L’ultima puntata di Brunetta vs Precari si è svolta lunedì scorso al festival della cultura digitale di Viterbo, mentre il ministro della Funzione Pubblica veniva intervistato sul palco dal direttore del “Tempo” Mario Sechi, quello che riesce ad avere occhiali più brutti della suo fisiognomica.
Brunetta si era già distinto per la su capacità di “mediare”, da buon ministro, le discussioni che sono nate durante i suoi interventi pubblici, tant’è che viene normalmente scortato e protetto da un esercito di nani, per non farlo sentire in difficoltà e, quando le cose si mettono male – il che succede spesso – sparato via con un cannone da circo, sempre pronto all’uopo.
Premesso sono allibito, perchè non ho mai sentito un ministro della repubblica rivolgersi con tutto questo veleno, anche se nei confronti di contestatori, chiamandoli ripetutamente “disperati, cretini, poveracci, disgraziati, io sono io e voi non siete un cazzo – questo lo ha detto tra le righe – ho il consenso di 60 milioni di italiani etc”, mentre erano probabilmente persone in crisi lavorativa con problemi di sussistenza e in difficoltà e non, piuttosto, No Tav. o Black Bloc, come lui sostiene, e cioè contestatori tout court.
A questo punto dobbiamo ragionare sulla particolarità degli uomini piccoli di statura, se non addirittura affetti da nanismo, come Brunetta. La loro cattiveria è proverbiale, perchè da sempre, dall’asilo, alle scuole superiori fino all’università, hanno dovuto rintuzzare gli attacchi dei compagni che li sfottevano e delle ragazze che li ignoravano. Che vita avrà fatto Brunetta dal basso del suo scarso metro e mezzo? Ma una vita di stenti sociali, di frustrazioni, di infelicità. “Tu che sei piccolo, va dietro” gli avranno detto tante volte salendo in macchina, “Mettiti davanti Renatino, se no non ti si vede sulla foto”.
Come pensiamo che avrà vissuto la gioia di diventare, da professore universitario, anche ministro?
Ma come la rivalsa della sua vita. Il Ministro della Rivalsa Sociale. Il piccolo David vs il Gigante
Golia, che poi sarebbe la gente in difficoltà che chiede solo risposte, i precari, quelli che non ce la
fanno a finire il mese ma manco ad incominciarlo.
E lui cosa fa? Li insulta solo perchè lo contestano? Piccolo e cattivo, come solo i piccoli sanno
essere. E sottaccio, per questa volta, sul Nano dei Nani…
Ora dobbiamo rileggere insieme le prime strofe di “Un giudice”, profetica canzone di Fabrizio De Andrè che contiene uno straordinario aforisma che forse conoscete.
E ricordare, in un futuro prossimo, quando voteremo qualcuno, che la sua statura fisica – prima di
quella morale – potrà rivelarsi determinante per le sorti del Paese.
Un Giudice (Fabrizio De Andrè)
[i][i]Cosa vuol dire avereun metro e mezzo di statura,
ve lo rivelan gli occhi
e le battute della gente,
o la curiosità
di una ragazza irriverente
che si avvicina solo
per un suo dubbio impertinente:
vuole scoprir se è vero
quanto si dice intorno ai nani,
che siano i più forniti
della virtù meno apparente,
fra tutte le virtù
la più indecente.
Passano gli anni, i mesi,
e se li conti anche i minuti,
è triste trovarsi adulti
senza essere cresciuti;
la maldicenza insiste,
batte la lingua sul tamburo
fino a dire che un nano
è una carogna di sicuro
perché ha il cuore troppo,
troppo vicino al buco del culo.
Fu nelle notti insonni
vegliate al lume del rancore
che preparai gli esami.
diventai procuratore
per imboccar la strada
che dalle panche d’una cattedrale
porta alla sacrestia
quindi alla cattedra d’un tribunale,
giudice finalmente,
arbitro in terra del bene e del male.
E allora la mia statura
non dispensò più il buonumore
a chi alla sbarra in piedi
mi diceva “Vostro Onore”,
e di affidarli al boia
fu un piacere del tutto mio,
prima di genuflettermi
nell’ora dell’addio
non conoscendo affatto
la statura di Dio.