"CasalePound", così Alemanno sistema i camerati
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"CasalePound", così Alemanno sistema i camerati

Un doppio casale nel cuore del parco della Marcigliana. Il sindaco di Roma lo ha dato a CasaPound. Il Pd denuncia: patrimonio capitolino non è cosa loro. <br>

"CasalePound", così Alemanno sistema i camerati
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13 Gennaio 2012 - 09.14


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di Mariagrazia Gerina

Un grande prato verde, ai confini della capitale. Di qua, il cemento che avanza: Porta di Roma, uno degli ultimi quartieri tirati su oltre il raccordo anulare. Di là, l’agro romano, che resiste. Proprio su questo confine simbolico tra la città e il suo contrario dove finora hanno continuato a pascolare le pecore, è stato siglato, lontano da occhi indiscreti, l’ultimo patto tra l’amministrazione Alemanno e Casapound. Oggetto, il doppio casale, antico e diroccato, al centro del grande prato. E tre ettari di terreno tutto attorno, tenuta di Redicicoli, nel cuore del parco della Marcigliana. Al catasto è segnato come foglio 136, particelle 2-6.

Un pezzo di verde sopravvissuto alle brame dei costruttori e ai piani regolatori che si sono succeduti. Di proprietà del Comune di Roma, che lo ha ottenuto nel 2000, a mo’ di compensazione, dalla società Porta di Roma. E che nel 2011 Alemanno ha deciso di consegnare nelle mani di Casapound.

Una vicenda poco chiara secondo il consigliere del Pd Paolo Masini, che la porterà nelle prossime ore all’attenzione della Commissione Trasparenza. «Non possono pensare di amministrare il patrimonio capitolino come fosse cosa loro», sottolinea Masini: «Non solo Alemanno non restituisce alla collettività i beni confiscati alla mafia ma, fatto sconcertante, assegna ad associazioni di dubbio valore quelle di proprietà del Comune, mentre ci sono realtà ben più sane e meritorie per il loro impegno sociale che non vengono neppure prese in considerazione».

È il 24 maggio quando, tra le greggi, proprio davanti all’ingresso del casale, in via di Settabagni 531, viene siglato l’accordo. La scena, ancorché bucolica, è piuttosto affollata. Di qua, gli uomini dell’amministrazione Alemanno. Di là, quelli di Casapound. A curare tutto nei dettagli, per Roma capitale, è stato lo stesso il vice capo di gabinetto del sindaco, Antonio Lucarelli, un tempo di Forza nuova, ora fedelissimo di Alemanno e già finito sotto i riflettori per l’assegnazione dei Punti verde qualità. È ormai mezzogiorno, quando viene firmato il verbale, un pezzo di carta, compilato in parte a mano, con cui «il rappresentante del dipartimento alle Politiche ambientali e del verde-Protezione civile consegna l’area sopradescritta al rappresentante del dipartimento Patrimonio e casa» e «contestualmente» la stessa area «viene affidata in uso al legale rappresentante della cooperativa Isola delle tartarughe onlus, signor Paolo Sebastianelli».

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Casapound in quel documento non compare, ma il nome di Paolo Sebastianelli è legato al leader Gianluca Iannone: con lui imputato, e poi prosciolto, per il pestaggio di un carabiniere a Predappio. Ma soprattutto: Isola delle Tartarughe è la onlus per cui transita il 5 per mille destinato a Casapound. Il codice da inserire nella dichiarazione dei redditi campeggia ancora sul sito di Casapound. E a quel codice corrisponde la cooperativa l’Isola delle Tartarughe. La stessa usata il 24 maggio 2011 per la consegna del casale. In questa vicenda le date sono importanti.

