Manovra pazza. Promettono sviluppo e allargano la possibilità di licenziare
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Manovra pazza. Promettono sviluppo e allargano la possibilità di licenziare

Il governo impone la sua contro riforma allo Statuto dei lavoratori. Il 6 manovra al Senato e lavoratori in piazza. [Ennio Remondino]<br>

Manovra pazza. Promettono sviluppo e allargano la possibilità di licenziare
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Ennio Remondino Modifica articolo

5 Settembre 2011 - 09.28


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di Ennio Remondino

Sono matti. Poi uno si arrabbia e passa pure per estremista. La Commissione bilancio del Senato approva la Manovra e l’emendamento della maggioranza. Passa la deroga all’Art.18. Con l’intesa aziendale si potrà licenziare L’accordo locale potrà “ignorare” le tutele dello Statuto dei lavoratori. Ma erano queste le priorità di questa corsa patriottica a salvare la barca nazionale che affonda? La stessa presidente di confindustria Marcegaglia aveva aveva sottolineato le priorità della crescita e dello sviluppo. Persino il segretario di Stato Cardinal Bertone aveva parlato della priorità assoluta del lavoro: diritto ad averlo, diritto a conservarlo. Alla fin fine, la più moderata è Susanna Camusso: “Il governo sta cancellando la Costituzione”. Il Pd denuncia: “Provvedimento inaccettabili.

Laborem exercens. Ma c’è chi è ancora più duro. “Il lavoro che sparisce e il lavoro scompigliato, che diventa flessibile e poi precario e che rimane così per tutta la vita”. Gruppettaro sopravvissuto al ’68? No, Andrea Olivero, presidente delle Acli, l’associazione cattolica dei lavoratori che ha appena concluso il suo convegno nazionale. “La precarizzazione è diventata sistema. Il lavoro o è precario oppure non c’è. Sono sparite certezza giuridiche: con il moltiplicarsi delle condizioni giuridico contrattuali troppo spesso troppo creative. Il lavoro è stato disancorato dal sistema economico. L’attacco all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello sui licenziamento, lo dimostra, ma quasi nessuno protesta. Ormai ci siamo abituati. Il lavoro non è più un valore.”

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La porcata. Dice il legislatore di governo: “Le intese sottoscritte a livello aziendale o territoriale possono derogare ai contratti ed alle leggi nazionali sul lavoro, incluso lo Statuto dei lavoratori, ed alle relative norme, comprese quelle sui licenziamenti. Tradotto: anche le aziende con più di 15 dipendenti potranno ricorrere più facilmente ai licenziamenti senza giusta causa – aggirando il divieto dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori – potendo sfruttare misure di “indennizzo” alternative al reintegro del lavoratore, se questo potere sarà dato loro da un’intesa con i sindacati maggioritari in azienda. Sindacato autonomi aziendali in forte crescita, è la facile previsione. Sindacato “Giallo” si definiva nei deprecabili tempi delle ideologie e delle classi.

Fu l’articolo 8 – Il provvedimento passato in commissione stabilisce che, “fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro”, le specifiche intese aziendali e territoriali “operano anche in deroga alle disposizioni di legge” ed alle “relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”. L’emendamento prevede anche che le intese valide saranno non solo quelle “sottoscritte a livello aziendale o territoriale da associazioni più rappresentative sul piano nazionale”, ma che anche le associazioni “territoriali” avranno la possibilità di realizzare specifiche intese “con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati”. Già i “caporali” gongolano.


Diritti fai da te.
Il sindacato confezionato in casa potrà quindi concordare con la proprietà (il Padrone?) su temi come “le mansioni del lavoratore, i contratti a termine, l’orario di lavoro, le modalità di assunzione, le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro”. Per fortuna
resistono leggi garantire dall’UE. Non si potranno fare accordi locali su “il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento”. Sembra un film in bianco e nero.

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Le reazioni.
“Le modifiche della maggioranza di governo all’articolo 8 – commenta Susanna Camusso, leader della Cgil – indicano la volontà di annullare il contratto collettivo nazionale di lavoro e di cancellare lo Statuto dei lavoratori, e non solo l’articolo 18. In violazione dell’articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama”.
“Il diritto del lavoro, con un balzo di dubbia costituzionalità, torna indietro di almeno sessant’anni – dice Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd – le modifiche che consentono a un sindacato senza rappresentanza nazionale di derogare alle leggi dello Stato o ai contratti nazionali, sono in radicale contraddizione con l’accordo del 28 giugno raggiunto da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria”.

Il ministro del non lavoro. “Le modifiche all’articolo 8 introdotte dalla Commissione bilancio contengono utilissimi elementi per la più certa interpretazione delle rilevanti novità previste dalla manovra relativamente alla capacità dei contratti aziendali e territoriali – afferma il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi – i soggetti abilitati a firmarli sono quelli comparativamente più rappresentativi e le loro Rsa o Rsu secondo quanto dispongono leggi e accordi interconfederali, compreso quello recente del giugno. Viene così accolta la richiesta espressa da Cisl e Uil a che fossero certamente evitati accordi ‘pirata’ con soggetti di comodo o senza rappresentatività”. Fischiato persino da Comunione e Liberazione, Sacconi sta cercando di capire cosa ha detto.

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Ancora le Acli.
Cerchiamo quindi di aiutare il povero Sacconi. Con una voce autorevole tratta, non dal Manifesto, ma da Famiglia Cristiana. “Lavoro ‘schiavo’ per i più poveri e per quelli che non sono italiani. Lavoro precario per quasi tutti i giovani che lo trovano. A rischio per gli altri. Si tende a personalizzare i diritti, a mettere in concorrenza le persone tra loro. Stabilità è diventata una parola da cancellare dal vocabolario della politica e dell’economia. Ci sono troppi che si arrogano il compito di stabilire ciò che è un diritto e ciò che non lo è. Il licenziamento è diventato un metodo, pratica normale nella visione attuale. L’articolo 18 non è stato inventato da un pazzo scriteriato ma è stato frutto di una elaborazione collettiva di una società. La tutela è una istanza della democrazia”.

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