Domenica pomeriggio sono scesa in piazza, davanti al Teatro dell’Opera di Roma, a pochi passi dal Viminale. Sono andata alla manifestazione in sostegno ai ragazzi e alle ragazze di Pisa ma anche a sostegno di tutte le altre manifestazioni in Italia, dove si sono verificati scontri e cariche delle forze dell’ordine. Non è una novità per me sostenere i giovani, mi batto da sempre per le nuove generazioni e mi batto per il futuro, per la libertà e per la democrazia.
Sono una fedele sostenitrice delle parole di Giorgio Gaber “libertà è partecipazione”. E allora sono andata, con amici, al Largo Beniamino Gigli a manifestare ed a cantare “Casa Mia” e “Bella Ciao” insieme a tanta gioventù e tanti adulti che si sono ritrovati uniti e compatti nel non mollare e abbassare la testa davanti alle manganellate. Sono arrivata a piedi da Prati e più mi avvicinavo al luogo predestinato, più lo schieramento della Polizia aumentava, sproporzionato rispetto a chi era sceso a manifestare, strade sbarrate da mezzi della Celere e tutti con divise antisommossa. Avrei voluto chiedere ai tanti uomini pronti alla ‘guerra’ con quanta convinzione erano lì, e avrei voluto vederli in altre aree del nostro Paese pronti a difendere la sicurezza dei cittadini in pericolo quotidianamente, in difesa di donne e minori, dei deboli e di chi vive nel terrore e nella paura.
Uno spiegamento di forze incomprensibile visti i manifestanti, davanti al Viminale una cintura di sicurezza fatta da autoblindati e uomini schierati senza lasciare un centimetro di spazio, mancavano solo i carri armati e le tute mimetiche. Io c’ero, un presidio pacifico, dove la dialettica era l’unica arma presente, ma forse riflettendoci quella spaventa di più, forse i cervelli pensanti mettono più ansia di oggetti contundenti, forse il pensiero libero mette angoscia a chi vive protetto da caschi e giubbotti antiproiettili, forse chi elabora e riflette spaventa chi dai piani alti sa solo impartire ordine e disciplina. Eravamo 800 forse mille o di più o di meno, eravamo tutti pronti ad essere identificati, sulle nostre teste volava un elicottero, addirittura un controllo aereo perché chissà cosa poteva accadere. Cosa poteva accadere in una piazza o, meglio, uno slargo, dove comuni cittadini che votano ed esercitano un diritto garantito dalla Costituzione italiana si riuniscono per dire no alle manganellate, alla violenza gratuita, a sostegno della libera espressione, alla solidarietà verso i nostri giovani. Certo eravamo più di 49 c’erano gli estremi per un rave party, e forse c’erano dei ragazzi che per Valditara avrebbero “meritato” il 7 in condotta, questo è forse il problema?
Ovunque c’erano agenti in borghese, riconoscibilissimi con i loro telefoni, auricolari e finti abiti borghesi. Pochi i politici di spicco, tante persone con una coscienza e con saldi ideali, eravamo a fianco alle nuove generazioni determinati a difendere la nostra e la loro libertà, in nome nel mio caso, di una storia socialista. Certo, non bisogna generalizzare ci sono poliziotti bravissimi, che ogni giorno rischiano la vita ma è anche per loro che occorre manifestare perché non abbiano ad essere paragonati a persone che hanno dimenticato che la violenza contro i più deboli è l’esatto contrario dei principi di una professione nobile. Proprio per le forze dell’ordine che ogni giorno muoiono, e operano in contesti complicati, che mettono a rischio la propria vita occorre fare chiarezza su chi ha colpito con il manganello senza che ci fosse bisogno, proprio per quegli operatori sarebbe necessario e civile che ci fosse un codice identificativo, come in molti paesi democratici, per poter distinguere e non generalizzare. Posso essere identificata ovunque ma non posso chiedere a chi mi identifica la propria identità? Forse c’è qualcosa che non va?
E così un’altra grana per la Meloni, che preferisce non esprimersi, che a Kiev parlava di armi e di guerra, e allora illustre Presidente faccia chiarezza e dica che condanna le violenze, visto che proprio nel suo discorso di insediamento parlò del suo passato di manifestante. Presidente, dica che i trattori, i balneari, i tassisti quando manifestano sono uguali agli studenti, ai pacifisti etc, dica a tutti che crede nella democrazia e nella libertà di espressione, dica che il 7 in condotta è solo propaganda e che tutti i giovani devono poter pensare liberamente. Vada Lei in Parlamento e ci dica che sono stati compiuti errori a Pisa, a Napoli etc, per non parlare di Cutro, ci dica che il Presidente del Consiglio, di una Repubblica nata dopo il buio e l’orrore del fascismo e della Seconda Guerra Mondiale, è espressione piena di democrazia. Quella democrazia e quella Costituzione che ha permesso a tutti di essere in Parlamento, che ha preferito includere invece che escludere, in alcuni casi, purtroppo, non facendo i conti con la storia e l’atrocità di anni terribili. I manganelli hanno colpito l’opinione pubblica e non saranno dimenticati da un Paese che nonostante viri a destra o, meglio, al centro, non rinuncerà alla libertà e alla democrazia. L’Italia non è l’Ungheria e le mille persone di Roma insieme alle persone scese in piazza a Pisa sono vigili sentinelle di questa Repubblica democratica. Tocca alla politica quella con la P maiuscola di rappresentare in un Parlamento democratico, la convinzione che indietro sui diritti non si torna, che le ferite delle manganellate guariscono ma i segni saranno indelebili.
Grazie al Presidente Mattarella per aver condannato gli attacchi personali al Presidente del Consiglio, e per aver richiamato Piantedosi sull’episodio inqualificabile di Pisa, mi aspetto che vengano date risposte chiare e che si mostri la cartina di Pisa per sfatare le mille illazioni su attacchi a luoghi sensibili. E grazie per aver detto che le manganellate sono un fallimento!!!
Mi auguro che la verità emerga sulle responsabilità singole e no. Domenica pomeriggio molti adulti si sono interfacciati con i ragazzi che si sono spostati di pochi metri in direzione del Viminale e l’autorevolezza del confronto non ha creato incidenti e nemmeno scontri, ma un’aperta e costruttiva discussione. Attenzione a confondere l’autorevolezza con l’autorità, la prima si conquista con il dialogo, la conoscenza, la saggezza, la dialettica e soprattutto con l’esempio e la coerenza, l’altra basta un distintivo. Ricordando a tutti ciò che ben ha dichiarato il giurista nonché ex Presidente della Corte Costituzionale Italiana, Gustavo Zagrebelsky in un’intervista a La Repubblica:” E’ sotto il fascismo che occorreva l’autorizzazione dell’autorità pubblica: l’esercizio dei diritti allora era subordinato al beneplacito del governo. La nostra Costituzione non prevede alcuna autorizzazione: delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato semplicemente un preavviso alle autorità. Il preavviso non è la richiesta di un’autorizzazione. Il principio è il diritto, l’eccezione è il divieto”.