In memoria di Bruno Fanciullacci, partigiano medaglia d'oro al valor militare
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In memoria di Bruno Fanciullacci, partigiano medaglia d'oro al valor militare

Partigiano, gappista, fu tra i principali esponenti della Resistenza in Toscana come dirigente dei Gap. Partecipò all'uccisione del ministro fascista Giovanni Gentile

In memoria di Bruno Fanciullacci, partigiano medaglia d'oro al valor militare
La tomba del partigiano Bruno Fanciullacci
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15 Luglio 2024 - 11.35


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Bruno Fanciullacci è nato in una famiglia di tradizioni socialiste e si è trasferito a Firenze nel 1932. Suo padre Raffaello, fiorentino trasferitosi in Valdinievole dal 1907, era di sentimenti anticlericali ed anarco-socialisti, dal 1929/30 era diventato inviso ai fascisti locali per alcuni suoi atteggiamenti “non allineati” e e si trovò costretto chiudere la sua piccola azienda meccanica artigiana, tornare con la numerosa famiglia a Firenze ed adattarsi a lavori saltuari.

Bruno Inizialmente, ha lavorato come garzone di bottega e successivamente come fattorino e portiere di albergo. La sua vita ha preso una svolta significativa quando si è unito a un’organizzazione antifascista attiva nell’area metropolitana di Firenze, inizialmente di orientamento repubblicano e poi comunista. A luglio del 1938, è stato arrestato e l’anno successivo il Tribunale speciale lo ha condannato a sette anni di reclusione per attività antifascista.

Durante la detenzione nel carcere di Castelfranco Emilia, ha approfondito la sua educazione politica studiando e confrontandosi con altri detenuti politici, e ha aderito al Partito Comunista Italiano. Una parte della pena gli fu condonata e, nel 1943, ha trovato lavoro come operaio alla Fiat di Firenze.

Dopo l’8 settembre, il Partito Comunista Italiano ha promosso i GAP (Gruppi d’Azione Patriottica), unità di combattenti irregolari impegnati in guerriglia urbana e sabotaggio contro le forze nazi-fasciste. Bruno Fanciullacci, con il nome di battaglia “Massimo”, si è unito a una di queste formazioni, distinguendosi per il suo coraggio e determinazione. È stato rapidamente promosso a capo del “gruppo B”, uno dei quattro gruppi operativi dei GAP di Firenze.

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Fanciullacci ha partecipato a numerose azioni contro installazioni e collaborazionisti della Repubblica di Salò. Tra queste, la più eclatante è stata l’uccisione del filosofo Giovanni Gentile, avvenuta il 15 aprile 1944 nel quartiere Salviatino. Fanciullacci e Giuseppe Martini (“Paolo”) si appostarono vicino alla villa del filosofo e, fingendosi studenti con dei libri sotto braccio, si avvicinarono a Gentile quando è arrivato in auto. Gentile ha abbassato il finestrino per ascoltarli ed è stato colpito da una raffica di colpi.

Gentile era figura di primo piano: filosofo, già ministro fascista della pubblica istruzione, aveva aderito con entusiasmo alla repubblica di Salò, ossia la ‘repubblichetta’ al guinzagli dei nazisti protagonista dei peggiori crimini di guerra.

Così  il 22 marzo del 1944 quando alcuni giovani renitenti alla leva furono fucilati a Campo di Marte, Gentile, in un discorso da lui pronunciato in precedenza come presidente dell’Accademia d’Italia e poi comparso su “Civiltà fascista”, aveva rivolto un chiaro invito alla rappresaglia indiscriminata non solo nei confronti dei partigiani, ma anche contro “i neutrali e i prudenti”.

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Il 26 aprile, in via Santa Maria, la stessa strada dove viveva la famiglia Fanciullacci, due gappisti hanno ferito Bruno Landi, un noto esponente fascista fiorentino conosciuto come il “Pollastra”. Ignaro dell’accaduto, Fanciullacci è stato arrestato nei pressi di piazza Santo Spirito durante un’operazione di polizia. Condotto alla caserma “Gino Cavari” e interrogato, ha subito gravi torture, riportando ferite alla mano sinistra, alle natiche e ai testicoli. Dopo essere stato sommariamente medicato, è stato trasferito all’ospedale di via Giuseppe Giusti.

Nonostante la sorveglianza dei fascisti, i compagni di Fanciullacci sono riusciti a liberarlo con un audace colpo di mano e lo hanno portato a casa del pittore Ottone Rosai, dove ha trascorso la convalescenza. Fanciullacci ha rifiutato l’offerta del partito di trasferirsi in un’altra città e, ripresosi, è tornato presto in azione. Il 9 luglio, ha partecipato con una decina di compagni all’irruzione nel carcere femminile di Santa Verdiana, liberando la gappista Tosca Bucarelli e altre 16 detenute.

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Il blitz lasciò un segno profondo a Firenze, portando le forze nazifasciste a intensificare la repressione. Le operazioni repressive colpirono duramente i partigiani fiorentini, compromettendo gravemente la loro organizzazione. Fanciullacci, costantemente braccato, fu catturato in piazza Santa Croce il 14 luglio; le circostanze della cattura, eseguita da militi sbucati improvvisamente da un’ambulanza, suggeriscono una trappola architettata a seguito di una delazione.

Portato a Villa Triste per essere interrogato dai membri della Banda Carità, Fanciullacci fu sottoposto a due giorni di atroci torture. Durante una pausa dell’interrogatorio ai piani superiori della villa, tentò una fuga disperata gettandosi da una finestra con le mani legate dietro la schiena. Inseguito dai colpi dei suoi torturatori, cadde rovinosamente al suolo. Trasferito al comando cittadino delle SS, fu assistito dal dottor Italo Pizziolo, che certificò il suo decesso, avvenuto il 17 luglio 1944, a causa di una frattura mortale alla base cranica, fratture al polso e al femore, e una ferita da arma da fuoco.

In suo onore, la Brigata Garibaldi “Bruno Fanciullacci” venne creata e operò sul Monte Morello. Questa brigata, integrata nella Divisione Garibaldi “Arno”, contribuì alla liberazione di Firenze.

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