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Manovre e sacrifici in buona parte imposti dal ricatto iperliberista dei mercati, che considerano gli Stati come aziende su cui investire o da abbandonare se improduttive.<br>

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7 Dicembre 2011 - 10.31


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di Paolo Garuti


Iperliberismo.
Non ricordo quale santo, forse Giovanni Bosco, diceva che l’ottimo è nemico del bene. Oggi in Europa si rimpiange l’assenza di una forte governance dell’Unione. Nel contempo, si approvano manovre in buona parte imposte dal ricatto iperliberista dei mercati, che considerano gli Stati come aziende su cui investire o da abbandonare se improduttive. Ma gli Stati non devono produrre. Sono entità costruite dall’accordo di tutti perché si facciano carico del bene di tutti: il loro impegno primario è la giustizia distributiva, quella che dovrebbe correggere le storture della natura.


Catastrofe annunciata.
Questa catastrofe, mi spiace dirlo, era annunciata nel fallimento della Costituzione Europea, nel rifiuto di quella imperfetta forma di integrazione, considerata troppo liberista da vaste aree della cultura progressista. Ero a Parigi quando i francesi dissero no a quel progetto. Dai muri gridavano i manifesti d’una pletora di movimenti e movimentini che già allora mi parvero colorare di rosso carminio di viola di verde o d’arancione l’eterno sciovinismo gallicano. Si dicevano autofinanziati, ma non lo credo di tutti.

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Cercando l’ottimo.
C’era Chirac, poi venne Sarkozy e proclamò l’Europe des Nations, che tradotto significa ciascuno per sé e (D)io per la Francia. Da noi, si preparava a tornare al potere, forte più che mai, la negazione gutturale dell’umanesimo. Il risultato di quella ricerca dell’ottimo è che oggi devono portarci fuori dalla crisi forze politiche conservatrici, pericolanti per le spinte sovranitariste alla loro destra e incapaci di raccogliere il consenso moderato.


Monti temperato.
Paradossalmente, l’Italia di Monti è un futuro possibile, perché il suo è il liberismo temperato della Costituzione Europea. Forse per questo è certo di scontentare tutti. Monti è a destra ciò che Prodi è a sinistra: la costruzione di un progetto europeo competitivo. Ovvio che disturbi gli altri competitori e quanti, in nome dell’ottimo, fanno il loro gioco.


Il cuore in banca.
Ovvio, anche, che s’oda il ringhio dei particolarismi d’ogni sorta: le fazioni estreme dei paesi forti promettono, lamentando la perdita di sovranità, uno spazio felice non toccato dalla crisi. Uno spazio che non esiste, come non esiste la Bossezia che abbiamo visto disegnata d’arancio sulla carta d’Europa in questi giorni. A proposito: lo spazio culturale e politico che i lumbard sognano fra Baviera, Savoia e Montefeltro non ha il cuore a Milano ma a Berna. Lo diceva anche il Vangelo: «Là dove sarà il tuo tesoro …».

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