate, per poi ritrovarsi sul territorio italiano senza un’adeguata assistenza da parte delle istituzioni”, rimarca Sergio Di Dato, coordinatore del Progetto Msf a Ventimiglia. 

Molte delle persone in transito che abbiamo incontrato e assistito, hanno raccontato di violazioni da parte delle autorità francesi durante le procedure di notifica del refus d’entré (rifiuto d’ingresso), menzionando ad esempio trascrizioni imprecise dei dati personali, la fornitura imparziale o insufficiente di informazioni da parte delle autorità o l’assenza di mediatori interculturali. 

Tra loro ci sono anche persone vulnerabili, come minori non accompagnati, donne incinte o con bambini, anziani e individui con patologie mediche. Più di un terzo dei 48 minori non accompagnati ha riferito di essere stato respinto, mentre diverse persone hanno raccontato di essere state detenute arbitrariamente dalla polizia francese e trattenute in container durante la notte, in condizioni di promiscuità e senza alcuna protezione specifica per donne e minori. 

Secondo quanto riferito al nostro team, nelle notti trascorse nei container non sempre sono stati forniti cibo e acqua, l’assistenza medica è stata spesso negata, i servizi igienici ritenuti inadeguati e le persone sono state costrette a dormire a terra in spazi ridotti e spesso sovraffollati.  

Inoltre, solo nella prima metà dell’anno, abbiamo registrato almeno quattro casi di separazione familiare durante i respingimenti. 

“Siamo stati fermati a Nizza dalla polizia. Mia moglie è incinta. È stata portata in ospedale perché è svenuta mentre la ammanettavano. Io e mio figlio di due anni siamo stati portati alla stazione di polizia di frontiera di Mentone. Abbiamo passato la notte al freddo e la mattina successiva siamo stati respinti e riportati in Italia, ma non abbiamo notizie di mia moglie”., un uomo della Costa d’Avorio.

Assistenza inadeguata sul territorio italiano

Sul territorio di Ventimiglia, d’altro canto, le persone in transito hanno un accesso estremamente limitato ad alloggi adeguati, all’assistenza sanitaria, all’acqua potabile o ai servizi igienici, con conseguenze dirette sulle loro condizioni di salute. 

Tra i 320 pazienti che abbiamo assistito da febbraio a giugno, 215 persone hanno riportato problemi dermatologici, infezioni respiratorie e gastrointestinali, ferite e dolori articolari – condizioni causate o aggravate dalla vita in strada – mentre 14 soffrivano di malattie croniche come diabete e malattie cardiovascolari con necessità di terapia continuativa e a lungo termine.  

Leggi anche:  Immigrazione, integrazione e diritti umani: 25 anni di sfide e prospettive tra Italia ed Europa

Nonostante siano stati recentemente aperti due nuovi Pad (Punto Assistenza Diffusa) dove i migranti più vulnerabili respinti dalla Francia possono trovare riparo per la notte, decine di persone in transito sono ancora costrette a dormire in strada o in accampamenti di fortuna. Due dei quattro PAD promessi dalle autorità locali non sono ancora operativi e i servizi essenziali come alloggi, assistenza sanitaria e legale vengono forniti dalle associazioni locali e dalla società civile.  

È fondamentale che alle persone in transito, indipendentemente dal loro status giuridico, siano garantiti protezione e servizi adeguati ai loro bisogni. La situazione di stallo che ormai da anni si è creata a Ventimiglia non è un caso isolato, e riflette di fatto l’orientamento delle politiche migratorie europee, incentrate sul contenimento e su un approccio securitario più che sulla protezione internazionale e i diritti fondamentali delle persone migranti”, rimarca Di Dato. 

Le richieste di Msf all’Italia e all’Europa

Sulla base delle testimonianze e dei dati medici raccolti a Ventimiglia e al confine con la Francia, esortiamo l’Italia, la Francia e gli altri paesi europei a mettere in atto tutte le misure necessarie per garantire dignità e protezione alle persone vulnerabili in transito e chiede pertanto di: 

  • porre fine ai respingimenti sistematici e indiscriminati e ai trattamenti degradanti e inumani sia alle frontiere interne che esterne dell’Unione Europea;  
  • porre fine alla detenzione arbitraria delle persone migranti e all’uso della violenza alle frontiere;  
  • garantire un trattamento umano e adeguato alle esigenze specifiche di questa popolazione, nonché l’accesso all’assistenza sanitaria e a condizioni di vita dignitose per le persone in transito a Ventimiglia, in Italia e in Europa;  
  • garantire passaggi legali e sicuri alle persone che cercano assistenza e protezione in Europa; 
  • garantire il diritto dei minori stranieri di chiedere asilo sul territorio francese ed europeo. 

