Nel caso di Unabomber, l’attentatore dinamitardo che tra il 1994 e il 2007 ha terrorizzato il Nord Est Italia, potrebbe esserci finalmente una svolta. E’ stato infatti trovato del dna mitocondriale, grazie alle nuove tecnologie, sui reperti trovati nelle zone degli attentati. A questo punto si dovrà procedere con la comparazione del profilo genetico dei sospettati.
Undici sono gli indagati della precedente inchiesta, venti sono invece le persone coinvolte che non risultano indagate. I periti del Tribunale di Trieste hanno chiesto una proroga di due mesi di lavoro per raccogliere più informazioni possibili entro l’udienza prevista per il mese di ottobre. I reperti si riferiscono agli attentati dal 1994 al 1996 e dal 2000 al 2006 nelle province di Pordenone, Udine, Treviso e Venezia.
Analisi che si sono soffermate su formazioni pilifere trovate in una bomboletta di stelle filanti, un tubo, un uovo, e su nastri isolanti presenti in alcune confezioni di pomodoro e di maionese. I controlli sono poi proseguiti sui rilievi dattiloscopici, su un inginocchiatoio, una scatoletta di sgombro, un congegno nascosto sotto la sella di una bicicletta, e una bottiglia di Coca Cola. Maurizio Paniz, legale di uno dei sospettati, Elvo Zornitta, ha espresso tutta la sua contrarietà rispetto a quanto è stato riportato nei giornali.
«È inconcepibile che escano notizie che hanno determinato le pagine dei giornali di oggi e la difesa non ne sappia niente. Mi fa sorridere il fatto che i giornali scrivano `fitto riserbo degli investigatori´, mi chiedo allora come siano uscite queste notizie». L’avvocato si è sempre detto «felicissimo di qualsiasi indagine, di qualsiasi approfondimento», ma sulla conservazione dei reperti nutre «significativi dubbi perché in questi anni le manipolazioni possono essere state molteplici e quindi non credo sia stata garantita la conservazione».