Da un punto di vista processuale lo scenario è abbastanza chiaro. Se sarà provato che Turetta ha ucciso in maniera premeditata la sua ex non sfuggirà all’ergastolo. Se, al contrario, convincerà i giudici del fatto che non aveva pianificato l’assassinio di Giulia ma ha perso la testa, allora la condanna sarà egualmente pesante ma non l’ergastolo.
E questo, leggendo tra le righe, poteva essere il calcolo. Dopo quasi nove ore di interrogatorio, Filippo Turetta, attualmente detenuto con l’accusa di aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin l’11 novembre, ha risposto alle domande del pm di Venezia, Andrea Petroni. Durante l’interrogatorio, si sono alternati momenti di pausa, silenzi e lacrime, mentre il suo sguardo mostrava segni di tormento, sebbene abbia fornito risposte più dettagliate rispetto all’iniziale udienza davanti al gip tre giorni prima.
Alcune incongruenze nel suo racconto sono state esaminate attraverso domande precise, nonostante diverse affermazioni di ‘non ricordo’. Turetta ha menzionato di aver sentito qualcosa scattare nella sua mente per giustificare l’orrore dell’omicidio. Successivamente ha espresso la sua versione dei fatti, delineando il motivo dietro il tragico evento che ha suscitato un forte impatto in Italia.
“È terminato dopo quasi nove ore l’interrogatorio di Filippo Turetta, in carcere con l’accusa di aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin l’11 novembre. Il 21enne ha risposto alle domande davanti al pm di Venezia Andrea Petroni. Pause lunghe, silenzi, lacrime, sguardo spento ma anche risposte articolate, quelle che non aveva dato al gip tre giorni fa. E alcune incongruenze nel racconto verificate con domande puntuali, di fronte a diversi “non ricordo”. E quel “mi è scattato qualcosa in testa” per spiegare l’orrore. Poi la sua verità, il perché dell’omicidio che ha sconvolto tutta Italia.
Filippo Turetta, 22 anni il 18 dicembre, è stato arrestato in Germania il 20 novembre ed è accusato di omicidio volontario aggravato dalla relazione affettiva terminata e sequestro di persona e che, oltre all’occultamento di cadavere, rischia anche le aggravanti della premeditazione e della crudeltà. Ha trovato di fronte a sé il pm di Venezia Andrea Petroni, che coordina l’inchiesta dei carabinieri e che gli ha contestato tutte le prove raccolte, tra cui i due coltelli trovati e quel nastro adesivo, comprato online qualche giorno prima dell’11 novembre e che avrebbe usato per chiudere la bocca e legare le mani alla ragazza. Da almeno un mese, dopo che aveva deciso di lasciarlo la scorsa estate, Giulia era vittima anche delle sue pressioni psicologiche e dei suoi ricatti.