Le testimonianze delle persone migranti

“Ho cercato di raggiungere la Francia in treno, ma alla stazione di Mentone la polizia mi ha fatto scendere. Sulla banchina una poliziotta ha iniziato a insultarmi, dicendomi che stavo fingendo di essere incinta perché è quello che “noi migranti facciamo sempre”. Ha iniziato a tastarmi la pancia con le mani per vedere se ero davvero incinta. Mi ha fatto male e mi sono vergognata di essere trattata così davanti a tante persone”, dice una donna dalla Guinea. 

“Ho 70 anni. Io e mio marito abbiamo fatto il viaggio per raggiungere i nostri figli in Europa. Sono diabetica, di recente sono stata operata al cuore e sto ancora seguendo le cure. Non potevo più rimanere in un Paese in guerra. Dopo aver attraversato la Turchia e i Balcani a piedi, non pensavo che sarei finita chiusa in un container in Francia, costretta a passare la notte seduta su una sedia senza che nessuno rispondesse alle mie richieste di aiuto [anche se io] bussavo alla porta e gridavo [per chiedere aiuto]”, testimonia una donna dalla Siria. 

“La polizia ci ha fermato a Mentone sul treno. Siamo stati costretti a passare la notte all’interno del container, ma mia sorella era terrorizzata. Ha 10 anni ed è disabile. Ha subito violenze nel nostro paese, per questo ho deciso di partire con lei. Mi sento responsabile per lei e non riesco a capire perché ci trattino in questo modo. Speravo che in Europa le persone con disabilità potessero ricevere più assistenza”, racconta un uomo dalla Guinea. 

 “Ha guardato queste persone negli occhi?”

“Abbiamo letto, con grande disappunto, che lei ha assunto delle guardie armate allo scopo di rendere più sicuro il cimitero di Ventimiglia, impedendo l’accesso, con l’uso della forza, a delle persone che un’unica colpa hanno: essere nate nel posto sbagliato, al momento sbagliato. E che per questo, sono partite, in cerca di quello giusto in cui poter vivere dignitosamente, al pari di noi”.

Leggi anche:  Rilanciare la cooperazione internazionale si deve, si può

Inizia così la lettera ‘aperta’ della Scuola di Pace al Sindaco, Flavio Di Muro. “Si sono trovati a Ventimiglia – prosegue – chiedendo aiuto, comprensione e solidarietà. Invece noi… ‘Perché non state a casa vostra, ve lo diciamo per il vostro bene, non vedete che fine fate in mare, abbiamo già i nostri problemi, noi, che mica veniamo da voi a farceli risolvere, toglietevi dai piedi altrimenti…’. Detto fatto, è arrivato lei signor sindaco, che, con questo provvedimento costoso e inefficace, pensa di garantire maggiore sicurezza a coloro che l’hanno votata. E alle persone, che, scacciate dalla città, dai vivi, hanno trovato ristoro tra i morti, lei, in qualità di primo cittadino, con precisi doveri istituzionali e costituzionali nei confronti degli stranieri, tutti, cosa pensa di offrire, in alternativa al cimitero?”

“Ha guardato queste persone negli occhi prima di adottare un tale provvedimento? Ha provato a vivere la loro disperazione, per le atrocità che hanno subito prima di approdare da noi, ma, soprattutto per il vedersi rifiutati e colpevolizzati da chi avrebbe la possibilità di offrire loro una migliore prospettiva di vita, arricchendosi, a sua volta, di nuova umanità? In qualità di primo cittadino, ha offerto e doverosamente garantito, a questi poveri, disperati esseri umani, una degna sistemazione, in cui rifocillarsi, riposare, soddisfare le primarie necessità, recuperare le energie necessarie per riprendere il faticoso e impervio cammino della speranza?”

“Una cosa è certa – termina la lettera – non è con la forza che convinceremo i migranti, che nessuna prospettiva hanno, ad andarsene. No, loro continueranno a vagare per la città, in cerca di un riparo, un nascondiglio, un po’di umana comprensione. Perché, chi è sfuggito a guerre, carestie e non ha nulla più, nulla ha da perdere, e al nulla si aggrappa… e quel nulla siamo noi, la nostra società, egoista, indifferente, che ha tutto quello che loro non hanno, ai quali, prima o poi, di sicuro, dovrà restituire il maltolto. Perciò, noi la preghiamo di riflettere attentamente su questa sua scelta disumana, e la invitiamo a tornare indietro, offrendole il nostro contributo a cercare insieme, noi che siamo i primi, un modo onesto per aiutare gli ultimi a essere beati”.

E’ la “lettera aperta” della Scuola di Pace al sindaco di Ventimiglia. Una lettera da incorniciare.

