Quello di oggi è stato uno dei migliori San Valentino che abbia trascorso. Un San Valentino diverso, ma sicuramente più ricco e denso di significato. Una festa degli innamorati passata a spiegare che “Chi ama non uccide” davanti ad una vivace platea di studenti.
Così all’istituto Fermi di Tivoli è stato organizzato un incontro su femminicidio e violenza di genere in collaborazione con la polizia di Stato e grazie alla sensibilità della preside Mariamarina Iorio e di professoresse e professori che hanno preparato questa iniziativa oltre alla vice-sindaca Laura Di Giuseppe, persone molto sensibile verso queste tematiche.
Un appuntamento che ho fortemente voluto insieme con il circolo Gobetti presieduto dal senatore Boratto, sindaco emerito di Tivoli, inseguendo l’idea e il sogno di poter fare qualcosa per favorire la cultura della consapevolezza e della prevenzione nella speranza che alcuni drammi possano essere evitati e fermati in tempo.
Da giornalista, prima cronista nei primi anni e poi da direttore di testate, sono sempre stato inseguito da queste storie tremende. Donne uccise da mariti o fidanzati padroni, donne considerate oggetti alla mercé degli uomini (di alcuni uomini, ovviamente) donne svuotate della loro dignità e private della vita anche prima di essere uccise.
Faccio il giornalista da trentanove anni e qualcuno pensa che a forza di raccontare di questi drammi uno si possa abituare. Forse per qualcuno è vero. Non per me. Riguardo la violenza sulle donne (e su i più indifesi) al pari del terrorismo, tema di cui mi sono spesso occupato, ho sviluppato una sindrome di Stoccolma al contrario. Ossia nessuna comprensione delle ragioni degli assassini ma una grande repulsione.
Così ogni volta provo un senso di sgomento nel dover raccontare o far raccontare dai miei cronisti di una donna uccisa solo perché donna, solo perché voleva essere padrona della sua vita, solo per aver detto no.
Tante storie diverse ma purtroppo molto simili tra di loro nella genesi e nella dinamica. Tragedie seguita da fiaccolate, da ondate emotive salvo poi- dopo pochi giorni – un nuovo caso.
La cronaca ci precede sempre ho detto anche questa mattina. Ma nello stesso tempo so che questo senso di frustrazione, di voler alzare bandiera bianca tanto non cambierà mai nulla sarebbe il più grave errore. E allora penso che senza quelle fiaccolate, senza quelle ondate emotive forse avremmo avuto più lutti, più tragedie, più orfani.
Non c’è la controprova, ovviamente. Ma sono sicuro che la cultura della prevenzione e della consapevolezza debba essere il nostro pane civile.
La polizia di Stato ha una grande capacità e professionalità nell’affrontare queste tematiche e dedica tempo ed energie alla formazione del personale. Nello specifico, poi, il commissariato di Tivoli-Guidonia è una delle eccellenze riconosciute a livello nazionale, come dimostra tra l’altro lo spot della polizia girato proprio a Tivoli, in particolare alla Rocca Pia.
Gli interventi di Laura Bernardi, responsabile della sezione violenza di genere dell’Anticrimine, di Paola Pentassuglia dirigente del commissariato di Tivoli, di Davide Sinibaldi, sostituto commissario che è diventato uno dei referenti più conosciuti e stimati nel territorio, sono stati puntuali e molto diretti. La loro capacità di conquistare l’attenzione degli studenti evitando i tecnicismi e il burocratese è stata la migliore dimostrazione di quella ‘prossimità’ che è fondamentale per stabilire un ponte tra forze di polizia e cittadini.
Tutto questo mentre una rappresentanza del 112^ corso di formazione, formata da quattro Commissari accompagnati dal Vice Questore Marco Travisani – presenti grazie alla disponibilità di Anna Maria Di Paolo, direttrice della scuola superiore di polizia – ha seguito l’incontro seduta in mezzo agli studenti proprio per dare un segno anche fisivo della vicinanza.
Oggi Tivoli è stata l’Italia e sono certo che in tutto il paese non mancheranno iniziative come queste portate avanti da chi non si arrende ed è impegnato nella titanica impresa di tentare di cambiare una mentalità troppo ancora presente.
Potremmo tutti essere felici se da una iniziativa come questa scaturirà una segnalazione in più, una denuncia in più o anche una maggiore consapevolezza che possa evitare sul nascere questi episodi. Il tempo ce lo dirà. Sono però sicuro che scuole, società civile e forze di polizia insieme possono fare tanto. Anzi tantissimo. Tutti uniti e con tenacia.