Il 24 maggio, infatti, è il giorno in cui Casapound accetta di essere sgomberata dallo stabile di via Val d’Ala. Si tratta di una occupazione più recente di quella di via Napoleone III, già acquisita dal Comune di Roma e da dove nel dicembre 2003 prese le mosse il movimento che ha per simbolo la tartaruga. A farla conoscere alle cronache è stato soprattutto l’arresto del suo leader, Alberto Palladino, Zippo, denunciato per lesioni a novembre scorso dal consigliere municipale del Pd Paolo Marchionne.

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Ma restiamo a quanto avviene il 24 maggio: «Abbiamo raggiunto un accordo per sistemare le trenta famiglie occupanti», spiega proprio quel giorno alla stampa il vicepresidente di Casapound, Andrea Antonini, comunicando la notizia dell’avvenuto sgombero. Un’inversione di rotta rispetto a pochi giorni prima, quando, il 18 maggio, il leader di Casapound, Gianluca Iannone, minacciava: «Non ce ne andremo mai da via Val d’Ala».

Cosa è successo nel frattempo? Ovviamente, dell’avvenuta consegna del casale nessuno si preoccupa di dare annuncio alla stampa. Il verbale firmato davanti al cancello di via dei Settebagni, scritto a mano e protocollato, attesta soltanto l’effettivo passaggio di consegne, con tanto di chiave affidata nelle mani dei nuovi custodi. Ma fa riferimento a un atto precedente con cui l’amministrazione ha ufficialmente ratificato la decisione di affidare all’Isola delle Tartarughe «numero due fabbricati rurali» con tanto di «area circostante per circa mq 30mila». Il rimando è all’ordinanza sindacale numero 2 del 23 maggio 2011 (numero di protocollo 23569). Peccato per la trasparenza che, essendo un’ordinanza emanata dall’assessorato al Patrimonio e non dal gabinetto del sindaco, nel registro degli atti pubblicati sul sito del Comune di Roma non compaia. Dettagli.

Come il progetto di utilizzazione che l’Isola delle Tartarughe dovrà predisporre – secondo quanto si legge nel verbale – «nelle more del perfezionamento degli atti amministrativi». Al momento della consegna, quindi, evidentemente, non ne esisteva alcuno. Una assegnazione decisa in bianco, sulla fiducia. Con la precisazione che «i manufatti versano in precarie condizioni statiche e di manutenzione». E che sarà «onere della cooperativa» sia eseguire «le opere di messa in sicurezza», sia provvedere alla «custodia dei beni». Sul recupero degli immobili nell’agro romano, Alemanno ha ribadito anche recentemente di voler puntare molto. Era l’agosto del 2008 quando davanti a un altro edificio diroccato simile a quello di via dei Settebagni, il sindaco di Roma, accanto al generale Mori, suo consulente, annunciava un piano per la messa in sicurezza di tutti i casali. In quel rudere, lungo la via Magliana, pochi giorni prima, complice il degrado, erano stati aggrediti due turisti olandesi.

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E Alemanno, che in campagna elettorale si era presentato come paladino della sicurezza, voleva dare una risposta a quell’episodio di violenza che sarebbe stato solo il primo di una lunga serie. Nacque così il piano casali. All’inizio del percorso, c’era il piglio di un’amministrazione che voleva rimettere a posto la città. Alla fine, sono rimasti i favori ai «fascisti del Terzo millennio». Che però dovranno dividere la tenuta con una associazione sportiva, Pandora 2010, nata per prendersi cura dei «cavalli da corsa destinati al macello o alle corse clandestine». Il presidente dell’associazione, che ha sede legale nel parco dell’Appia Antica, presso uno storico maneggio, ha scritto al responsabile del dipartimento Agricoltura del Comune di Roma il 10 maggio scorso per chiedere un terreno adatto allo scopo. E contemporaneamente a Casapound ha ricevuto anche lui in consegna 5 ettari e la stalla diroccata accanto al casale. Spazio anche ai cavalli, dunque. Già cari all’ex ministro dell’Agricoltura. Le pecore, invece, pascoleranno altrove.

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