Baschi neri

Così ne scrive, in un bel reportage per Repubblica del 1 agosto, Massimo Calandri, inviato a Ventimiglia: “Basco e divisa nera, pistola alla cintola, sguardo severo. Da ieri due guardie giurate presidiano l’entrata del cimitero nel quartiere di Roverino, all’ingresso di Ventimiglia. «Perché questa non è una casbah, neppure un centro sociale. La gente ha il diritto di venire con tranquillità a pregare i propri cari», dice il sindaco leghista della città di confine, Flavio Di Muro. Fotografato in mezzo ai vigilantes, appena assunti per questo servizio sperimentale. 

Ce l’ha coi migranti: usano i bagni pubblici del camposanto, si lavano con l’acqua che dovrebbe servire a innaffiare i fiori, si riparano all’ombra degli alberi. «Qualcuno di loro è stato sorpreso a dormire nelle camere mortuarie». Nei giorni passati il primo cittadino aveva fatto sgomberare i giardini pubblici del centro e il greto del torrente Roya dai bivacchi degli stranieri, che da anni affollano questo imbuto lungo la Riviera dei Fiori, al confine con la Francia. Ora il nuovo fronte: «Devo pensare all’immagine di Ventimiglia e alla serenità dei suoi abitanti. Alla sicurezza, al commercio. Al turismo». 

Leggi anche:  Il Consiglio d'Europa boccia i centri di rimpatrio: migranti maltrattati e sedati con psicofarmaci

Ogni giorno, a Ventimiglia, si registrano almeno duecento nuovi arrivi di migranti: la metà, grazie anche ai controlli un po’ allentati della polizia francese, riesce subito a passare la frontiera. I meno fortunati in genere attendono un paio di giorni, una settimana al massimo. Molti si ritrovano in un largo piazzale periferico giusto di fronte al cimitero, dove le associazioni di volontari distribuiscono pasti e vestiti. E succede che qualcuno, con questo caldo, cerchi un po’ di fresco. Un po’ d’acqua da bere. «Li abbiamo sempre fatti entrare, ricordando loro di lasciare tutto pulito», spiega Massimo, il custode. «Negli ultimi tre mesi avrò ricevuto un paio di lamentele generiche da persone venute a ricordare i loro defunti. Sono spaventati dal vedere uomini di colore scuro: o almeno, ci dicono così». 

Il sindaco Di Muro invece sostiene di avere fotografie e video, inviati da cittadini a suo dire esasperati: «Le cose che hanno documentato sono inaccettabili. Ho il dovere di garantire il decoro della città, partendo da luoghi come questo», spiega. Davanti al cimitero c’è un chiosco di fiori gestito da Sandra: «La situazione si è fatta caotica, da quando tre anni fa è stato chiuso il campo che qui vicino era gestito dalla Croce Rossa. Questi poveretti non sanno dove andare, non ci sono servizi. Si ritrovano qui, e basta che anche uno solo di loro si comporti male perché la gente abbia paura». 

Il Campo Roya ha chiuso i battenti nel luglio 2020. Ospitava circa 700 persone. «Una decisione del ministro Lamorgese: c’era il Covid, e grazie alle precedenti politiche migratorie di Salvini i numeri erano notevolmente ridotti», precisa Di Muro. Da allora, Ventimiglia ha continuato ad essere il crocevia per circa 70-80.000 migranti che ogni anno attraverso l’Italia vogliono raggiungere altri Paesi europei: la Francia al confine ligure ne ha respinti 33.000 nel 2022, nel 2023 sono aumentati del 30%. Ma qui non ci sono strutture in grado di accoglierli, neppure temporaneamente. 

A giugno è stato aperto un punto di assistenza diffuso per 10-15 persone: non è ancora operativo. Le cucine della Caritas, vicino alla stazione ferroviaria, ieri hanno offerto 130 pasti. È la media quotidiana. «E sono quasi sempre destinati a persone diverse dai giorni precedenti: metà viene dal Sudan, più del 30% dal Corno d’Africa. Da tempo non transita più di qui la rotta balcanica: afgani, curdi, iracheni, siriani passano per il Brennero o Como», dice Serena Regazzoni, che lavora per la Caritas e può confrontare i dati coi colleghi delle diverse sedi. 

È in aumento il numero di giovani donne dell’Africa centrale, molte in stato di gravidanza o con bambini piccoli. «I flussi a Ventimiglia si intensificano. In questo momento la polizia francese, forse impegnata su altre cose, ha allentato i controlli: è più facile passare. Ma se torneranno a essere intransigenti, come qualche mese fa, qui la situazione potrebbe esplodere», spiega Jacopo Colomba, dell’associazione WeWorld. Ottantamila disperati a Ventimiglia, ogni anno. Davanti al cimitero, le guardie giurate fermano «quelli che non sembrano parenti di defunti»: ieri hanno allontanato cinque migranti”.

Ventimiglia, la vergogna è anche questo. 

Native

Articoli correlati