A Parma sono giorni molto difficili, a causa di uno sciame sismico che ha fatto avvertire alla cittadinanza oltre 120 scosse dal 7 febbraio. Secondo l’Ingv, lo sciame sismico ha colpito in particolare i comuni di Langhirano, Calestano, Fornovo di Taro. Proprio a Calestano si è registrata la scossa più forte, di magnitudo 4.1. Le profondità ipocentrali sono mediamente intorno a 18-20 km, con eventi che raggiungono profondità anche maggiori.
L’area interessata dalla sequenza in corso, rileva l’Ingv, ha una sismicità storica ben conosciuta e nella quale è possibile riconoscere eventi con caratteristiche simili, anche se hanno avuto magnitudo più elevate. Un terremoto ben documentato è senz’altro quello del 4 marzo 1898, con una magnitudo stimata pari a 5.4, e che produsse effetti fino al grado 7-8 MCS in due località (Mattaletto e Vidiana) e del 7 grado MCS in otto località tra le quali Langhirano.
La scossa fu avvertita in gran parte del nord Italia. Si ricorda poi il terremoto del 9 novembre 1983, avvenuto tra Parma e Langhirano, di magnitudo Mw 5.0 e profondità di 18 km, che ha prodotto effetti fino al grado 7 MCS nella città di Parma, e soprattutto quello del 23 dicembre 2008, localizzato poco a sudest della sequenza attuale (zona epicentrale Neviano Degli Arduini), di magnitudo 5.4 e con caratteristiche simili ai terremoti di questi giorni. Infine la sequenza che nel mese di maggio del 2020 ha interessato un’area molto prossima, leggermente più spostata verso Parma, con epicentro a Felino. A partire dal 1 maggio 2020, si verificò, infatti, una sequenza di 73 scosse con magnitudo compresa tra 1.7 e 3.0.
Sequenze di questo tipo, sottolinea comunque l’Istituto, sono comuni nell’Appennino settentrionale, così come in molte altre regioni d’Italia. Statisticamente, la maggior parte di esse termina dopo pochi giorni o qualche settimana, ma in alcuni casi possono durare più a lungo, soprattutto nei casi in cui si manifesti un terremoto più forte. L’area interessata dall’attuale sequenza è posta in una fascia a pericolosità sismica media e non è distante dalle zone dell’Appennino settentrionale caratterizzate da pericolosità molto alta, come quelle della Val di Taro e della Garfagnana.