Diciamolo pure: Matteo Messina Denaro si era stufato di fare la vita di merda che faceva. Viveva da solo in una stamberga in mezzo al nulla, in compagnia di lisi e patetici manifesti del “Padrino”, conservava gli scontrini come un qualsiasi pensionato che fatica a sopravvivere, teneva a portata di mano il Viagra come ultima speranza ed era costretto a fare su e giù con la clinica dove gli praticavano la chemio a bordo di una modesta automobile mettendosi sempre al volante con il ragionevole timore di imbattersi in un posto di blocco della polizia. Che vita è mai questa per il boss dei boss di tutti i tempi?
A quanto pare l’unica distrazione, l’unico contatto umano, Matteo Messina Denaro lo aveva con le altre, anziane pazienti che facevano la chemio con lui. Aveva stabilito dei bei rapporti, ci chattava con il suo smartphone.
Non fosse stato il ricercato più ricercato d’Italia, Matteo Messina Denaro avrebbe potuto anche suicidarsi. In quella casa non aveva denaro, in quella casa era meglio che nessuno entrasse, da quella casa non poteva uscire se non per motivi di assoluta necessità. Era malato, è malato. Secondo i medici, gli resta sì e no un annetto di vita.
Vuoi mettere la differenza di consegnarsi allo Stato, senza manette, scortato come un premier, comodamente accomodato a bordo di un bellissimo van nuovo di zecca?
Matteo Messina Denaro oggi, in confronto a prima, è un uomo felice, circondato da attenzioni, trattato con la dovuta soggezione scambiata per rispetto, puntualmente sottoposto ai suoi cicli di chemioterapia. Tutti si aspettano che Matteo Messina Denaro si penta. E pentirsi per cosa? Per guadagnarsi il Paradiso?
