A Roma è stato arrerstato un sessantenne, scoperto a prestare soldi ‘a strozzo’, con tassi d’interesse superiori al 900%. L’uomo aveva infatti prestato 500 euro a un collega in difficoltà economiche ma se ne era fatti restituire 20mila, per un tasso di interesse del 917,64%.
Il 60enne è stato indagato per usura, rapina, tentata estorsione ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria P.M. I Carabinieri della Stazione di Roma Porta Portese gli hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal gip del Tribunale di Roma. Le indagini sono partite, nel settembre 2022, dalla denuncia di una delle vittime, un 58enne romano, che ha raccontato come, nel mese di giugno del 2018, trovatosi in un particolare momento di difficoltà legato anche allo stato di salute della compagna e della madre anziana, avesse chiesto e ottenuto un prestito di 500 euro.
Trascorso circa un mese, a fronte dell’apparente disinteressata disponibilità iniziale, l’indagato aveva iniziato a pretendere la restituzione non solo della somma elargita ma anche degli interessi maturati («ti ho prestato i soldi per un guadagno e non per niente», la spiegazione). Cosi, soggiogato dalle richieste vessatorie, nell’arco di quattro anni la vittima avrebbe versato a P.M. 51 «mensilità» per un ammontare totale di circa 20mila euro.
Le indagini dei Carabinieri, coordinati dalla procura di Roma, hanno permesso di raccogliere «gravi indizi di colpevolezza» a carico del sessantenne, in ordine ad almeno altri quattro episodi di usura tra il 2019 e il 2023, con lo stesso modus operandi: a fronte della concessione iniziale di prestiti di somme comprese tra i 500 e 4.800 euro, a colleghi di lavoro o parenti e conoscenti di questi ultimi, l’indagato è accusato di aver preteso, per la restituzione dilazionata delle somme, interessi usurari compresi tra il 35 e l’80% e in caso di ritardo o mancato pagamento, alla scadenza mensile concordata, di avere applicato `sanzioni´ pecuniarie comprese tra i 90 e i 100 euro.
I pagamenti da parte dei debitori avvenivano, di persona, sul luogo di lavoro e, a seguito dei problemi di mobilità connessi alla pandemia, attraverso l’accredito delle somme su una carta prepagata, intestata a una delle vittime, e di cui l’indagato si era impossessato con la forza. L’attività investigativa è riuscita a ricostruire transazioni pari a 35.26o euro e un volume di affari illecito di oltre 100.000 euro. Nella perquisizione in casa di P.M. sono stati trovati e sequestrati diversi documenti utili e 13.000 euro in contanti nascosti in cantina.
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